martedì 9 aprile 2019

Le cento cose da fare prima di …



Ho letto oggi sulla copertina di una rivista il titolo di un articolo contenuto nel suo interno. Non ho prestato molta attenzione al tema specifico, lo ammetto, ed ora non potrei dire se si trattava di luoghi, di musica, di libri o altro ancora da vedere o fare prima di morire.
Mi ha colpito il modo di presentare, non il soggetto presentato, l’uso di una modalità inflazionata, quasi da luogo comune, da frase fatta. In sintesi, a mio parere, fastidioso.
Non ho aspirazioni da vita monacale, ho mille desideri ancora da soddisfare e molti so perfettamente che resteranno desideri, in particolare quelli più importanti, quindi non trovo sbagliato elencare opere d’arte da vedere, libri da leggere, musei da visitare o spettacoli ai quali assistere. È umano aspirare al bello, al nuovo, al piacere, ma ciò che rompe l’incantesimo e muta radicalmente la questione è quel prima di morire.

Se penso a te qualcosa mi suona stonato, sbagliato, inaccettabile. Se penso a tutti coloro che ho perso, e a quando io stesso mi perderò non so dove allora quel prima di morire diventa assurdo e, ripeto, fastidioso.
Una volta che sarò morto che differenza farà che io abbia letto “I promessi sposi”? Che differenza fa per te ora che tu abbia visto Amsterdam?
La differenza, l’unica, è ciò che rimane di te a me, che rimane di te in chi ti ha amata. La sola differenza è quello che hai lasciato, non quello che hai vissuto per tuoi desideri prima di morire.
Non credo che la spinta egoistica a provare ogni tipo di esperienza possibile, attraente o piacevole, rimanga nella storia di nessuno, e se qualcosa rimane questo non genera pensieri lusinghieri.

Dire di qualcuno, alla fine, che “si è goduto la vita”, non mi sembra molto positivo né che quel qualcuno ne esca particolarmente bene, tantomeno degno di ricordo. Ognuno di noi cerca anche cose solo per sé, credo sia umano, ma farei attenzione a spacciare come cose essenziali che tutti dovremmo avere, prima o poi, scordandoci il fatto che di tutto ciò alla fine non portiamo via nulla.
Rimane tutto qui, come spiegava molto bene Verga, e quello che lasciamo non è un viaggio che abbiamo fatto perché l’ansia di vivere ci ha portati in un posto esotico.

Ciao, Viz, a volte straparlo.

                                                                                               Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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