martedì 6 settembre 2016

Il terremoto fa crollare prime e seconde case, senza alcuna distinzione


Tu immagina di essere uno dei milioni di italiani che ha abbandonato la sua terra di origine per motivi di lavoro, e se sei fortunato sei rimasto in Italia ma ti sei solo spostato di provincia, o di regione.
Poi immagina di aver conservato la piccola casa dalla quale sei partito, per mantenere vivo quel legame indissolubile con le tue radici, con i tuoi genitori che se ne sono andati, o di averne acquistata una, sempre piccola, o un modesto appartamento, rinunciando per questo a sistemarti meglio nella tua terra di adozione, alla quale devi gratitudine, perché ti ha accolto, ma nella quale non sei nato. E questo ha un significato.

Immagina infine di non possedere molto a livello immobiliare, e che le tue due proprietà alla fine valgano, messe assieme, molto meno di tante singole prime abitazioni.  

Se hai immaginato tutto questo come realistico e possibile, non ti viene il dubbio che, per certi versi, tassare o trattare in modo diverso prime e seconde case quando si tratti di valori immobiliari modesti e sotto un certo importo complessivo (che si potrebbe certamente discutere ma che iniziare a riflettere anche su questo non sarebbe male) potrebbe essere una grossa ingiustizia?

Il terremoto fa crollare prime e seconde case, senza alcuna distinzione, ed è giusto permettere ai residenti, in fretta e con tutti gli aiuti possibili, di tornare ad avere la casa dove vivevano, o almeno vicino. Si è detto poi che tutto dovrebbe tornare come prima, per ritornare alla vitalità di prima. All’economia di prima.  Questo non devi immaginarlo. Lo stanno dicendo.

Ed allora la domanda che io ti faccio è questa: se un piccolo paese vive molti mesi all’anno con poche centinaia di abitanti perché aspetta che, con l’estate, tornino gli emigrati, quelli andati via per lavoro, a riaprire le loro piccole seconde case, a far tornare la festa e il ritrovarsi tra amici, parenti, conoscenti, e finalmente, di nuovo, siano qualche migliaio i paesani, e non pochi e spesso vecchi, come si può tentare di azzerare il tempo e tornare a prima del terremoto?

Se si ricostruiscono solo le prime abitazioni, che oggettivamente hanno la precedenza, e non si aiutano, dopo e con le dovute attenzioni ed i necessari controlli, anche i proprietari di seconde case, spesso non ricchi immobiliaristi ma semplici operai, insegnanti, impiegati o carabinieri andati lontano per trovare lavoro il paese crollato sotto i colpi del terremoto non ritornerà a vivere per magia. Il piccolo negozio che aspettava l’estate per pareggiare i conti chiuderà. La festa del paese senza chi ritorna sarà solo una tristezza che nessuno vorrà rinnovare. I legami si interromperanno definitivamente, se già non si erano interrotti prima. Le seconde case sono la memoria di molti di noi, sono una ricchezza non economica, sono la scelta di rimanere anche se la vita ci ha fatto allontanare.

Ma perché, una volta per tutte, non si guarda a tutte le proprietà immobiliari possedute per stabilire un modo equo per aiutare e tassare, magari senza far differenze tra comune e comune? Il terremoto non fa differenze.
 
                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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