Tu immagina di essere uno dei
milioni di italiani che ha abbandonato la sua terra di origine per motivi di
lavoro, e se sei fortunato sei rimasto in Italia ma ti sei solo spostato di
provincia, o di regione.
Poi immagina di aver conservato
la piccola casa dalla quale sei partito, per mantenere vivo quel legame
indissolubile con le tue radici, con i tuoi genitori che se ne sono andati, o
di averne acquistata una, sempre piccola, o un modesto appartamento, rinunciando
per questo a sistemarti meglio nella tua terra di adozione, alla quale devi
gratitudine, perché ti ha accolto, ma nella quale non sei nato. E questo ha un
significato.
Immagina infine di non possedere
molto a livello immobiliare, e che le tue due proprietà alla fine valgano,
messe assieme, molto meno di tante singole prime abitazioni.
Se hai immaginato tutto questo
come realistico e possibile, non ti viene il dubbio che, per certi versi,
tassare o trattare in modo diverso prime e seconde case quando si tratti di valori
immobiliari modesti e sotto un certo importo complessivo (che si potrebbe
certamente discutere ma che iniziare a riflettere anche su questo non sarebbe
male) potrebbe essere una grossa ingiustizia?
Il
terremoto fa crollare prime e seconde case, senza alcuna distinzione, ed è
giusto permettere ai residenti, in fretta e con tutti gli aiuti possibili, di tornare
ad avere la casa dove vivevano, o almeno vicino. Si è detto poi che tutto
dovrebbe tornare come prima, per ritornare alla vitalità di prima. All’economia
di prima. Questo non devi immaginarlo. Lo
stanno dicendo.
Ed
allora la domanda che io ti faccio è questa: se un piccolo paese vive molti
mesi all’anno con poche centinaia di abitanti perché aspetta che, con l’estate,
tornino gli emigrati, quelli andati via per lavoro, a riaprire le loro piccole
seconde case, a far tornare la festa e il ritrovarsi tra amici, parenti,
conoscenti, e finalmente, di nuovo, siano qualche migliaio i paesani, e non
pochi e spesso vecchi, come si può tentare di azzerare il tempo e tornare a
prima del terremoto?
Se
si ricostruiscono solo le prime abitazioni, che oggettivamente hanno la
precedenza, e non si aiutano, dopo e con le dovute attenzioni ed i necessari controlli,
anche i proprietari di seconde case, spesso non ricchi immobiliaristi ma
semplici operai, insegnanti, impiegati o carabinieri andati lontano per trovare
lavoro il paese crollato sotto i colpi del terremoto non ritornerà a vivere per
magia. Il piccolo negozio che aspettava l’estate per pareggiare i conti
chiuderà. La festa del paese senza chi ritorna sarà solo una tristezza che
nessuno vorrà rinnovare. I legami si interromperanno definitivamente, se già
non si erano interrotti prima. Le seconde case sono la memoria di molti di noi,
sono una ricchezza non economica, sono la scelta di rimanere anche se la vita
ci ha fatto allontanare.
Ma
perché, una volta per tutte, non si guarda a tutte le proprietà immobiliari
possedute per stabilire un modo equo per aiutare e tassare, magari senza far
differenze tra comune e comune? Il terremoto non fa differenze.
Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
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