Se ci penso ancora mi scappa un sorriso. Sempre, quando lo ricordavamo, sorridevamo di quell’impresa. Sono sicuro che se puoi sorridi ancora. Eppure sulla carta, quando forse fui io a proporlo e tu comunque condividesti, l’idea ci sembrò quasi geniale. Giudicavamo abbastanza incredibile che quasi tutto, ad Atene, facesse riferimento all’Acropoli e quasi nulla al Licabetto, superiore per altezza alla stessa e più nota Acropoli. E allora perché non spingerci, in una giornata di caldo estivo micidiale, sulle strade di quei quartieri attorno al Licabetto e risalire lentamente a piedi e sotto il sole quella piccola montagna? Dopo qualche ora di inutili tentativi ci arrendemmo senza arrivare alla cima a piedi. Davanti a noi un muro di roccia difeso da vegetazione impenetrabile. Le nostre informazioni erano sbagliate. Sulla cima ci si poteva arrivare solo in altro modo, ma vi rinunciammo e non ci arrivammo mai. Il Licabetto divenne una sorta di ammonimento, un invito ad approfondire prima di buttarci in un’avventura, un luogo comune, per noi, con un significato esclusivo e solo nostro. In fondo chi va ad Atene può raccontare l’Acropoli nel modo che fanno in tanti. Come vivemmo noi il Licabetto è solo patrimonio nostro personale. Quando pure io me ne sarò andato a nessuno interesserà più questa storia privata. È il destino delle cose del mondo. Ciao, Viz. Sorridi.
Silvano C.©
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