sabato 3 dicembre 2016

ma perché fotografare?

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A volte me lo chiedo, io che ho sempre fotografato da quando conquistai la prima fotocamera con i punti premio accumulati con non so più quale prodotto, forse un detersivo, forse un formaggio. Non lo ricordo.
Sono passato dalle scatolette economiche a fuoco fisso, senza scelta di tempi e di apertura del diaframma, nel corso degli anni, ad una reflex, una vera fotocamera non professionale ma di buona marca, corredata da filtri, grandangolo, teleobiettivo, cavalletto e scatto flessibile. E in seguito ho sviluppato le mie foto in bianco e nero, usando ingranditore e vaschette, carta sensibile e reagenti; ora mi sembra un secolo fa.

Pure io ho dovuto cedere alle digitali, poi. Ieri ho incontrato una fotografa, che aveva un negozio dove mi recavo per far sviluppare le mie foto quando un rullino era finito. Il suo negozio ormai è chiuso da anni. Al suo posto ora vendono biancheria, mi pare. E lei attende il tempo della pensione senza essere riuscita a riciclarsi, come in tanti, espulsi dal mercato senza colpa, o forse incapaci di annusare l’aria del mutamento. Qui non vorrei aprire un tema diverso, perché non era quello che avevo in testa all’inizio, ma una cosa devo dirla. Non tutti possono riciclarsi. Non tutti lo possono fare alle stesse condizioni di prima. L’evoluzione economica che tanti sbandierano come opportunità è solo uno specchietto per gonzi. La maggioranza è destinata ad essere carne da macello per i pochi che ottengono il successo, o anche solo un posto più che dignitoso. È il sistema economico che lo vuole, e che nessuna politica, in nessun paese o quasi, sembra disposta o capace di cambiare. Ogni paese fonda la sua ricchezza, più o meno diffusa, sullo sfruttamento di altri paesi o sulla negazione della parte meno fortunata della sua società, magari gli invisibili, quelli che si vorrebbe fingere che non esistano.

Ma chiudo la parentesi, e mi chiedo di nuovo: ma perché fotografare? Sto rivedendo i miei momenti passati, felici, e persone che ora non ci sono più, e mi intristisco. Vedo il mio invecchiare, vedo persone che amo che mutano, e non lo accetto. Non accetto neppure il mio compleanno, tra un po’. Perché dovrei festeggiarlo? Se fotografo fisso per sempre un’immagine che, tra qualche anno, mi procurerà dolore. Io le persone le voglio ricordare come decido io, non come me le mostra una fotografia. Le voglio nella mia mente, per sempre. Non le voglio confrontare con la loro immagine. Non è giusto. Noi non siamo nati per fotografare, ma per guardare con gli occhi, per annusare col naso, per toccare con le dita, per leccare con la lingua ed assaggiare il sapore, per ascoltare con le orecchie, per tremare di paura o di emozione vivendo le situazioni, per desiderare quello che non abbiamo, per difendere quello che ci importa più del resto, e le persone che ci interessano. Non siamo nati per fotografare ed affidare ad immagini statiche, immobili, innaturali, ciò che siamo nella vita. E neppure per filmare, cosa assolutamente deleteria. Un monumento si può fotografare, un quadro, un paesaggio, mai una persona.

                                                                                                                          Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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