Silvano C.©
(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)
DEDICATO AL SORRISO DI VITTORIA - (Muovendoti nel blog accetti l'uso dei cookie)
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I treni li vedo, passano e il rumore del loro passaggio è attutito dalle finestre isolanti, quelle che non avevamo quando c’eri tu, qui, a vederli passare. Le finestre sono state uno dei tanti mutamenti avvenuti dopo, solo uno tra molte modifiche apportate dal tempo alla vita che mi sta accanto, ora. I treni vanno verso nord, in direzione Trento, Bolzano, Brennero. Sino a Bolzano andammo assieme, col treno, quando ancora i biglietti si facevano alla stazione, quando ancora non mi sembra ci fossero le Frecce. Oltre Bolzano, in treno, mai. I treni vanno verso sud, verso Verona, poi verso Modena e Bologna. Vanno anche verso Ferrara, ma con maggiori difficoltà e tempi non ottimali. Tu il treno, da sola, lo hai preso molte volte per andare a Carpi, e io ti accompagnavo in stazione. Che nostalgia per quegli anni lontanissimi ormai. Ora i treni passano in continuazione, treni merci e passeggeri, italiani e stranieri, carichi di persone e cose. La nostra economia nazionale si potrebbe dedurre facilmente se potessi avere la lista completa di quello che entra ed esce dall’Italia attraverso il Brennero, non sarebbe completa come stima ma ne darebbe un’idea. Ora, lo confesso, penso ad altro. Penso a te, come ogni giorno, penso a me, penso a nostro figlio e penso a una gatta. È così, penso anche a una gatta, che in treno non è andata mai. Ciao, Viz.
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Meglio non dire
Sei stata maestra in questo
Il mio dialogo con te però non lo interrompo
Lo continuo a modo mio
Magari quando chiudo gli occhi
Ciao, Viz.
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Mutamenti ce ne saranno
Presto o tardi
Piacevoli o spiacevoli
Alcuni sono già avventi e non me ne sono accorto
Altri neppure li ricordo più, dovrei tornare troppo indietro nel tempo
Questa è la vita.
Lo so, Viz, lo so.
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Avvicinati, non farti notare. Ti devo dire una cosa che è meglio non si sappia in giro. Non farlo così però. Aspetta che entriamo in quel bar, ci sediamo e fingiamo di conversare sul niente come tutti. Ecco, ci siamo quasi. Ascolta e non assumere strane espressioni, fai finta che ti parli del tempo. La cosa che voglio spiegarti sembra banale ma funziona. Ho scoperto come ingannare la morte. La Signora si fa prendere dall’abitudine, lo so. Il metodo perfetto per confonderla è quello di darsi una scaletta con poche cose da fare ogni giorno, in modo ripetitivo. L’abitudine crea assuefazione, crea attesa, e se ogni giorno fai quelle cose non muori mai. Lei suppongo veda solo alcune cose e non altre, come tutti noi del resto, che vediamo solo quello che vogliamo vedere. Non mi credi? Eppure io sono la prova vivente di quanto ti spiego. Non ti conviene prendermi per scemo o per pazzo. Vuoi morire forse? Io no! Sono assolutamente sicuro che se ogni giorno farò quello che ho programmato vivrò per quel giorno, e se il giorno dopo lo rifarò sarò ancora vivo pure il giorno dopo. È talmente banale che a nessuno è mai venuto in mente che potesse essere così semplice, neppure a chi da millenni cerca la vita eterna.
Lo so, Viz, è una stupidaggine enorme. Magari fosse tanto semplice distrarre la Signora. Del resto neppure è corretto darle un nome cose se fosse in qualche modo definibile come persona. Lo so, Viz, lo so.
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La casa è fredda e vuota. La casa è gelida in tutti sensi. Da lontano non si vede alcuna luce accesa, mette tristezza solo ad avvicinarsi. Ritornando dopo essere stato invitato da qualcuno che lo ha fatto per darmi un aiuto mi ritrovo nelle condizioni precedenti la partenza, di nuovo. Eppure non era così poco tempo prima. Quella casa è stata ultimata su nostre precise indicazioni, modificando in parte e dove possibile il progetto originale. Poi tutto è sembrato crollarci addosso, non lo dimentico, abbiamo rischiato di rimetterci ogni cosa, e personalmente ho perso molta della mia tranquillità. In quegli anni qualcuno ha capito, qualcun altro no, ma per fortuna poi il tempo ha sanato le storture, quelle sono state superate, anche se abbiamo smarrito per sempre un periodo irripetibile. Anni dopo, per un po', ho capito che dovevo adattarmi alla tua assenza, farmene carico. L’ho capito ma non ci sono mai riuscito, mai. Anche oggi, passeggiando e rivendendo luoghi che conosco da tempo e che mi riportano episodi del nostro passato mi sei mancata. Ora, a essere sincero, la casa non è più fredda e vuota, si è rianimata, in parte. La cosa che mi manca ancora però è quando tornavi dal lavoro e entrando chiedevi: c’è nessuno? Ciao, Viz.
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