venerdì 25 maggio 2018

Quando sarò una gatta



Un paio di anni fa le cose non andavano bene, per nulla, ma c’eri. E costruivo castelli immaginari per distrarmi. Ora li costruisco per altri motivi, ma ancora un po’ per distrarmi.

Avevo pronto un elenco di argomenti da evitare, che se appena li sfioravo...
Come stai tu, come sta lei, ma come è successo, ma dai, e adesso che fate, ma non è possibile, coraggio, bisogna aver pazienza, oggi si cura, ancora…Si è risolta la faccenda, ancora, non ci credo, ma tu porti sfortuna, ma come mi dispiace, ed adesso come fate, e tua figlia, e i tuoi…Ha trovato lavoro, non ancora, ma lo cerca, lo sappiamo, è difficile, è così per tutti, mio figlio ora è in Germania, neppure là è come prima, ma sono contenta che fa una cosa che gli piace…Te ne parlerei, certo, hai ragione, bisogna guardare avanti, ma fatti vivo, e che vengo a fare, ci ho provato una volta e non è servito a nulla, certo che vengo, ciao, tutto bene…E se tornano, lo sai che è un quartiere pericoloso, ma che fate, non fidarti, se vuoi passo a vedere ogni tanto, va bene, certo, io però te lo dicevo…

Ora penso a quando vedemmo assieme un uomo che camminava in mutande, in strada, sotto le finestre di quella casa che allora era viva, sul marciapiede di fronte. Tu hai capito al volo, sei scesa, ti sei avvicinata, gli hai chiesto dove andava, ti sei fatta spiegare da dove veniva, dove abitava, e lo hai convinto a seguirti. Non è stato difficile, sai convincere e sai usare le parole giuste, quando servono. Dico sai ma dovrei dire sapevi. E se domani sarò io a camminare in mutande con l’aria sperduta per strada pensando di essere in ritardo per un appuntamento immaginario, di essere aspettato da chi neppure mi pensa o è andato via da un pezzo, chi verrà per riportarmi a casa? Vorrei che fossi tu, in qualche modo, e ritrovarti, almeno così.

E rimpiango un mal di testa lancinante, alcuni decenni fa, molto prima di vedere quell’uomo anziano in mutande camminare in strada. Quel mal di testa mi tormentava da ore e stavo seduto nella sala di quella casa ormai abbandonata e guardavo la televisione. Ora la casa è uno scheletro vuoto ma ancora troppo pieno e trasmette tristezza e rabbia al solo vederlo. Ricordo il film che trasmettevano in quel momento: Sul lago dorato. Della trama non ricordo quasi nulla, il mal di testa mi impediva di seguirla.  Forse solo poche scene con quegli attori unici: la Hepburn, Henry e Jane Fonda. E il lago, che tentava di tranquillizzarmi. Ed attorno i miei, ancora presenti, che tentavano di non disturbarmi. Rimpiango quel mal di testa, lo vorrei di nuovo ancora più forte per farli tornare come allora.
Quando io camminerò in mutande per strada, se lo farò (mi auguro di no, ma non conosco il futuro), spero nel frattempo di essere diventato una gatta, dentro di me e con lo spirito.
Non mi interessa quello che gli altri vedranno o penseranno. Voglio diventare una gatta che cammina in strada e che non ha bisogno di mutande, sa accettare la vita che viene, come viene. E vive sia le lunghe ore di noia sia l’eccitazione di rincorrere una mosca e catturarla, alla fine. 
Se non posso rivedere te voglio almeno diventare una gatta, al momento giusto.

                                                                                                         Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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