giovedì 24 maggio 2018

L’auto stereo



Ricordi quel piccolo campeggio inerpicato in collina, sulla costa dalmata, una vita fa? Ecco, il suo ricordo riaffiora, ogni tanto, assieme a tanti altri. E come molti anni dopo ci piaceva ricordarlo assieme ridendo, pure adesso mi procura un piacere triste ricascarci dentro, senza tuttavia la possibilità di rivedere il tuo viso, la tua reazione a quelle immagini che restano solo per noi.

Quindi tento di bloccarlo per sempre (il sempre che mi è concesso, non l’eterno) e intendo raccontarmelo ancora una volta, e fartene partecipe come quando…

Viaggiavamo nel tempo sospeso tra ma morte di Tito e la tragedia che sarebbe arrivata dopo pochi anni, quando la Jugoslavia si sarebbe disintegrata con troppi morti ed inutili crudeltà. Allora però ci sembrava di vivere la libertà, ed avevamo la possibilità di scoprire un mondo che sino a pochi anni prima, almeno per me, era irraggiungibile. Inoltre la scoperta poteva avvenire finalmente a modo mio, senza essere condotto in avventure simili da altre persone o amici coi quali sino a poco prima avevo condividevo sì molti interessi, ma con i quali non c’era mai stata l’intesa calibrata e mediata che noi stavamo raggiungendo. Quella è iniziata e finita con te. Neppure mi ci metto ad illudermi di poterla ritrovare altrove o con altri. Sarebbe una perdita di energie inutile ed una forma di tradimento nei tuoi confronti che non sopporterei io per primo. Tradirti prima? Era possibile, avevi le armi per difenderti o ricambiare. Tradirti ora sarebbe da vigliacco. Ma chiudo questo discorso che mi infila pessimi pensieri in testa.

Viaggiavamo nel tempo adatto per le scoperte, e percorrevamo molti chilometri ogni giorno, spingendoci sempre più a sud, verso il confine ideale del mondo alla ricerca di una frontiera ancora non valicabile per poter dire di essere arrivati sin dove si poteva. Ed una sera, stanchi, sporchi ed affamati, siamo arrivati in quel piccolo campeggio con pochi servizi e nessuna possibilità di comprare generi di prima necessità. Anche l’acqua, se non ricordo male, dopo una cert’ora era stata chiusa, e noi eravamo arrivati tardissimo. O forse questo capitava in un altro posto, ma ora non fa alcuna differenza questo particolare.

Io ero sempre insofferente di chi disturbava inutilmente gli altri, non sopportavo la musica oltre un certo volume e ogni tanto, se capitava, smontavo la tenda da una piazzola e poi la rimontavo in un posto diverso, allontanandomi da chi mi infastidiva. Tu sopportavi, sorridevi e mi aiutavi pure. Anche tu eri infastidita da alcuni comportamenti, me eri più disponibile ad osservarli invece di rifiutarli. Avevi una atteggiamento più scientifico del mio, insomma, e anche più umanamente filosofico.
 
Eravamo arrivati tardi e stanchi, e dopo esserci sistemati come potevamo abbiamo iniziato a prepararci per la cena. Mentre pensavamo di poterci rilassare prima di ripartire il mattino dopo da quel posto che non ci offriva molto di più di una sosta notturna, è arrivata un’auto-furgone, mi pare fosse un’R4 della Renault, con la parte posteriore rialzata. Si è piazzata accanto a noi perché il campeggio era pieno ormai, e subito ne sono scesi i due occupanti. Due ragazzi, mi pare, due maschi, ma ora questo non lo ricordo bene. L’immagine che mi è rimasta scolpita dentro indelebilmente è stata la visione del vano posteriore di quell’auto quando è stato aperto. Sono apparse due enormi casse acustiche da concerto in piazza, e subito dopo una musica adatta a tale impianto ha iniziato a diffondersi in tutto il campeggio, assieme alle prime brezze della tarda sera.

Io ho finito di cenare innervosito, imprigionato in quel posto da dove non si poteva fuggire; al tempo era impossibile fare campeggio libero in Jugoslavia e neppure potevamo spostarci altrove nello stesso campeggio, perché mentre il vento sollevava foglie e polvere io avevo guardato in giro, e non avevo trovato un solo posto adatto alla nostra auto ed alla nostra piccola canadese.
Ero ormai rassegnato mentre mettevo in ordine dopo la cena, tu sistemavi la tenda e la musica dell’auto stereo non ci concedeva il silenzio che quel luogo avrebbe potuto darci. Ed intanto il cielo diventava scuro, la notte si avvicinava velocemente. Il mattino dopo saremmo partiti prestissimo.

Il vento ha iniziato ad alzarsi più forte ed abbiamo controllato che ogni cosa fosse ben chiusa in auto o con noi dentro la tenda, e che questa fosse piantata in modo sicuro. Ci siamo chiusi dentro, mentre il vento aumentava ed iniziava a sovrastare anche la musica. Poi è iniziato un piccolo urgano, una portiera ha sbattuto, i due dell’auto amplificata hanno iniziato velocemente a sistemare le loro cose prima che il vento le portasse in giro ed hanno spento l’impianto, chiudendo le portiere dell’auto. La notte ha iniziato a scendere, da quel momento, con i rumori della natura un po’ arrabbiata e che era intervenuta, con la sua capacità persuasiva, a salvarci dall’inutile disturbo. 
Alla fine la giornata si è conclusa nel migliore dei modi, lo ricordi? Sì che lo ricordi. Ora sorridi ancora.


                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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