domenica 11 marzo 2018

le foto che ho, le foto che non ho




Lo so che non dovrei farlo, ma so anche che devo farlo. Dovrei superare poco a poco questa situazione, con i miei tempi, che sono solo miei ed impossibili da quantificare a priori, e so pure che questa situazione non la voglio superare, o almeno non con le modalità che mi vengono suggerite da alcuni, e che puntualmente non seguo.
Digressione.
La situazione è ormai arcinota per chi mi frequenta con un minimo di assiduità sia con una presenza fisica, sia al telefono sia in modo virtuale, sulle piattaforme in rete dove da tempo sono presente. E nessuno, tra i virtuali, si senta sminuito nella sua realtà di persona vera ed esistente. La presenza sui social o sui blog o nelle altre forme ora utilizzate è a tutti gli effetti una dimostrazione della nostra esistenza, non meno vera dei contatti realizzati con le poste o le telecomunicazioni. Inoltre un rapporto virtuale si può evolvere, ed ogni tanto per me uno di questi si trasforma in un contatto diretto, in un incontro reale. Magari poi non succede altro e non ci incontra più se non occasionalmente, ma otteniamo in tal modo la conferma che tutti noi, anche se preferiamo l’anonimato totale o parziale, esistiamo.
Rientro in tema.
La cosa che non dovevo fare è mettere mano al mio archivio fotografico recente, cioè degli ultimi dodici anni circa, gli ultimi tuoi dieci anni di presenza in terra, con me accanto nel bene e nel male. Cercavo una foto particolare e neutra per motivi contingenti, e sono capitato, non volendo, nella mia e nella tua storia in immagini, in quello che ho immagazzinato. Ed ho realizzato che dieci anni si racchiudono in poca memoria digitale e in un universo di emozioni e ricordi da trattare con estrema attenzione, rispetto, cura e prudenza. Ti ho rivista in tempi belli, tranquilli, mentre eravamo impegnati in viaggi ed occasioni speciali, oppure durante momenti di vita di tutti i giorni. E ti ho nuovamente spiato in attimi difficili, ormai segnati dal destino che rifiutavamo. Ed entrambi eravamo sovrappeso ed appesantiti da anni di ansie, di tensioni e di alimentazione sbagliata e compensatoria, eppure a modo nostro vivi e presenti. Tutto passato. E poi in varie occasioni non ti ho inquadrata ma tu eri con me quando fotografavo quel paesaggio o quel monumento. E anch’ io non ci sono quasi mai nelle foto, non mi andava di farmi riprendere. Ma ora vorrei vederti, in quei momenti, e mi rendo conto che non ho scattato alcuna foto, e mi manchi anche così. Mi dovrò accontentare del mio ricordo di te.
Mi crea dolore rivederti, nelle foto che ti ho scattato, e dolore diverso ma ugualmente forte nel non trovare traccia della tua presenza, quando non ti ho ripresa e tu eri con me. Ho sbagliato e continuo a sbagliare. Ed ora è troppo tardi, e non so come dirtelo. Considero il mio dolore un atto dovuto e alla fine non mi pesa, mi tiene compagnia.


                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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