venerdì 2 febbraio 2018

La vita sospesa, o forse da riparare




Quando avvenne io non capii. O meglio. Capii benissimo, ma non capii tutto, ed ancora oggi mi confondo. Ancora oggi non ho capito mentre allora speravo che poi ci sarei riuscito, che avrei accettato e sarei andato avanti. E invece sono stato costretto ad andare avanti, quello sì l’ho fatto, ma controvoglia e senza alcun entusiasmo. Ciò che ero si è interrotto bruscamente. All’inizio del dicembre 2016 sembrava potesse durare, poi molto è sparito. Eppure io sono lo stesso, ma vivo in uno stato sospeso.
Non so neppure da dove potrei iniziare a riparare quello che si è rotto. So molto bene invece cosa ha causato la rottura. Eppure dicono che capiti, che sia naturale, e che si debba accettare.
Io non accetto nulla invece, e se vi sono costretto lo subisco. Non voglio essere complice della vita quando diventa stronza. E la vita è stata stronza, ti ha fatto un porcata indescrivibile. Io ci ho messo del mio nel non farti vivere nel modo migliore possibile, certo. So benissimo cosa ho sbagliato e non meritavi, ed ora serve a poco recriminare. So anche che tu mi hai in ogni modo capito e accettato, malgrado tutto, malgrado me, e te ne sono grato. So pure assolvermi per molte cose, e rimuovere alcuni sensi di colpa, compensati da altro che ho messo sul piatto della bilancia.
Ma in ogni caso non accetto. Se ci penso mi incazzo, o piango, o entrambe le cose.

Non so da dove potrei iniziare a riparare.  Prima dovrei riconoscere i pezzi giusti da usare per ricomporre, e non so neppure se adesso parlo di me o di altro, ed ancor meno se si tratta di ricostruire o semplicemente di costruire. Non capisco dove recuperare quello che mi serve, e in parte non ne ho neppure il desiderio. Faccio altro, certamente.  So benissimo fare molte cose, e molte altre potrei impararle, sono curioso. Posso usare le mani, ancora, o la testa, e mi lascio pure trascinare da nuovi motivi. Poi mi blocco.

E poi verrà l’ultima neve. Quando cadrà io non saprò che per me sarà l’ultima.
 
Ora la vedo, la neve, e sento il freddo che ritorna e riporta l’orologio al suo tempo giusto. Una volta mi faceva allegria, ma avveniva prima.
Vi fu un tempo durante il quale mi allontanai dal mio mondo, spinto da necessità, e non fui capito. Si pensò che io volessi andar via, mentre era esattamente l’opposto, e così mi avvicinai alla neve delle montagne.
In seguito abbandonai il nuovo mondo che ci eravamo ricreati, facemmo una scelta e ci allontanammo da molte persone, ma fu voluto, io accettai di perdere qualcuno per mantenere te. Non me ne sono mai pentito. Ora osservo distaccato quegli avvenimenti e so che doveva andare così. La neve cadrà ancora come cadeva anche allora, tantissima. A volte penso che molto sia ancora possibile, come arrestare il corso naturale degli eventi, e la memoria in quei casi corre, impazzita, e si perde e mi fa illudere.
Stanotte ho sognato una donna che per qualche motivo aveva un grosso camion, forse un camper. Si era allontanata dal suo mondo ma teneva con se una trapunta familiare. Lei cercava di vivere a modo suo, credo, e non voleva perdere contatti, solo voleva e doveva seguire il suo destino, non intendeva opporsi. Quella trapunta stamattina l’ho vista nel letto. Forse lei aveva capito tutto, forse voleva dirmi qualcosa, forse eri tu, non ci capisco molto, lo ammetto. Cerco risposte e a volte me le creo su misura. Con fatica. Così a volte recupero tasselli di vita da rimettere a posto, oppure che un posto non l’hanno più.

                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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