mercoledì 28 febbraio 2018

La fortuna




Ti ho vista ormai non so quante volte, e non potevi essere tu.
Mi camminavi davanti, e non mi mostravi il viso, non eri tu.
Guidavi l’auto e sapevo che avresti potuto essere tu, in un altro tempo, ma ho sempre frenato la mano che avrebbe voluto mandarti un saluto.
Ombre ne ho viste moltissime, nascoste ovunque, a volte nei pensieri altre in alcune parole di un libro o in una frase rubata da un discorso.
I ricordi non li conto. Ogni giorno, esattamente ogni giorno, e ne son trascorsi già ben più di quattrocento, ne arrivano di nuovi. E col tempo mi fanno male in modo diverso.
Hai avuto la fortuna di non partire per ultima, e per questo hai pagato pegno.
Mi capita spesso di essere costretto a piangere, e talvolta anche non pensando a te. Recentemente mi è successo reincontrando un personaggio del quale non si dice il nome. Oppure mi lascio portare da qualche pensiero, che poi sparisce quasi subito.
Del resto non è l’eternità che mi manca, ma il quotidiano. Non è la nuova fantasia, che certo non mi dispiace, ma l’abitudine.
Non vedo dove arriva il destino, non lo so immaginare. Posso solo sapere cosa ha riservato ad altri, cioè vedere come sono morti, alla fine, perché ora, se devo essere sincero, questa mi sembra la cosa più importante: come si arriva alla fine. Magari sbaglio, perché certamente prima è nostro dovere di vivere. Ma anche se avessi vissuto al meglio possibile ( e non è il mio caso) questo non mi fornirebbe alcuna garanzia.
Se continuo a scrivere un motivo c’è, ma non lo so più spiegare neppure a me stesso. Un tempo le ragioni erano altre, ma l’interesse per quelle si è ridotto ed è molto più debole rispetto a prima.
Anch’io ho avuto molta fortuna, è innegabile, ed ancora mi sembra di non saperla riconoscere. Vedremo che succederà domani, dove camminerò, chi incontrerò, chi cercherò o mi cercherà. E non pensare che possa far senza di te.


                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

martedì 27 febbraio 2018

estate




Non santa, certo che no.
E neppure nata in quel luogo che ti ha dato non solo il nome, legandoti indissolubilmente alla tua terra paterna.
Lo abbiamo visitato assieme quel piccolo paese arrampicato sulle rocce, sempre meno abitato, vivo ormai solo in estate quando dal continente ancora tornano i vecchi. Uno alla volta pure loro si stanno riducendo di numero, così vanno le cose.
I tempi portano mutamenti, i piccoli centri si svuotano, l’economia è diretta altrove e non sappiamo cosa succederà. Certamente avverranno cose che faranno scordare la nostra piccola storia. O tenteranno di farlo.
Visitammo assieme quel luogo in due occasioni. La seconda volta fu d’estate.
Io credo di dover mantenere vivo nel ricordo un po’ di ciò che fummo, quindi cerco (non solo qui e quando mi capita l’occasione) di dedicare un po’ del mio tempo a questo fine.
E penso all’estate, adesso, proprio adesso, ora che il febbraio invernale si ricorda del freddo e della neve.
La nostra ultima estate è stata un regalo, certo, ma non è stata quella che ricordo con più piacere. Sarei stupido a farlo, e lo stesso sarebbe se non la considerassi comunque un dono.
Ne ricordo altre invece, di estati. Le troppe prima di te, che poi ti ho comunicato, raccontato, trasmesso e fatte un po’ anche tue.
Le ricordo anch’io, è vero.
Quello che è avvenuto prima era incompleto, ma è servito al dopo, alla tua presenza. Non avrei avuto cose da dirti, esperienze da condividere, piccole catastrofi da non ripetere.
Ed ora penso anche alla mia seconda estate senza di te, ancora lontana, ancora da venire col suo calore soffocante e il vuoto impossibile da riempire ma solo da mettere da parte per qualche ora, qualche giorno.
Vorrei tornare bambino, alle mie estati piene di noia e dell’attesa di un futuro indistinto ma lontanissimo, ma nulla di quello che vorrei sembra facile da comprare con le monete che ho.
Verrà l’estate, ed io ci sarò.


                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

domenica 25 febbraio 2018

Parlando di dolmades, e non solo di dolmades.







Oggi ho mangiato alcuni dolmades


Lo so, ho visto.


Li avevo trovati per caso, confezionati. Non erano come li mangiai la prima volta in Grecia, però…

Lo so.

Sai anche perché li ho comprati e poi oggi li ho mangiati.

Sì, lo so.

E sai anche perché ho comprato ormai molto tempo fa quella bottiglia di verdicchio. È da quando sei partita che non ne bevo più. Con te berlo era diverso. Pensavo di stapparla una sera ed ubriacarmi, pensando a Sirolo, e a quell’estate.

Poi stai male, non farlo.

Ma non mi va di berla con altri, con nessun altro. Non quella bottiglia almeno. 



Ieri poi ho fatto un piatto di pesce con il riso nero, proprio ieri sera.


Deve essere stato buono, a me non lo avevi mai preparato.


È vero, ma l’ho scoperto da poco, ed è stata la prima volta che l’ho cucinato.

Vedi che la vita va avanti? tu non ci vuoi credere, ma si vive, malgrado ogni cosa. Si deve vivere.

Sarà come dici, ma non è come prima, non lo sarà più.

Nulla sarebbe comunque come prima. Noi saremmo cambiati, lo sai. Stavamo cambiando, forse avremmo pure risolto alcune cose, ma saremmo comunque cambiati.

Tra una settimana si vota. Il 4 marzo ci sono le politiche.

Lo so. Votammo assieme al referendum del 4 dicembre 2016, e fu la mia ultima volta al seggio, e l’ultima volta che persi.

Perdemmo, non hai perso solo tu in quell’occasione. E perderò pure domenica prossima, ma io voterò per il meglio possibile.

Forse non conta perdere o vincere, ma conta votare per ciò in cui si crede.

Non mi va che vincano le destre disunite o gli onesti di nome, di illusione e di protesta o i razzisti o i fascisti o i duri e puri che alla fine dividono e ci faranno male. Ma perderò senza alcun rimpianto.

Pensa alla gattina. Mi sarebbe piaciuto vederla prima. Peccato.

Spiace pure a me, ma è bella, vero?

Sì. È molto bella. Hai fatto bene a cambiare idea, ed a farla venire in casa.

È vero. Prima ho tentato di oppormi, ma dopo l’ho accettata. È stato giusto così.

Vivi, Silvano, vivi.

Lo farò. Intanto tra poco esco e passo a trovarti.




                                                                                         Silvano C.©  

 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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