lunedì 1 gennaio 2018

una frazione di secondo




Tempo - Primi secondi del 2018 secondo il fuso orario dell’Europa centrale e con l’ora legale attuale.

Luogo -  Casa che conosci molto bene per avervi trascorso con me diverse sere di attesa dell’anno nuovo ospiti di amici comuni.

Situazione – Pochissime persone, il minimo sindacale quasi, ma tutti con cose da dire o raccontare. Le ore prima del momento di passaggio ufficiale nel nuovo anno spese in parte con riferimenti ad altri, a chi conosco e a chi in realtà non so se conosco. Confondo i nomi come sempre però so di cosa si parla. Seguo e rimango in silenzio, mi interesso e non so cosa dire. Ma sto bene e non mi spiace ascoltare.  Pure io intervengo, come mi viene naturale. Alcuni argomenti mi interessano di più, ed allora devo trattenermi per non impormi, al solito.

La frazione di secondo – Esattamente dopo il brindisi rituale con ottime bollicine brut, dopo gli auguri, resto per un attimo solo nella stanza mentre ci stiamo spostando, e tu mi vieni accanto. Avverto che ci sei, non ti vedo ma ci sei, vicinissima tanto da avvertire il tuo respiro, e mi sussurri: Auguri, Silvano.
Ecco, così volevo che iniziasse il mio nuovo anno. Poi sei tornata via subito, sei andata altrove, ma mi hai lasciato la sensazione che non intendi lasciarmi solo. Questo mi basta, anzi, è molto più di quello che vorrei.


Alcune ore dopo – Stamattina sono uscito, tardi, ed ho camminato un po’per il centro. Ovviamente ho trovato quasi tutto chiuso. Pioveva ed a tratti cadeva qualche fiocco di neve che spariva subito dopo, appena toccato il suolo.
In giro resti di botti di capodanno, bottiglie o altri segni di festeggiamenti in piazza. Appoggiati su una piccola transenna esterna di un locale stavano due bicchieri flûte di plastica, pieni a metà di acqua piovana gelida. Li ho presi in mano uno dopo l’altro, li ho svuotati e li ho rimessi vicini, dove stavano. Ho immaginato due giovani o magari meno giovani, chi lo sa, che la notte prima li avevano usati per brindare allegri, e mi sono rivisto con te, molti capodanni fa.

Ancora dopo – È il primo dell’anno. Oggi si fanno cose che si vorrebbero fare tutto l’anno, secondo un vecchio proverbio, ed allora ho affrontato la bestia nascosta nell’ombra di un armadio per stanarla ed addomesticarla. È pericoloso farlo, e doloroso, tuttavia necessario. Non voglio ucciderla, no, mi spaventa ma devo trovare il modo perché mi accetti e non mi sia più nemica esattamente come tanti anni fa un bambino affrontò un cane che lo terrorizzava da settimane quando gli doveva passare accanto. Come vinse la sua paura quel bambino? Portando da casa un pezzo di pane e prendendo quel timore come una prova per sé stesso, da superare in ogni modo. Ed il cane dovette capire, perché non abbaiò più quando vide una mano, piccola, che gli offriva un po’ di cibo. Io così ho aperto il tuo armadio, ho combattuto contro il mio tabù ed ho spostato alcune tue cose. Ho deciso di buttare due tue camicie vecchie e lise, alle quali eri affezionata, lo so, ma ti ho offerto in cambio un identico trattamento per due mie vecchie camicie alle quali non volevo rinunciare anche se ormai impresentabili. Ho raggiunto un compromesso con la bestia. Non è stato facile, per nulla, ma ora ho davanti un nuovo anno per affrontarla ancora ed, ogni volta, renderla almeno un po’ meno aggressiva. Non una frazione di secondo ma un anno intero durante il quale il mio dialogo con te non finirà.
    
                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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