giovedì 31 agosto 2017

Ti ho rivista




Ieri, meno di 24 ore fa, dicevo che tu ora ti nascondi e non posso più riprenderti. È vero solo in parte. Non ti nascondi sempre. Poco fa ti ho rivista.
Andavi di fretta con qualcuno, e poi chi ti accompagnava ha preso una strada diversa, ed hai proseguito da sola. Andavi al lavoro, credo, o ad un impegno al quale non potevi mancare. Ti ho chiamata, Viz, e ti sei girata. Mi hai guardato ed eri tranquilla, sorridente, ma non sono riuscito a raggiungerti.
Esattamente come dicevo mi stavi precedendo, ed io ero dietro di te, segno che quello che pensavo è vero, o vuoi che sia vero.
Era solo un sogno, è così, solo un sogno, ma sei tornata, ed io non so cosa pensare di razionale. Al razionale del resto sto rinunciando da tempo, non posso più farci affidamento in modo completo.
Sono troppe le cose che col passare degli anni non trovano giustificazione. A volte sono solo piccoli particolari inseriti in un quadro per tutto il resto perfettamente logico e spiegabile.
Che sia la tua assenza a creare il bisogno di ritrovarti e che, alla fine, io ti riveda in questo modo? È l’interpretazione più facile. Oltre non so vedere, e capisco che non voglio lasciarti andare. Posso solo inseguirti in spazi non facili, non prevedibili. Ma anche quando prevedo banalità nella vita di tutti i giorni non va sempre come pensavo. Non so cosa succederà domani, non posso saperlo.
Ad esempio tra poco farò una camminata in montagna, e ieri mattina non lo sapevo ancora.
Ieri ti chiedevo sentieri da percorrere a piedi, per stancarmi fisicamente, e poi, nel pomeriggio, ho ricevuto la proposta per realizzare oggi quella richiesta.
Ed allora resto muto. Accetto la vita come viene, reale o vista nel sogno, vissuta di giorno o di notte. Io non la posso controllare, che venga quindi come deve. Io sono qui.

P.S. Sono andato sull'Altissimo, da dove si vede la nostra Riva del Garda. Era una promessa che mi ero fatta, già tempo fa.

                                                                  Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

mercoledì 30 agosto 2017

dammi sentieri per camminare




Dammi sentieri per camminare, camminare molto, sul piano ed in salita, o in discesa. Sentieri lunghi, che mi facciano stancare fisicamente ma che mi riposino la mente.
Sentieri che mi portino a te, o sui quali io possa muovermi precedendoti di poco, o seguendoti, o stare al tuo fianco scambiando qualche parola. Come se tu fossi ancora qui.
Fammi conoscere nuovi compagni di viaggio, ma senza fretta, che io non ne ho. Col tempo sono diventato più difficile e selettivo. Non mi sento solo, anche se per alcuni posso sembrarlo, e preferisco comunque evitare alcune situazioni piuttosto che subirle.
Voglio la pace e la calma dei pensieri, cerco l’ombra di alberi orgogliosi, e frutti di bosco.
Non rifiuto la pazzia umana, ci vivo. È dentro e fuori da me ma sento il bisogno di staccarmene sempre più spesso. Vorrei una nuova ricchezza, costruita su sogni che condividemmo, e che restano come meta.
Dammi sentieri dove perdermi e ritrovarmi, identico e diverso.
Aiutami a riconoscere le persone, fammi capire cosa pensano, metti un freno alle mie parole quando sono troppe ma falle uscire quando servono, senza mai esagerare. Tu le accetti, ma io non posso imporle a nessuno.
Fai in modo che capisca quando sbaglio. Non ti chiedo di fermarmi prima, impresa impossibile anche per te, ma dammi il coraggio, sempre, di ammettere gli errori, e di saper chiedere scusa. Questo già non mi costa molto, ma devo capire prima e meglio.
Fammi camminare e riflettere, lontano dai rumori e dalle frasi inutili, dalla stupidaggine e dai luoghi comuni.
E permettimi (aiutami in questo) di scoprire nuovi luoghi, nuove città, nuove spiagge. E fammi abbattere barriere che ho innalzato inutilmente, erette dalla mia paura e dal mio orgoglio. Paura non ammessa dall’orgoglio.
Dammi modo di poterti ringraziare, trovalo, permettimi di farlo, che le parole non dicono nulla e servono a meno. L’intenzione non basta. Non ha prove.
Voglio ritrovarti vicino ai ciclamini ed ai lamponi, guardando la valle che si estende, in basso, e rivedere quei ruderi, o andare da quegli amici che ti hanno cercata.
Voglio camminare, con le scarpe giuste, attento a non cadere e portando con me solo quello che serve. E ricominciare a scattare foto, anche se tu ora ti nascondi e non posso più riprenderti.
Tu sei partita dopo di me, mi hai raggiunto ed abbiamo camminato assieme, poi mi hai superato. Ora devi solo aspettarmi, ma so che per te il tempo non conta. Neppure per me. Mi fa sorridere amaro pensare che mi prendevi in giro, un po’ sgridandomi, quando ti stavo sempre davanti. Ora ti posso solo seguire, alla fine hai vinto tu.



                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

martedì 29 agosto 2017

Il tempo del raccolto



Ma se io non so mediare, trovare un compromesso ragionevole tra esigenze diverse, un equilibrio accettabile, cosa ci posso fare, come tentare di raggiungerlo? 

Vede, se inizia in questo modo non si può arrivare da nessuna parte. Lei mette le mani avanti come a invalidare preventivamente ogni mia proposta di mutamento. Mi chiedo se è veramente interessato a trovare soluzioni o se intende solo perdere e farmi perdere tempo. Per quale motivo viene da me, se posso chiederlo?

È vero che in parte sono prevenuto, ma è pure vero che mi rendo conto di esserlo, quindi cerco di superare, anche col suo aiuto, questa situazione. Il motivo che mi ha spinto a cercarla è questo. Scoprire le cose da un punto di vista diverso, magari suggerito da lei. E, poi, tentare di cambiare la situazione. 

Mi spieghi meglio, allora. L’ascolto.

Le farò due esempi, per chiarirmi. Io vedo una persona che ha l’ansia di vivere, che si fa coinvolgere da ogni attività possibile, che viaggia come se non avesse un domani e che sembra non volersi far mancare nulla di ciò che la vita le può concedere in quelli che potrebbero essere i suoi ultimi anni, visto che è in pensione e quindi non è più giovanissima. Si sta allontanando dal compagno, tiene i figli ad un certa distanza, nel senso che si prende il tempo per lei pur non scordandoli, e difficilmente trascorre una giornata intera a casa. Recentemente è stata a New York, a san Pietroburgo, alle Baleari, in Toscana, a Monaco di Baviera, e in altri posti che ora mi sfuggono. È impegnata nell’organizzazione di molte attività a livello locale. Non manca occasione di salire sui monti della regione con vari gruppi organizzati. Non spreca denaro, dice, ma ne spende ovviamente molto per tutte queste attività. 

Ho capito, o penso di aver capito.

Bene. E poi ho conosciuto altre persone che hanno fatto scelte di tipo diverso. Pure loro si sono concesse qualche viaggio, ma nulla al confronto del primo caso. Hanno investito nei risparmi, hanno fatto sacrifici per mettere da parte risorse da sfruttare nei loro momenti difficili, quelli che sarebbero venuti, che arrivano prima o poi per tutti, rari casi a parte. Sono stati economicamente autosufficienti nella fase finale della loro vita, senza pesare mai sui figli. Non hanno in alcun modo sprecato quello che sapevano avrebbe loro fatto comodo senza dover chiedere aiuti a nessuno. Erano altri tempi, è vero, tempi nei quali il risparmio era possibile anche per i ceti non avvantaggiati, ma non tutti hanno fatto come loro, anche nella loro generazione. Molti hanno speso e si sono goduti maggiormente la vita, per dirla chiaramente.

Questi ultimi si sono goduti maggiormente la vita, concordo. E credo che lei invidi un po’ chi riesce a farlo, giusto?

Certo, giusto. Io però stavo pensando ad un modo diverso di impostare la questione. È verissimo che pure a me piace la bella vita, e se posso me la concedo. Quello che mi chiedo però è sin dove posso permettermelo, cioè sino a che punto posso spingermi.

Si spieghi, per favore.

Credo che abbiamo il diritto di raccogliere un po’ di frutti, ne sono convinto. Ognuno di noi può e deve godere di quanto ha prodotto, cioè sfruttare il momento del raccolto, dopo aver seminato, atteso e lavorato nell’attesa della maturazione. Il momento del raccolto però, mi chiedo, qual è? E quali riserve occorrono per avere una relativa tranquillità? Vede, sono queste le domande che mi pongo ora, a livello personale. Già alcuni mi hanno detto che io potrei essere una persona tranquilla, e non dovrei preoccuparmi del futuro, degli anni che verranno. Quando però hanno compreso la situazione dei figli la loro certezza si è affievolita. Io devo pensare anche a loro, non solo a me. E la situazione ora, per tutti i giovani, non è quella che io trovai alla loro età, e neppure quella che trovarono i miei genitori. 

La metafora del raccolto mi piace, e contiene le possibili risposte alle sue domande iniziali. Ci rifletta. E pensi che il ciclo della campagna al quale lei si riferisce non termina col raccolto. Vengono i mesi freddi, ed in questi mesi diventano utili le scorte, ma dopo ritorna la primavera, ed una nuova stagione riprende vigore. Lei giustamente si preoccupa, ma, come sa pure la persona che ha ricordato per prima, anche i figli hanno davanti a loro opportunità che ancora non si vedono. Trovi una sua via per risolvere la questione, e non cerchi di imitare comportamenti che lei stesso giudica estremi. Magari stia più vicino ad uno dei due, se vuole, ma solo più vicino. Del resto lei è diverso da queste persone, e la sua strada deve essere diversa.

La ringrazio. Ora ne so all’incirca come prima. Ho quasi l’impressione di aver parlato a me stesso.


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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