martedì 11 luglio 2017

parole

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Parole sprecate, pronunciate inutilmente ed indirizzate a chi non vuol capire, che erige una barriera, che parte da un suo pregiudizio e non intende partecipare e condividere, che ti rifiuta, che rimane racchiuso in sé stesso, o che non ha i mezzi per raggiungere quanto cerchi di esprimere. A volte siamo ciechi, e pure io lo sono stato e probabilmente lo sono. Cieco e sordo. Chiedo scusa a chi non so ascoltare.

Parole necessarie, essenziali, vitali, pronunciate o scritte per mantenere viva la storia, attuale e utile per noi e per le nuove generazioni. Forse la storia non insegna, tuttavia alcuni errori non devono essere ripetuti per ignoranza. Di fronte alla malafede non si può nulla, e le parole non bastano, ma l’ignoranza ha una cura, non è irreversibile, si può contrastare. In questo caso occorre fiducia, e seminare, diventando, almeno un po’ ed utilizzando i propri mezzi pur limitati, contadini coltivatori di conoscenza.

Le parole mai dette, e che ora mi pesano dentro, perché è passato il momento, e non posso più dirle a chi vorrei. Sono stato colpevole di negligenza e non serve a nulla pensare a quello che non ho pronunciato quando era giusto, necessario… Quelle parole sono rimaste dentro di me, le trovo ora, e mi feriscono. La sola consolazione, in qualche caso, è aver compensato in altro modo ciò che non ho detto, aver ripagato un’assenza ed un po’ espiato la colpa.

Le parole sui libri, lasciateci in eredità per farci crescere, sognare, riflettere e capire. Ci aprono nuovi mondi, ci offrono alternative di vita, sono la vita stessa di chi le ha pensate e scritte. A volte pure queste possono ferire se vanno a scavare dove siamo consapevoli di essere più deboli. 
Altre volte sono del tutto inutili e in malafede, ripetitive e opportuniste. Alcuni libri non sono libri, ma spazzatura rilegata.

Le parole d’amore e di amicizia, quelle che ti raggiungono il cuore, che ti fanno tremare e urlare in silenzio, dentro. Sono le parole che ti fanno crescere, che ti possono anche far male all’inizio ma poi si sciolgono nella loro vera natura. Sono le parole di chi ti è vicino, e che in quel momento pensa a te. Sono preziose e ti arricchiscono. Se mancano…, se mancano…, non lo voglio pensare.

Le parole attraverso cui passano i rapporti di lavoro, o con le quali educhi, o ti fai educare. Quelle che ti servono per scoprire il mondo e per farlo capire, nei nostri limiti umani. Quelle parole non devono mai diventare numeri, mai. Quelle parole sono destinate a persone, a volte tante, ma per ognuna di loro serve un’attenzione speciale, o essere pronti ad ascoltare, non solo a parlare.

E poi, tu che mi leggi e ascolti, credi veramente che io possa essere tutto quanto vorrei o penso di essere? Anche ora indosso una maschera, e ti trasmetto quanto penso sia giusto. 
Ti nascondo miserie e vorrei dar lezioni, ma quella maschera a volte mi soffoca, e la tolgo.
È invenzione questa, solo un gioco, ma un gioco molto serio.
E tu credi alle parole che scegli adatte a te, butta pure tutte le altre. 
Cerca le tue parole. 
Dille tu, le tue parole, quelle che sono solo tue.  


Sentat e sentam, at dev dir un quel.
A tal dig na volta e po’ ant’al dig più.
At jeri picul, e at cuntava dil stori.
E ti at jeri cuntent, ma at vlevi santir sempar il stesi. L’è pasà tant temp, adess, ma ta tli arcodi incora.
Eco. Zerca ad capir sat voi dir, e stanam brisa scurdar.


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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