domenica 30 luglio 2017

La sera





La sera è un momento particolare che riporta, anche inconsciamente, quanto è avvenuto durante le ore della giornata. A me solitamente procura un senso di conclusione, di cose realizzate e no, mi ricorda che ormai il tempo per agire è finito e posso rimandare a domani il resto. È arrivato il momento della pace e del riposo. 
Non sempre è così, ovviamente, perché ci sono giornate lunghe, lunghissime, che non portano la pace sperata, solo stanchezza o dolore o sconfitta.

C’è stato un periodo durante il quale mi svegliavo presto il mattino, pieno di energia ed ottimismo, sorridevo più di ora e trasmettevo questa energia anche attorno. E qualcuno me lo diceva. Dopo giornate vissute così la sera crollavo letteralmente, e mi addormentavo ovunque mi capitasse: a casa di amici, a conferenze, a teatro, in auto se non guidavo io… Dormivo tranquillo.

E poi, la sera, si ha l’occasione di fare un bilancio, a volte limitato a poche ore, altre allargato a tempi più lunghi, quasi ad una vita intera percepita nella sua interezza e conclusione. Non può succedere tuttavia che noi siamo in grado, mai, di capire il senso finale del nostro agire, o di vedere la nostra conclusione in vita. Questo è un compito che lasciamo sempre agli altri, quelli che verranno dopo, dopo la nostra ultima sera.

Ora possiamo vedere la luce di chi ci ha lasciato, che non fu luce riflessa, e adesso ne siamo consapevoli, a volte tardivamente, o solo in parte tardivamente. Saper vedere lo splendore di chi ci ha amato, depurato dalle piccolezze, dalle incomprensioni e dalle miserie umane, è una sofferenza ma anche una gioia. 
Noi abbiamo fatto parte della loro vita, noi c’eravamo ed abbiamo vissuto speranze ed illusioni, noi ci sentiamo onorati del dono che ci hanno fatto ed è nostro compito, dovere, piacere, bisogno di trasmetterlo, in ogni modo, anche dimostrando così che abbiamo capito.

Ecco, così è la sera.


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

sabato 29 luglio 2017

due al mare (per non parlar del terzo)




Non c’è rischio di confusione, di dispersione di attenzione, di troppe sorprese sgradite, e se poi queste arriveranno, saranno una lezione salutare: certi errori non saranno ripetuti con la stessa persona.
È il rapporto ideale quello a due, e non serve una coppia di fatto (persone sposate, conviventi, amanti e/o compagni di vita), è sufficiente essere con un amico o un’amica, e magari non ancora tale, per approfondire la conoscenza reciproca, ma solo in due.
Niente contro i gruppi ovviamente, le tavolate, i viaggi con tanti amici e tutte le occasioni di vita sociale, ma queste sono situazioni diverse, distraenti. Non per nulla, infatti, ad una festa con molte persone ci scappa sempre il momento nel quale, poco o tanto, ci si isola con qualcuno, anche solo per scambiarsi informazioni o dirsi cose più personali.

Due da soli possono andare al mare, al cinema o a teatro, a cena in casa o fuori, farsi una bella camminata in montagna, ed ovviamente pure sesso, ma questo aspetto non è determinante in quello che intendo.
Il rapporto umano sale di livello e di qualità, e questo non è possibile con tutti, lo sappiamo, è evidente. Occorrono premesse iniziali come la corrispondente disponibilità ed apertura reciproca, l’occasione, qualche interesse in comune, e non funziona di solito col primo venuto, salvo l’essere naufraghi su un’isola deserta con qualcuno mai conosciuto prima.

Due da soli si espongono anche a possibili rischi quando il loro rapporto diventa troppo esclusivo, ed il più grave è l’isolamento dagli altri.
Se tuttavia si sanno bilanciare in modo corretto i contatti col mondo, e se si moderano alcuni atteggiamenti centripeti, l’avere un dialogo con una sola persona per volta diventa una fondamentale regola di vita, una tra le tante. Il telefono del resto funziona su questo principio, come così si conducevano un tempo i rapporti epistolari.
Tutte le persone importanti nella nostra vita sono passate, più o meno lungamente, attraverso questa fase, con poche eccezioni.
 
L’amore, più ancora dell’amicizia, è un rapporto a due, non certo di gruppo. Di gruppo può essere il sesso, mai l’amore. Anche un rapporto d’amore a tre, sono convinto, ma ammetto che potrei sbagliare, prevede tra due soli qualcosa di privilegiato, o non tutti sono legati allo stesso modo agli altri due.
Ma non mi piace dare per scontate alcune certezze, o presunte tali. Noi esseri umani abbiamo una tale varietà di posizioni di fronte alla vita che probabilmente non è il caso di generalizzare ed allargare al mondo intero quello che sentiamo come giusto per noi.
Anzi. Direi che sarebbe decisamente sbagliato.

                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

venerdì 28 luglio 2017

Sardigna


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Durante la vendemmia ritornano.
Dal continente, verso la fine dell’estate, chi era andato via per cercare lavoro sente il richiamo della sua isola, per la sua terra. Molti vi hanno lasciato il cuore, gli amici, la loro vita giovanile. Alcuni hanno conservato una vecchia casa, magari in un paese solo sfiorato dal turismo, e quando sono arrivati non vorrebbero più tornare ancora via. Hanno il traghetto prenotato ma resterebbero, se potessero.

Case di fate e di streghe, tombe di giganti, nuraghi nascosti, rocce scolpite dal vento e dal silenzio. Il silenzio rotto dal vento che soffia a volte per giorni e modella anche il carattere. E poi la netta separazione tra chi appartiene all’isola, o al luogo particolare, e chi è estraneo, venuto da fuori, e che quasi sempre resta fuori, anche se vicino. Parte del sangue di nostro figlio è sardo ma lui non è mai andato a Castelsardo o a Santa Vittoria, non ha visto le spiagge nella zona di Oristano, gli è sconosciuta l’accoglienza che solo i sardi riservano a chi ritorna e si fa riconoscere.

Pure io la conosco troppo poco, e difficilmente vi tornerò, ma una parte della mia memoria è occupata da quella terra dove non sono nato e dove non sei nata neppure tu, ma alla quale eri legata molto più di me. Non mi sentirei straniero se vi andassi, ma non ne ho più il coraggio. Forse ci saremmo potuti andare assieme, un giorno, se la vita non ti fosse stata rubata. In queste condizioni no. Vedrò luoghi nuovi, credo, ma non rivedrò quelli. Del resto molti di coloro che ci accolsero allora ormai non ci sono più. Il tempo non ha alcuna pietà dei nostri desideri e di quanto ameremmo non perdere mai. È pietoso solo nel farci dimenticare a volte la felicità perduta oppure i dolori vissuti, coprendo di foschia il rimpianto e trasformandolo in nostalgia e malinconia. Oltre non può fare, e chi resta dovrà fare la sua parte.

Scavando ritrovo quel vino forte, che mi lasciava ubriaco per ore anche dopo un solo bicchiere, quell’olio dal sapore unico, una spiaggia lunghissima e quasi deserta, una nevicata a marzo, una traversata col mare mosso, i cestini, i tappeti, i dolci e i formaggi. E poi quell’abitudine di vivere accanto al mare e di non consumare pesce, di non versare mai l’acqua ed il vino con un movimento sbagliato della mano, e i carciofi di Baingio, e tu che bevi Vermentino.

Ricordi gli asfodeli? Forse a quelli mi sono ispirato quando scelsi un nome, anche se a lungo non lo avevo realizzato.
Tutto il resto, quello che mi resta e non vedo, lo scaverò di tanto in tanto per riportarlo alla luce ed io mi adatterò a riviverlo di riflesso, come se fossi uno specchio, senza aggiungervi nulla di mio ma rimanendo soddisfatto ed orgoglioso di questo regalo avuto dalla vita.
                                                                       Ciao, Viz


                                                                        Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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