giovedì 13 aprile 2017

Una nuova storia per non morire, o per piegare anche la Morte

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Stavolta mi hai cercata, non ti aspettavo tanto presto. Ti serve una storia nuova, una di quelle che invento io?

È così. O è così almeno in parte

E come mi hai trovata?

Devo spiegartelo o ci arrivi da sola?

Ci sono già arrivata, da sola. Era un mio modo di dire. A volte mi dò troppa importanza. Perché dici che vuoi una storia solo in parte?

Mi hai spiegato che alle tue storie ci si può credere, ed allora diventano vere. Altrimenti restano solo fantasie, aria che si disperde nell’aria, polvere nella polvere. Io voglio modificare la Morte, chiederle di modificarsi, sarebbe più onesto e rispettoso dire. Non intendo negarla. Non mi illudo di farla ricredere e riportare chi ha deciso di far andare via con sé.

Spiegati meglio.

Io odio la parola cimitero. Mi evoca idee sbagliate, o che credo siano sbagliate. Molti di questi luoghi poi sono tristi. Si piange. Si prega. Non ci sono alberi a sufficienza. Non c’è spazio per stare un po’ in pace, come in certi giardini, o in certi prati di montagna, o sulle spiagge del mare non in alta stagione.

Ma ci sono i nostri morti. Cosa pretendi?

Senti. Se mi dici vedovo mi offendo. Se mi parli di sofferenze dopo la morte non ti ascolto. Se intendi convincermi che ogni cosa sia finita perdi il tuo tempo. Io rispetto chi prega, ma voglio altro. Se mi dici che tutto è concluso neghi la presenza stessa di questi luoghi assurdi. So molto bene che si finisce letteralmente nella merda, che il dolore diventa impossibile da gestire oppure che ci si fa addormentare per accettare meglio la fine prossima. So che siamo fatti di carne putrida, piena di sangue, che si vomita, che l’odore a volte non si sopporta, che siamo costretti a subire la perdita della dignità, quella alla quale tutti teniamo tanto, finché ci è concesso di non vedere.

Ma che razza di storia mi chiedi allora? Non ti capisco.

Io non lo so. Dammi una storia che mi faccia illudere, una favola solo per me, fuori dalla logica o dal buon senso. Fammi credere che non serva pregare, ma che sia molto meglio fare qualche cosa di utile per chi resta prima di tutto.

Questa non è una richiesta tanto nuova, ammettilo. Molti lo chiedono.

Va bene. Ed ora fai in modo che chi è morto sia felice, veramente felice. Fai scordare ogni dolore, ogni persona abbandonata, ogni questione lasciata in sospeso. Anzi, no. Io voglio che anche chi resta recuperi la propria felicità, che le questioni in sospeso trovino la miglior soluzione possibile, che sparisca il dolore ormai inutile.

Questo non lo posso fare. Ti mentirei.

E tu fallo invece. Se lo fai io prometto che ci credo. Quel luogo chiamato tomba diventerà un posto dove andare a sorridere, vedere nastri variopinti di una festa, ricordi di una vita felice, sorrisi sinceri, un posto dove continuare un dialogo mai interrotto dentro noi stessi ma modificato nella sua formalità. Non un cappello abbassato, non uno sguardo triste, ma vera gioia. Una farfalla blu, una mimosa, il regalo da pochi centesimi che si trova dentro le uova di Pasqua, un piccolo pesciolino, un foglietto dove qualcuno, prima o poi, se vorrà, scriverà un suo saluto. Noi restiamo su questa terra un secondo. Fai in modo che quello che ci rimane, dopo, sia solo un’immensa, assurda, felicità. Ciao, Viz.


                                                                                       Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

1 commento:

  1. A volte penso di scrivere qui, poi temo d'interrompere un dialogo...quindi vi lascio, al vostro bel dialogo...:-)

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