martedì 7 marzo 2017

impossibile più bello




Litigate con urla da far tremare le pareti sottili e tali da farci sentire, ed un po’ compatire, dal vicinato. Sfuriate spesso inutili e senza un seguito pratico, sfogo per tensioni accumulate o utili per rompere magari una maniglia.

Arrivare e trovare un biglietto, andar via e lasciare un biglietto, mettere un biglietto sotto il tergicristalli, nascondere un biglietto sotto il cuscino, scrivere un biglietto e metterlo in un pacchetto, ritrovare, ora, un biglietto scritto undici anni fa.

I piedi freddi, le mani caldissime.

Tre lanterne cinesi, ancora nella loro confezione, che prima o poi lancerò per venirti a cercare.

Fotografarti mentre qualche cosa ti è andata di traverso e rischi quasi di soffocare. E tu che ridi, pochi anni dopo, perché mi sono schiacciato un dito nella portiera dell’auto.

Un amore naturale, trasgressivo un po’, mai abbastanza a ripensarci, bello però, anche se mutato col tempo, con nostalgie e conferme. Nulla mai come la prima volta, nulla di fissato, nulla di ripetibile allo stesso modo. Cercare ogni volta una novità, a volte trovarla, altre volte no.

Avvicinarsi, allontanarsi, riavvicinarsi senza essersi allontanati troppo. Non esiste alcun segreto, ora non lo potrei descrivere. È stata fortuna forse, o testa dura. E tanta condivisione e complicità, e silenzi, tanti silenzi senza bisogno di parole. Oppure tante, troppe parole, parole per descrivere ogni situazione, parole comuni per capirci.

La lista dei regali con le persone indicate a fianco. La lista delle visite guardando il calendario. La lista della cose da fare prima del viaggio. La lista degli abiti da caricare. La lista di quello che serve nella borsa per l’ospedale. La lista delle buste con indicate le dimensioni. La lista delle liste.  


Un viaggio in Sardegna con inviti da parte di tutti i parenti e gli amici di famiglia. Una sequenza di inviti senza fine ed il desiderio di recuperare pochi giorni per noi. Finalmente liberi partiamo ma, sembra destino, ecco l’inizio di una nevicata. E con la neve la notizia che ci poteva pure essere risparmiata e che ci obbliga a tornare prima del tempo, inutilmente. Sua madre è stata operata ma non sta per morire, malgrado tutto. Morirà molti anni dopo, e solo quando avrà sepolto assolutamente tutti gli altri della sua generazione. Mio nonno, invece, viene ricoverato. Io ne vengo informato solo al ritorno. Morirà circa un mese dopo.

La paura di perderlo, ancora bambino, in ospedale. Il terrore che rimane troppi giorni, e che poi, lentamente, lascia il posto alla speranza e poi alla quasi certezza di aver superato un pericolo mortale.

Vorrei ripercorrere, in scala 1:1, esattamente ogni cosa. Forse eviterei alcuni errori, forse li rifarei. Forse ti starei più vicino, in tutti sensi, o forse ripeterei ogni mio gesto, come nelle repliche teatrali sempre uguali ma sempre diverse.
Ripartirei dall’inizio, da quel primo giorno di tanti anni fa, e poi rivivrei i singoli momenti senza sapere di averli già vissuti.
Dovrei lasciare ogni cosa al suo posto. Impossibile rendere tutto più bello. Ora che tutto è compiuto non potrei falsificare ciò che è stato cambiandolo a mio comodo. Grazie, anche del dolore. Non del tuo, certo. Quello lo annullerei. Ma il mio lo voglio tutto, e non mi basta ancora.


                                                                                           Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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