domenica 31 dicembre 2017

Capodanno

Tempo di bilanci, ogni volta. Per alcuni è l'occasione per buttare il passato come inutile zavorra che frena il futuro, comunque inarrestabile. Ma se è inarrestabile è davvero necessario disfarsi di quello che è stato? Ciò che deve avvenire avverrà anche se sembriamo opporci conservando oggetti preziosi solo per noi. Io ammiro le case ordinate, pulite, arredate con gusto e non troppo piene di oggetti inutili. Vorrei vivere pure io in uno spazio ordinato, pulito, arredato con gusto e non troppo pieno di oggetti inutili, ma non ci riesco e, sinceramente, ci provo in modo molto timido.

Ricordo
A Firenze dove vuoi passare la sera del 31 dicembre se non hai prenotato? Già, esattamente così. Eppure la sera del 31 dicembre si può benissimo entrare in un ristorante-pizzeria non pretenzioso di Firenze e cenare alla sola condizione di lasciare libero il tavolo entro le 22. Poi arrivano quelli del cenone programmato da tempo, non certo all’ultimo minuto. E dopo cosa facciamo in attesa della mezzanotte? Ci siamo noi. Noi siamo a Firenze. Siamo in vacanza per pochi giorni in una città bellissima. Qualche cosa faremo, e in ogni caso ci siamo noi. Serve altro?

Buttare cose vecchie è tradizione durante la notte che si avvicina e bussa ormai alla porta. Ma io non butto quello che potrebbe servirmi, non butto quello che mi ricorda la mia vita con te, non butto quello che mi lega alla città dove sono nato, non butto quello che tu conservavi e che volevi non si rovinasse. Avrei buttato cose tue litigando con te magari ma adesso non più. Ora non mi va né di litigare con me stesso e neppure di approfittare del fatto che non potresti fermarmi. Lo so che non sono la mia vita gli oggetti, so che non sono la tua vita. Se lo fossero saremmo vivi entrambi, non solo io. Capirò che è il momento di farlo quando me lo dirai. Intanto, ogni giorno, sposto poche cose, sistemo un piccolo angolo, scopro strati geologici della mia vita passata e vedo cosa conservare nel museo immaginario e cosa no.

Incontro
Vede? Ho la mano sinistra bloccata completamente e nella destra posso muovere solo tre dita.
Non hanno riconosciuto subito la malattia rara che mi ha colpito. Pensavano ad altre cause. Il neurologo mi faceva fare controlli ogni tre mesi ma non aveva scoperto nulla. Solo quando l’ortopedico ha visto le analisi e mi ha visitato hanno capito, e mi hanno operato. Ma era già tardi. Due interventi inutili. Quattro nervi schiacciati. Forse ora la degenerazione si è interrotta, ma io non posso più fare da solo. Per fortuna mi aiuta mia moglie.
Lei ha perso l’uso di sette dita e parte della sua autonomia, io ho perso mia moglie…
Sa che prima ero impiegato nelle scorte a politici e magistrati, in Sicilia? Mi creda, io sono siciliano di origine, ma non ci dormivo la notte. Mi avevano individuato ed incendiato un motorino. Sapevano chi ero e cosa facevo. Avevo paura. Prima lavoravo anche come scorta valori, qui.
Sa che mi sembra di ricordarla, ora che ci penso…
È stata la tensione che mi ha fatto ammalare, e ora non posso più fare quello che facevo prima.
Ma può camminare, quella è ancora una fortuna, e non è solo.
Speriamo di non peggiorare. La saluto…

Ti vengo a trovare, appoggio la testa, ti chiedo il coraggio per continuare, fingo di essere forte ma a volte crollo e mi arrabbio per nulla. Trovo insensati i modi che molti usano per sopravvivere, perfetti solo per loro ma non per me. Giusto che chi trova salvezza e soluzioni ci si aggrappi, ma non si tenti di suggerirmi un metodo che non mi convince. E che non convinca te. Io mi aspetto un nuovo anno migliore di quello che sta per finire, mi illudo di aver già toccato il fondo e di poter solo risalire. Aspetto che tu mi dica come continuare a dialogare e non lasciarti andare via trovando anche un mio modo nuovo per vivere. In parte sta già avvenendo, lo sai, ma ancora non sono soddisfatto. Tu non ci sei come vorrei ed io non trovo quella parte di me che tu hai portato via con te. Malgrado questo sono forte, ancora, forse più di prima. 
Grazie, intanto, e buon anno nuovo.

    
                                                                                         Silvano C.©  
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sabato 30 dicembre 2017

Una donna di casa

Ho avuto una grande fortuna nella vita. Non sono mai stato capace di giocare al calcio. Questo ha innescato una serie di conseguenze che, quando iniziarono a manifestarsi, presi molto male. Poi iniziai a farmene una ragione e infine, più avanti negli anni, capii che ero stato graziato dalla sorte.
Prima mi ero costretto a diventare tifoso ai tempi di Sarti, Burgnich e Facchetti ma durò poco. Non era una vera passione ma un atteggiamento indotto.
Del resto avevo Iniziato a fumare per l’identico motivo, per emulazione e bisogno di stare nel gruppo. Anche in quel caso fortunatamente non riuscii mai ad imparare e accantonai l’idea tabagica in alcuni mesi.
Aggiungo che non provai in nessun momento attrazione per i motori come molti veri maschi ed ancora oggi vedo l’auto come un mezzo e non come un’estensione del mio io e che considero da sempre, per quanto posso ricordare, la differenza di orientamento sessuale come un fatto naturale e non da chiacchiere da bar.
Per molti aspetti ho ammirazione per la donna di casa, mi sento attratto dalla sua figura e non mi spiace averne sempre ricoperto almeno in parte il ruolo senza mai rifiutare i piccoli lavoretti che nella tradizione spettano invece al maschio di casa.
Ammetto che stirare, ad esempio, non è come passeggiare o andare ad uno spettacolo, ma anche questa incombenza ha una sua motivazione, una sua giustificazione.
Tu Viz mi hai lasciato in eredità molte cose belle ma, tra queste, non certamente la necessità di stirare. Quella non mi piace e lasciavo volentieri a te questo compito. Ho ancora camicie che hai stirato tu e che da tempo non indosso, come forse sai. Le conservo volutamente ed esattamente come le hai sistemate tu; mi fa piacere sentirti ancora presente, in qualche modo.

Forse il non apprezzare il calcio mi ha emancipato da alcune servitù ed abitudini, mi ha lasciato il tempo per altri interessi e mi ha tenuto lontano da inutili eccessi. Non sono mai diventato perfetto, mai ambito a tanto, solo molto suscettibile e permaloso e con tante manie e vizi. Ora sono io la donna di casa, a tutti gli effetti, ed anche l’uomo di casa. Racchiudo in me queste due diverse identità senza alcuna soddisfazione o gioia. Capiscimi. Non che rifiuti i vari compiti, solo che mi manchi. Affronterei con maggior entusiasmo le varie faccende se avessi di tanto in tanto le tue critiche o i tuoi commenti e se potessi cominciare a discutere con te sul come sia meglio appoggiare le posate sopra il mobiletto, come lasciare in ordine il bagno, come mettere la tazza in lavastoviglie e come impedire al filo del ferro da stiro di passare sulla biancheria appena stirata. Mi mancano le nostre discussioni. E sicuramente non ti darei ragione, anche quando ti spetterebbe. Questo sono ora, malgrado il mio scarso entusiasmo: una donna di casa. Non solo quello, ovviamente. Cammino molto, ore, a camminare ed a pensare.
E a cosa penso lo sai. Ciao, Viz.
    
                                                                                         Silvano C.©  
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venerdì 29 dicembre 2017

vuoto

Le scarpe da ginnastica di scarsa qualità sono vecchie e logore.  I piedi appoggiano sull’esterno della pianta e le suole di entrambe le scarpe sono consumate in modo irregolare. Il corpo è grosso, incurvato in avanti. L’uomo procede in modo poco sicuro sulla direzione da prendere e la cosa è evidente quando arriva ad un incrocio o ad un attraversamento pedonale. Sembra non avere una meta precisa ma solo bisogni che non sa bene come soddisfare.
Che cosa pensa? Dove va? Che bisogni ha che nessuno è disposto a soddisfare e neppure ad ascoltare quando vorrebbe esprimerli? Si muove ma è trasparente, simile all’aria che si riappropria dello spazio che ha appena lasciato.
Ha un viso che non ispira pietà, con tratti duri e da lottatore. Possiede forza fisica, è evidente, non ha bisogno di aiuti. Si può arrangiare da solo, ed è quello che tenta di fare.

Nella vita capitano a volte momenti nei quali difficoltà non annunciate ed improvvise piombano addosso. E succede anche che si attraversi una fase di mutamento fisiologico (cioè comune a tanti, non necessariamente bello o positivo) e che sia indispensabile superarlo per procedere avanti, sempre avanti, visto che tornare indietro non è possibile.
Nella vita capita di sfiorare il vuoto sino ad aver paura di potervi precipitare, ed allora serve darsi regole, abitudini e convenzioni da rispettare, adatte a sostituire una vicinanza che è sparita e non si può recuperare.
Nella vita succede che occorrano nuove regole, nuove abitudini e nuove convenzioni da rispettare, adatte al momento.  Se prima non sono mai state sperimentate personalmente, occorre dirlo, non significa che siano novità assolute. Altrove e ad altri tutto questo è già capitato miliardi di volte.


L’asfalto nero rende la strada adatta per gli pneumatici delle auto, viene steso sul terreno preparato e spianato, e soffoca la vita che vorrebbe prenderne il posto. Nuovo asfalto nero deve essere steso ancora, dopo pochi anni, se si vuole che la vita soffocata sotto non si riappropri del suo spazio rubato. Non può resistere a lungo un vuoto non occupato da qualcosa o qualcuno. Occorre una trasformazione che non è mai definibile prima che venga accettata. Occorre tempo, lo stesso che consuma e crea il bisogno in un ciclo senza fine.
    
                                                                                         Silvano C.©  
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giovedì 28 dicembre 2017

Dream

Tu non ci credevi, eppure...
Quel giorno, quando la dottoressa che ti aveva seguito per tanto tempo ti affidò alle cure palliative dicendoci che lei non poteva più far nulla, uscimmo sconvolti dal suo studio ma io ebbi un’idea, un’idea disperata.
Sentii che eravamo in emergenza e non che avevamo ricevuto una sentenza senza appello. Vivevamo la situazione più dura da affrontare dopo quella che sfiorò minacciosa nostro figlio, tanti anni prima, e che per fortuna superammo.
Telefonai al 118, all’Emergenza che tante volte avevamo presentato ai giovani nel suo funzionamento e nelle sue modalità di intervento, a quel numero dietro il quale, tra i tanti, si nascondeva quell’infermiere rianimatore simpatico ed alla mano che conoscevamo da tanto tempo.
Fu lui, stranamente, che mi rispose, anche se io credevo che al centralino ci fossero altri operatori. Gli spiegai la situazione e lui mi disse che avrebbe mandato subito l’elicottero. Mi diede appuntamento accanto alla pista sull’ospedale e mi spiegò come arrivarci. Facemmo appena in tempo ad arrivare che sentimmo il rumore forte dell’elicottero, lo vedemmo che arrivava da nord e che iniziava le manovre per atterrare.
Pochi minuti ancora e il pesante velivolo capace a volte di rendere reali i miracoli atterrò senza mai spegnere i motori. La pilota non abbandonò i comandi ma scesero l’infermiere che conoscevamo bene ed un medico. Ci aiutarono ad indossare un paio di caschi e ci fecero salire a bordo. Decollammo subito, verso il nostro destino di salvezza.
Io non avevo mai volato prima ma non provai paura. Sentivo come sempre ammirazione per quella potenza studiata e nata per operare in guerra e trasformata di un mezzo contro il dolore ed il male. Immaginavo, nella mia mente, portaerei lunghe 340 metri combattere contro la povertà, missili terra-aria abbattere l’egoismo, obici semoventi distruggere sacche di stupidità difficili altrimenti da stanare. L’elisoccorso con le sue donne ed i suoi uomini era arrivato ad aiutarci. Era quella la potenza che amavo.

Stamattina ho visto un elicottero del 118 Trentino Emergenza avvicinarsi all’ospedale di Rovereto. Non ho potuto trattenere alcune lacrime di ammirazione ed orgoglio per chi si trovava a bordo.

    

                                                                                         Silvano C.©  
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mercoledì 27 dicembre 2017

fretta di vivere

Avevo ed ho fretta anche se in alcuni momenti non ne avrei motivo alcuno. Ho visitato la Sicilia in 3 giorni (Trinacria, sic…). Vorrei ore di 79 minuti, giorni con 26 o 27 ore, anni più lunghi, e tanto tempo in più, magari per non far nulla. Il tempo lo spreco ma non mi basta mai. Anche nella noia del non far nulla di essenziale vi trovo un senso ed un piacere che non vorrei perdere. Ti ho costretta spesso a “correre” con me, a visitare città e spiagge, a trovare persone, a camminare dove capitava e comunque a viaggiare. Sembrava che fossi io ad aver fretta di vivere per paura di non aver più tempo a disposizione ed invece sei stata tu che l’hai finito prima. Senza di me però avresti visto di meno, ammettilo, devi ammetterlo se puoi, anche se ora forse puoi vedere ovunque, o forse invece tutto è finito, e per te l’aver visto o non visto cambia poco.

A volte immagino di venire a trovarti e di portarti a casa. Fantasie.

E il tempo ora lo avrei per vedere e fare, ma non mi interessa in questo periodo.
Sono entrato in una metropoli ignorandola, transitando solo per la sua stazione ed uscendone quasi subito. Nessuno mi avrebbe impedito di fare un breve giro in centro, ma non mi andava. Non c’eri tu a condividere le mie impressioni, quello che mi sarebbe passato davanti agli occhi. Di conseguenza in culo alla metropoli.
Mi ha colpito la varia umanità viaggiante suddivisa in classi sociali. Un tempo la differenza era meno evidente tra i viaggiatori. Ora i treni possono essere esclusivi e non mi piacciono. Eppure anche viaggiare tra i mortali più comuni non è male. Ne avevo paura dopo anni che non salgo su un treno ma mi sbagliavo, si può fare.

Non so dove mi porterà la mia fretta di vivere. Tanti anni fa cercavo te. Poi ti ho data per scontata, forse troppo. Ora non dovrei aver più fetta, eppure…

                                                                                         Silvano C.©  
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domenica 24 dicembre 2017

SdFI (sindrome della finestra illuminata)


Mi creda. La sua è una situazione molto comune e tutti l’abbiamo attraversata almeno in qualche momento della vita. In questi giorni di festa si riacutizza o può comparire come recidiva anche quando sembrava superata.
Di cosa si tratta dice?
Se non se ne è reso conto è la somatizzazione di un senso di inadeguatezza alla vita misto al vuoto che si ritiene di dover colmare, all’attesa di eventi risolutivi unita al timore che questi non arrivino mai ed all’errata convinzione che gli altri siano felici mentre noi non lo siamo.
Le è chiaro?
Esatto, l’errata convinzione che gli altri siano felici mentre noi non lo siamo è la sintesi della sindrome.
Come mai quel nome mi chiede?
Eppure lei per primo dovrebbe saperlo e potrebbe addirittura darmi una lezione ricca di esempi su questo tema.
Lei recentemente ha camminato da solo in una strada semideserta, la sera, con la notte ancora all’inizio… No, non mi interrompa, cerchi di capire il senso…Stava camminando dicevo, ed è passato sotto una finestra con le luci accese. Dalla strada in basso non poteva vedere bene all’interno ma ha intuito che nella stanza vi fossero diverse persone, ha pensato ad una festa, ha visto poi qualche addobbo per le festività ed ha immaginato parenti ed amici riuniti attorno ad un tavolo, a ridere e scherzare. Ha visto la felicità, o l’ha più semplicemente immaginata. Ha pensato che loro avevano quello che le mancava scordando che tutti noi esseri umani siamo portatori di dolore e nessuno ne è immune. Ed ha scordato la cosa più importante, credo, cioè che se rivuole la sua felicità deve rischiare per averla.
La SdFI è una costruzione artificiale che deve combattere, la lasci andare via e trattenga invece le persone. Anche quelle che pensa di aver perduto.




    
                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

#AUGURI#

Auguri a chi ne ha bisogno, li merita, e magari non è consapevole del motivo.
Auguri di felicità, che sia presente sempre in ogni giornata, almeno un poco.
Auguri a chi crede a chi non crede e ai tanti che hanno dubbi.
Auguri a te che mi pensi e di tanto in tanto o mi telefoni o ascolti le mie troppe parole da fiume in piena.
Auguri a prescindere, perché è giusto.
Auguri a te che non rivedrò tanto presto, perché le cose cambiano e forse ci siamo persi per sempre, ma non vorrei che le cose ti andassero male. Il bene e l’ottimismo sono contagiosi e ti auguro anche di avere il dono della salute.
Auguri a chi mi è lontano anni luce. Spero che qualche forza ci avvicini e ci aiuti a trovare un compromesso di buon senso e di giustizia.
Auguri a chi ora vive i suoi giorni più belli, che questi durino a lungo.
Auguri a te che mi hai lasciato poco più di un anno fa e che non posso lasciar andar via neppure se mi sparano. Continui a farmi regali ogni giorno che viene, e ancora, come allora, non li so apprezzare e vedere nella loro enorme bellezza. Auguri Viz.
    
                                                                                         Silvano C.©  
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sabato 23 dicembre 2017

indagare su una porta

Non penso di essere adatto a svolgere indagini di alcun tipo, seguo istinto e ispirazione del momento, bisogni profondi personali e, cosa gravissima, mi lascio coinvolgere e sono naturalmente partigiano. Quindi impossibile che io sia in grado di analizzare oggettivamente un tema che mi prende e che in qualche modo vorrei affrontare individuandone almeno i contorni in modo meno fumoso.
Da più di un anno la Morte mi sta attorno e non mi lascia mai libero di essere com’ero prima, non mi lascia andare, mi corteggia e mi manda messaggi, non mi spaventa ma non mi offre speranza per ciò che veramente desidero.
Mi ossessiona con i suoi dubbi mentre io, da lei, vorrei qualche risposta.
Sono incuriosito dalle porte di ingresso e di uscita della vita, in questo periodo specialmente da quella di uscita.
Potrebbe magari coincidere con quella d’entrata, ma non ne ho idea.
Questa porta mi ha separato da te, tu sei andata oltre la sua soglia ed io sono rimasto di qua. Lo hai fatto senza lasciarmi scorgere nulla dall’altra parte, assolutamente nulla, sei passata da sola, in un momento nel quale eri da sola nella stanza, ma anche se in quell’istante fossi stato lì vicino credo che non mi avrebbero (avrebbe? Non sono in grado di esprimermi più chiaramente) permesso di vedere nulla. Quella porta la dobbiamo attraversare, arrivato il nostro momento, da soli. Non so neppure se in realtà avevi già superato quel passaggio qualche ora prima, alcuni indizi me lo fanno sospettare, ma resto assolutamente ignorante di tutto questo.
Tanti anni fa razionalmente pensavo che io come uomo avevo una speranza di vita inferiore alla tua come donna, inoltre avevo pochi anni più di te, quindi sarebbe toccato a me passare per primo. 
Ci contavo. Volevo risparmiarmi tutto questo ed egoisticamente pensavo a me prima che a te. Non è andata così.
Ora mi dico che tu Viz hai avuto la tua dose di dolore ma anche di felicità, e anch’io non devo lamentarmi. Abbiamo avuto problemi e quasi sempre ritengo di essere stato io il colpevole diretto o indiretto. Ma questo credo di averlo capito ormai da tempo. Quello che vorrei capire è dove sei in questo momento. Se la Morte non giocasse come fa adesso con me mi risponderebbe direttamente lei, o lascerebbe il compito a qualcun altro col potere di farlo. 
Non è giusto abbandonarmi ad immaginare, ad inventare, a supporre o a sperare. Un tempo dicevo che se mi si voleva far capire un concetto bastava espormelo in modo esplicito. Lo penso anche ora.
Se Qualcuno vuol dirmi qualche cosa basta che si esprima in modo che io possa vedere dietro quella porta. Per ora resta una barriera impenetrabile e non possiedo strumenti di indagine adatti a superarla.  

                                                                                         Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

L’incidente mortale

Quello fu il suo primo ed ultimo incidente mortale, inaspettato come quasi tutti gli incidenti simili. Se avesse potuto riconoscere prima le spire del destino che iniziavano a concretizzarsi e convergevano in quel particolare punto fatale forse sarebbe bastato poco per scansarlo, anche solo accelerando o rallentando. Avrebbe evitato le conseguenze tragiche dell’impatto.

Quel mattino era uscito di casa pensando ad altro, ovviamente, preoccupato per un dolore al petto che da alcune ore gli era arrivato dal nulla. Aveva salutato moglie e figli prima di uscire e prendere l’auto perché aveva accettato di sostituire una collega sia per cortesia sia per arrotondare lo stipendio. I soldi non bastavano mai.

Claudia era credente, non mancava mai alla messa domenicale e ci teneva che anche i figli, almeno negli anni giovanili, seguissero le sue orme. In seguito, crescendo, sarebbero stati liberi di allontanarsi dalla Chiesa o di restarvi fedeli.
Lui era ateo, non credeva in nessuna vita futura, né in premi né in dannazioni eterne quindi avevano raggiunto quel compromesso che oltretutto rispettava la libertà personale di Andrea e di Lucia.

Se l’incidente al km 27,900 fosse capitato alla moglie tutto sarebbe stato diverso, ma lui, quando morì, fini completamente di esistere. Di quello era convinto e così avvenne.

Qualcuno dopo un incidente mortale acquista un’esperienza che gli permetterà di evitarne di simili in futuro. Altri lo rivedranno e lo accetteranno, perché fa parte della vita. Lui non ebbe alcuna occasione del genere. Visse i suoi 37 anni, 8 mesi, 5 giorni, 14 ore più una manciata di minuti e poi nulla.
    
                                                                                         Silvano C.©  
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venerdì 22 dicembre 2017

Ansia da calendario

Da molto tempo quando si avvicina la fine dell’anno mi assale un’irrazionale ansia di raccogliere calendari per il tempo che verrà come se, non avendone a sufficienza da sistemare in diverse postazioni sparse in casa, il tempo stesso dovesse sfuggirmi, non potessi prevederlo, organizzarmi, ricordarlo.
E così, ogni volta puntualmente a distanza di dodici mesi, ripercorro i luoghi dove ho trovato o avuto calendari l’anno precedente. Alcuni posti ovviamente li lascio ed altri nuovi li trovo, a volte casualmente. Sento il bisogno di rinnovare una tradizione ma anche di scoprire vie mai percorse, ed entrambe le esigenze sono forti e convivono.
Pure mio padre recuperava calendari, ma lo faceva in modo più rilassato come la maggior parte delle persone, e non ne avevamo mai troppi in giro in quel periodo.
Mi ritrovo in questo sogno di stabilità effimera che vorrei negare per tutto ciò che mi fa male e mantenere per il resto. Rinnovare senza tradire il ricordo.

Per spiegarmi devo dire che io a volte mangio troppo per affetto e nostalgia. In un passato recente sentivo il bisogno di recuperare la mia vita precedente a Ferrara, le amicizia di allora in parte mutate tanto da diventare irriconoscibili e difficili da vivere ora come vorrei, e questo bisogno lo concretizzavo comprando gastronomia ferrarese, o modenese, o sarda, o di altri luoghi della memoria e dell’amore presente e passato. Mangiavo per tenere vivo ciò che ero, e mi facevo male da solo, accumulando peso inutilmente.
Ci sono altre vie, lo so. Oltre e sopra alle cose ci sono le persone ben più importanti, che vanno frequentate anche quando si vorrebbe che fossero diverse. Io tuttavia dovrei essere diverso per molte di queste persone, non esattamente come sono ora. Dovrei ricordare com’ero e come non sono più e come non intendo più essere. Difficile spiegare e capire se non hai capito già, come direbbe Guccini.

Il calendario del 2017 per fortuna tra poco lo eliminerò fisicamente. Mi parla di un anno che vorrei scordare riportando il tempo indietro di quanto mi basterebbe. Illusioni, come già ho detto altrove.
Recentemente sto ripercorrendo sentieri antichi e tento anche timide esplorazioni su terreni sconosciuti. Mi lascio prendere da chi con sicurezza mi racconta di aver trovato la via per la salvezza ma solo se sin dall’inizio già non mi è evidente che quella strada non fa per me. Io cerco ma non mi accontento più di quello che non mi interessa.

La mia salvezza eri tu, lo sai, ma ora mi resti in modo incompleto. Per alcuni sei andata via per sempre, sparita in un non-luogo introvabile nello spazio e nel tempo, forse ed in parte solo in alcuni vecchi calendari che conservavi e che io non getterò mai (moriranno e perderanno interesse con la mia morte, immagino).
Per altri tu sei sempre qui e non andrai mai via. Per altri ancora tu mi aspetti, non mi è chiaro come e dove. Se sapessi la verità forse non starei a perdermi in questi pensieri.
La via religiosa la trovo inconcludente e senza una sola ragione in grado di convincermi. Rispetto le posizioni della mia tradizione culturale di formazione e capisco chi trova la propria illuminazione nel fiore del loto, ma sono vie artificiali, consolatorie, personali. Incontro chi si realizza annullandosi in viaggi attorno al mondo perché poi, quando la vita sarà finita, non avrà più tempo per farli. So di un’amica che recita in una compagnia dialettale e così ha trovato la sua perfezione. Un’altra mi ha invitato a visitare la sede di un gruppo che aiuta persone con problemi (per risolvere il suo problema, io penso, lei affronta quelli altrui). E nessuno di questi modi mi piace, mi offre un minimo di attendibilità.

Io cerco te, e non c’è modo alcuno di arrivare dove ti trovi se non convincendomi in parte in modo illusorio. Il metodo non è troppo dissimile tuttavia dai sistemi scelti dagli altri, che non mi soddisfano. Alla fine credo che troverò il sistema, non dispero di riuscirci. Potrei scoprire che per dialogare con te posso cucire, o camminare sino a stancarmi muscoli ed ossa, o perdermi in letture e ricerche, o aiutare come e chi dico io. Ma devo sentirlo dentro e devo avvertirlo come suggerito, accettato, condiviso e vissuto anche da te. Esatto, vissuto. 
In un calendario ideale scriverò i miei giorni con te che dovranno ancora venire e lo farò lasciando finalmente le ansie, le paure, accettando quello che ho avuto senza lamentarmi troppo.
Non so se bastano i calendari che ho raccolto sino ad oggi. Tu che dici?


Venditore - Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere - Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore - Sì signore.
Passeggere - Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. - Oh illustrissimo sì, certo.
Passeggere - Come quest’anno passato?
Venditore - Più, più assai.
Passeggere - Come quello di là?
Venditore - Più, più, illustrissimo.
Passeggere - Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore - Signor no, non mi piacerebbe.
….
[da Le Operette morali, Giacomo Leopardi]

   
                                                                                         Silvano C.©  
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