giovedì 29 dicembre 2016

quel giorno che tutte le feste porta via

non è l’epifania.
È un altro giorno. È il giorno nel quale tu hai deciso di portar via tutte le feste, che stavano per iniziare. Hai deciso di non partecipare più. Ed a quel punto pure a me non è rimasto molto da dire, o da festeggiare.
Ora mi confronto con tante idee incompiute, con i risultati raggiunti che non sono stati solo merito mio, con obiettivi che hanno perso motivazione, con un vuoto assoluto dai contorni ancora poco chiari, e con progetti fondamentali che restano vivi, uno in particolare, al quale avevi dedicato la tua vita, ed io la mia. Quel progetto è una persona, ed è il solo che ora valga la pena.
Ciò che verrà da adesso in poi lo affronterò come ho affrontato con te altre prove difficilissime. Tu non sei mai stata credente, e neppure io, quindi se resterai, per sempre, sarà dentro di me.

                                                                                                                  Silvano C.©  
               (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

sabato 24 dicembre 2016

tre

Per un tempo lunghissimo non sapevo, non capivo, ho commesso errori ed ho cercato, ho vissuto tanti momenti belli e tanti altri molto meno. Non sapevo se l’amicizia esistesse. Forse ci ho creduto, poi ho visto che lei si fa piegare dal tempo, dalla distanza, che forse quella che credevo tale non era vera amicizia. E ho iniziato a cercare oltre, in tanti modi, senza mai indovinare quello giusto, perché non c’è quello giusto. Ho dovuto prima pagare in solitudine, in umiliazione, con incomprensioni, e poi, finalmente, per caso, per destino, per scelta, sei arrivata tu.

Da subito ti ho colpita, e pesantemente. Senza volere ti ho tatto un occhio nero mettendo in ordine una coperta che nascondeva una pesante borraccia militare che ho fatto volare e poi ricadere su di te. Da allora tutto è cambiato, quasi senza che mi spiegassi il perché. Da quel momento ho iniziato a smettere di cercare, avevo trovato. E poi è trascorso tanto tempo, tutta una vita. Mi hai fatto doni che neppure pensavo possibili, li ho vissuti come naturali. Poi l’eterna insoddisfazione per ogni cosa poco a poco ha iniziato a tornare sempre controllata da te però, se non per alcuni miei aspetti segreti come il segreto di Pulcinella. Ho ceduto ad alcune tentazioni, da perfetto irresponsabile, ma mi hai perdonato. In un caso ho saputo capirlo io per primo, e fermarmi, dopo una parentesi abbastanza breve della quale ancora mi vergogno. Non sono mai stato un santo, e lo sapevi. Poi hai dovuto andare via. Non lo hai scelto. Non lo volevi. Se avessi capito prima (o se pure tu avessi capito prima) ora forse sarebbe diverso, ma chi poteva avere una visione tanto pessimistica da sapere l’imprevedibile, l’incredibile, l’improbabile, il caso rarissimo, capire che la sfortuna, anche, stava giocando il suo ruolo, o forse il destino scritto non si sa dove?

Ed ora mi hai lasciato una tua presenza invisibile, segni sparsi ovunque, ricordi, l’obbligo di continuare, e non solo per me. Dovrò essere in grado di accettare questa sfida, la solitudine, l’impossibilità di telefonarti quando sono lontano, e tanto altro. Ora inizia un terzo momento con una tua presenza in forma diversa. E nulla sarò mai più come prima, come pochi mesi fa, poche settimane fa. Se avessi la tua forza sarei un uomo migliore, ma sono solo me stesso, con troppi difetti, gelosie, meschinità e piccoli calcoli dei quali mi vergogno. Ecco, ora devo continuare, specialmente per lui.

                                                                                                 Silvano C.©  
                                 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

martedì 20 dicembre 2016

Ragionare per assurdo

Non credere sia un’assurdità ragionare per assurdo. In matematica è un metodo che so sfruttare per trovare soluzioni ad alcuni problemi che altrimenti, in mancanza d’altro, avrebbero bisogno dell’uso di equazioni o di metodi più complessi.

Ed ecco l’assurdità di un mio pensiero recente: andarsene per sempre restando per sempre. 
Sembra assurdo, è vero, ma non lo è.

                                                                                                            Silvano C.©  
                             (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

domenica 18 dicembre 2016

Dammi un minuto


Dammi un minuto.
Dammi un minuto solo.
Te l’ho chiesto, ma non mi hai risposto, non potevi più farlo.
Avrei voluto vedere il tuo sorriso, capace di affrontare l’indicibile, come io non avrei mai avuto il coraggio e la forza neppure di accettare, ancora per un solo minuto, uno solo, un ultimo regalo.
Non hai potuto farmelo, quel regalo. Avresti saputo concedermelo, se tu ne avessi avuto la possibilità. 
E hai mosso la mano, ti sei toccata la testa. 
Quello è stato il tuo modo, ciò che potevi ancora per dirmi qualche cosa, per rispondermi. 
Dopo mi hai fatto uno scherzo crudele, che però è giusto. Ne avevi il diritto. Ora resto qui, tu non ci sei.
Avevamo iniziato tanti anni fa, io sono stato peggiore di te, era facile riuscirci. Ora devi solo lasciarmi un po’ della tua forza, solo un po’.
Tutto il resto non è nelle mie mani. Ciao, Viz.

Ieri Vittoria mi ha lasciato per sempre, e la mia vita, da ieri, è cambiata per sempre.

                                                                                                                   Silvano C.©  
                                    (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

martedì 13 dicembre 2016

dire sempre no non paga sempre


L’opposizione sistemica e sistematica a volte è facile, anzi è sempre facile, per dirla tutta. Ci sono talmente tante cose che non vanno che lamentarsene, citando in modo dotto questo politico o quel poeta e pensatore magari, non può che attirare simpatia. Da giovane ne ho visti tanti così, più belli di me, più ricchi di me, più furbi di me, attorniati dalle ragazze che, a me, neppure mi vedevano (concedetemi questo linguaggio discutibile, a volte aiuta).

E ne vedo tanti pure ora, in tempi di rifiuto generalizzato, di critiche ad ogni scelta possibile, di stupidità sdoganata dal poter dir tutti la propria opinione quasi senza doverne essere responsabili. Alcuni poi offendono pure, dicono vere e proprie falsità o scelgono di rifiutare il potere in quanto tale o in quanto responsabilità e fatica di trovare soluzioni condivise.

Recentemente ho avuto a che fare con una situazione di negazione. Si rifiutava l’importanza di un particolare tema, si negava che potesse avere una certa rilevanza, e la motivazione principale sembrava esattamente che la documentazione su questo tema non fosse sufficientemente presente in rete, a disposizione di tutti, e facile da trovare.

Era vero, in parte. Non era facile trovare in rete quanto richiesto, ma non era vero che il tema non fosse importante, o almeno interessante. Dimostrarlo prima di tutto ha comportato lavoro, ore di ricerca in rete e nel mondo reale, quello dei libri e delle persone in carne ed ossa, degli edifici che crollano coi terremoti e del dolore che ci colpisce nel modo più atroce.

Quella è stata la prima mossa, necessaria, indispensabile. Di fronte ad una negazione prima occorre sempre capirla e trovare argomenti per negarla (Logicamente negare una negazione significa affermare). La seconda mossa è stata discutere. Affrontare di petto chi la pensava diversamente sembrava essere una buona opzione, ma ha iniziato presto a mostrare tutti i suoi limiti.

Ecco allora che si è rivelato molto utile il dialogo, e cercare di evitare lo scontro, riconoscendo anche a chi la pensava diversamente di avere una parte di ragione. A volte poi non serve neppure riconoscere le ragioni dell’altro ed è sufficiente tenerle in considerazione, dar loro dignità, pur non condividendole. Trasmettere l’idea insomma che chi la pensa diversamente può aiutare a chiarirsi, a cercare chiarezze, fonti, prove a sostegno.

A volte lo dimentico, ma non sempre. Esattamente come dire sempre no non paga sempre.

                                                                                                         Silvano C.©  
                      (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

venerdì 9 dicembre 2016

un giorno penserete che oggi stavamo bene





Se avremo la fortuna di vivere ancora molti anni verrà quel momento, quel giorno.

Ripensando ad oggi, forse rimuovendo, forse fantasticando, forse selezionando, penseremo che oggi, malgrado le delusioni, la situazione politica ed economica, le paure e le malattie nostre o di chi ci sta accanto, malgrado lo stesso buon senso che ci vorrebbe tutti pessimisti, oggi dicevo, lo vedremo come un giorno perfetto, e capiremo che oggi stavamo bene.

Vedo nel futuro? Non credo proprio. Io vedo solo nel passato, ed il presente lo vivo, difficile in modo inenarrabile, credimi. Ma sono certo che tra poco lo vedrò come un periodo nel quale stavo bene. 
E da dove diavolo mi viene questa assurda certezza? Dalla storia, dalla mia storia.

Io, ora, malgrado abbia vissuto periodi brutti, come tutti, esattamente (non mi sento una vittima del destino), pensando a molti anni fa mi vedo con occhi diversi. Non avevo quel dolore ancora, o quella malattia, o non avevo subito quella perdita, non avevo ancora fatto quella cosa assolutamente sbagliata, della quale mi vergogno, non avevo perduto molte delle vie che allora erano ancora aperte e percorribili.

Allora avevo più scelte davanti, perché ad ogni decisione presa alcune possibilità le perdevo. Ed oggi, se mi proietto in quei giorni, non posso che concludere che allora stavo bene. Ero più stupido, ma non me ne rendevo conto. Davo importanza a cose secondarie, e non sapevo che avevo già molto. Ecco, solo questo. Il resto lo viviamo, come ci arriva, e la nostra possibilità di manovra è esattamente quella di un grosso autoarticolato imbottigliato in un piccolo cortile condominiale. Noi siamo alla guida, seduti nella cabina, ed un bravo autista sa togliersi d’impaccio in ogni situazione, oppure può sempre chiedere l’aiuto di un altro più esperto ed abile.

                                                                                                                          Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

mercoledì 7 dicembre 2016

dopo

Informativa sulla privacy

Dopo ci sarà tempo per piangere, per i rimorsi, per ripensare alle mille cose non dette, non fatte, non intuite, scordate. Dopo, che arriverà, che è dietro l’angolo, ma dopo.
Ora è il tempo delle ultime volte, del vivere come se non ci fosse un domani, delle sfuriate senza un vero perché, o meglio, con un perché depistato. È il tempo del sorriso e della battuta idiota, del fingere, del dire e non dire.
Prima era diverso, prima c’era un dopo. Era primavera, era l’attesa di veder realizzati progetti. Ed ora i progetti sfumano. Se vedranno la luce avranno meno valore. In caso contrario importeranno meno.

Dopo non so come sarà. È difficile immaginarlo. Il dopo arriva sempre, per chiunque di noi, ma quando è annunciato, spiegato, atteso, tutto cambia. Attendere il dopo modifica ogni prospettiva. Trasforma anche le discussioni in diversivi. Toglie importanza a molto dell’oggi. Ma oggi ancora è qui, è presente, ed oggi va vissuto, al presente, come un animale senza un disegno, come un bambino che neppure immagina la sua vita tra una settimana.

Dopo sarà quel che sarà.

                                                                                                     Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

sabato 3 dicembre 2016

ma perché fotografare?

Informativa sulla privacy

A volte me lo chiedo, io che ho sempre fotografato da quando conquistai la prima fotocamera con i punti premio accumulati con non so più quale prodotto, forse un detersivo, forse un formaggio. Non lo ricordo.
Sono passato dalle scatolette economiche a fuoco fisso, senza scelta di tempi e di apertura del diaframma, nel corso degli anni, ad una reflex, una vera fotocamera non professionale ma di buona marca, corredata da filtri, grandangolo, teleobiettivo, cavalletto e scatto flessibile. E in seguito ho sviluppato le mie foto in bianco e nero, usando ingranditore e vaschette, carta sensibile e reagenti; ora mi sembra un secolo fa.

Pure io ho dovuto cedere alle digitali, poi. Ieri ho incontrato una fotografa, che aveva un negozio dove mi recavo per far sviluppare le mie foto quando un rullino era finito. Il suo negozio ormai è chiuso da anni. Al suo posto ora vendono biancheria, mi pare. E lei attende il tempo della pensione senza essere riuscita a riciclarsi, come in tanti, espulsi dal mercato senza colpa, o forse incapaci di annusare l’aria del mutamento. Qui non vorrei aprire un tema diverso, perché non era quello che avevo in testa all’inizio, ma una cosa devo dirla. Non tutti possono riciclarsi. Non tutti lo possono fare alle stesse condizioni di prima. L’evoluzione economica che tanti sbandierano come opportunità è solo uno specchietto per gonzi. La maggioranza è destinata ad essere carne da macello per i pochi che ottengono il successo, o anche solo un posto più che dignitoso. È il sistema economico che lo vuole, e che nessuna politica, in nessun paese o quasi, sembra disposta o capace di cambiare. Ogni paese fonda la sua ricchezza, più o meno diffusa, sullo sfruttamento di altri paesi o sulla negazione della parte meno fortunata della sua società, magari gli invisibili, quelli che si vorrebbe fingere che non esistano.

Ma chiudo la parentesi, e mi chiedo di nuovo: ma perché fotografare? Sto rivedendo i miei momenti passati, felici, e persone che ora non ci sono più, e mi intristisco. Vedo il mio invecchiare, vedo persone che amo che mutano, e non lo accetto. Non accetto neppure il mio compleanno, tra un po’. Perché dovrei festeggiarlo? Se fotografo fisso per sempre un’immagine che, tra qualche anno, mi procurerà dolore. Io le persone le voglio ricordare come decido io, non come me le mostra una fotografia. Le voglio nella mia mente, per sempre. Non le voglio confrontare con la loro immagine. Non è giusto. Noi non siamo nati per fotografare, ma per guardare con gli occhi, per annusare col naso, per toccare con le dita, per leccare con la lingua ed assaggiare il sapore, per ascoltare con le orecchie, per tremare di paura o di emozione vivendo le situazioni, per desiderare quello che non abbiamo, per difendere quello che ci importa più del resto, e le persone che ci interessano. Non siamo nati per fotografare ed affidare ad immagini statiche, immobili, innaturali, ciò che siamo nella vita. E neppure per filmare, cosa assolutamente deleteria. Un monumento si può fotografare, un quadro, un paesaggio, mai una persona.

                                                                                                                          Silvano C.©  
 (La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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