giovedì 21 gennaio 2016

L’amore non avverte quando arriva, ma nemmeno quando se ne va

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“L’amore non avverte quando arriva, ma nemmeno quando se ne va” dice Elena Bibolotti nel suo ultimo libro (Pioggia dorata), ma lo scrive nella conclusione di un racconto, quasi a far capire che il titolo scelto è depistante. Il sottotitolo aggiusta meglio la questione, e parla di sei storie amare. L’amaro non è inteso nel senso letterale, quanto piuttosto nella percezione del dolore ancor prima che questo si manifesti. Il libro ha come tema il sesso, eppure no.
Non mancano certamente le pagine di sesso e le descrizioni che fanno riferimento al pissing, con piccole deviazioni su sadomaso ed esibizionismo, eppure i sei racconti si fondono, e se ne ricava un quadro unico, con personaggi che si scambiano i ruoli, che dominano e si fanno dominare e non sempre è chiaro chi è il più forte. Risulta sicuramente rappresentativo di ogni altra e diversa pratica erotica, anche perché si legge pure: “Che tutto ciò che conta è superare il limite tenendoci per mano, ascoltandoci con la massima attenzione”. Può piacere o non piacere, il pissing, eppure il denominatore comune del libro non è la pratica, bensì l’invito ad osare, per amore, a spingersi oltre, verso qualunque direzione, a condizione che non si proceda da soli e che sia una scelta condivisa.
Le debolezze sono apparenti, la forza non è mai stabile o senza un prezzo da pagare. Chi è forte arriva alla sconfitta, ma a volte sorride di questa sconfitta, che forse cercava da tanto tempo.
E chi è insicuro e vuole dominare? Celare i momenti di tenerezza si può rivelare un errore irreparabile.
Tutto questo riconcilia col senso dell’inadeguatezza che ci sovrasta, ci fa sentire meno soli, e smonta, prima ancora che si possano creare, eroi senza paura e che non sbagliano mai.

Ad un certo punto Elena Bibolotti scrive: “A chi chiederli indietro quegli anni se li avessi impiegati male?” Ognuno si risponda pure, se desidera farlo, se ha vissuto abbastanza, se già rischia di appartenere alla schiera di alcuni vecchi: “Increduli, i vecchi rifiutano l’idea di essere stati presi per il culo tutta la vita e decidono di crederci ancora. Lì, davanti alla tivvù”.
Alla fine, da quello che rimane, sembra di capire che l’ingenuità sia un peccato, una colpa, ma non c’è alcuna accusa, semplicemente un invito a ripensarla. Quanto di noi dovremmo rimettere in discussione, se siamo ancora in tempo, o dobbiamo invece accettare lucidamente, senza illusioni ma anche con un po’ di comprensione per la nostra debolezza?



                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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