domenica 31 gennaio 2016

Tutto può l’amore


Tutto può l’amore, tranne i miracoli, esaudire i sogni impossibili, o cambiare ciò che è già scritto (dove esattamente non saprei, è un modo di dire fatalista). Che ciò sia un bene od un male non è dato sapere, come non è detto che salvare un uomo che annega sia utile ai fini di ciò che avverrà nel futuro che non conosciamo ancora. Salvare un assassino che poi ucciderà molte persone non è positivo, ma quando si vede qualcuno che annega, e si può tentare di salvarlo, avendone la possibilità, come si può non farlo?
Gli universi paralleli sono una bellissima utopia fantascientifica, e le vite che potrebbero seguire una via oppure l’altra, ammessa tale eventualità, sono pur sempre vite diverse. La mia vita insomma (o la tua) potrebbe anche prendere migliaia, milioni di vie alternative. Ogni mia decisione, oppure ogni avvenimento che mi tocca risultare un innesco di futuri diversi. Resta tuttavia il fatto che ognuno di questi diversi futuri contemporanei, se esistono, sarebbero slegati, non intercambiabili. Nell’ipotesi che in una delle ipotetiche mie vite io fossi già morto dieci anni fa, ad esempio, quel mio io sarebbe morto e basta, e neppure se ne renderebbe conto. Del resto è certamente così; una simile, anzi, milioni di eventualità simili esistono già, se si accetta l’assunto dei modi paralleli. La cosa appare discutibile, comunque la si voglia vedere, ma mi fermo nel riflettere su questo aspetto, è pura fantascienza.

Qui ed ora è ciò che abbiamo, e di questo fa parte tutto il nostro mondo, ogni persona che è in contatto con noi, e pure il nostro passato, inteso come storia non come uno dei passati possibili dei quali dicevo prima. Tutto può l’amore, quindi, ma con alcuni limiti, perché in ogni caso alla fine occorre piegarsi e perdere. Le prove evidenti le ho avute, ed ho iniziato a riconoscerle. Credo sia questo che rende i giovani tanto pronti a credere o ad illudersi, a seguire raccontastorie e imbonitori moderni. Ed è sempre questo che invita tanti vecchi a rivedere un’intera filosofia di vita per cedere all’indefinibile.

Nei momenti di passaggio, o quando questi sembra che si stiano avvicinando, si è più vulnerabili ed instabili. Si vedono nuove prospettive, o si accettano condizioni prima neppure prese in considerazione. Del resto esiste un solo modo sicuro e garantito per non avere problemi: non vivere. Avere una vita lunga è felice è un augurio che mi sento di fare a tutti. Avere semplicemente una vita lunga no, la lunghezza può essere una fatica, una sofferenza, un peso difficile da portare avanti, e non è necessariamente un regalo, per nessuno.

Per qualcuno la vita è un dono. Inatteso, inaspettato, non richiesto né voluto, ma sempre un dono. Magari è così, non sono in grado di smentire l’affermazione, mi mancano troppe variabili per esprimere un parere fondato. Forse non avrò mai tutte le variabili a disposizione, e resterà uno dei tanti misteri insoluti, almeno per me.

Tutto può l’amore
Accettare la sua assenza
Le contraddizioni e le negazioni
Rifiutare l’evidente
Preparare ciò che deve
Smussare ostacoli
Travolgere ostacoli
Essere frainteso
Sparire e ritornare
Sacrificare
Scordare il dolore
Rimuovere e rinsaldare
Assumere forme impreviste
Tentare miracoli ed impossibile
Cambiare il destino
Far restare umani
Con i limiti e le paure
che non vanno via
Tutto può l’amore


                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

giovedì 28 gennaio 2016

una giornata come tante




Il giorno prima Jan Groloh dimentica la scadenza di un premio assicurativo e, come se non bastasse, anche il fine mese incombente, con una rata condominiale ad esso legata. Ha la testa persa, i problemi non mancano mai, ma cerca di dormire la notte che segue e finalmente, di buon’ora, si sveglia sapendo che prima dell’appuntamento dal dentista, fissato da tempo, potrebbe recarsi alla sede della sua assicurazione e poi alla filiale bancaria.
Si prepara senza perdere tempo: colazione in fretta, doccia, controllo documenti e denaro, e finalmente esce di casa. Appena chiuso l’uscio realizza di non aver preso le chiavi dell’auto. Poco male. Riapre, le prende dal ripiano dello stipetto e richiude la porta.
Quando ormai è quasi arrivato agli uffici dell’assicurazione, si rende conto che ha scordato di farsi la barba. Ma come? Ma se pensavo di averla… Peccato… troverò una scusa. Per fortuna però non c’è traffico, e anche nell’ufficio dove a volte trova varie persone in attesa ora non c’è nessuno. Saluta un’impiegata che conosce da tempo, e che da un po’ non vedeva, ed in pochi minuti l’operazione è ultimata. Perfetto. Ora Jan può andare alla banca. Anche lì di solito code a non finire, è per quello che è uscito prima del solito.
Appena entra però, dopo aver trovato il parcheggio molto facilmente, una bella sorpresa. Delle due casse una è libera, e si accomoda, dopo aver atteso l’invito dell’impiegata, una che non ha mai visto, dall’aria simpatica. Si siede, visto che in quella filiale funziona così, prende le sue carte e in meno di cinque minuti ha effettuato l’operazione e pure un prelievo. Ottimo. Guarda l’orologio. È prestissimo. Malgrado la sua testa sia piena di paure e problemi non sa trattenere le parole che escono, dotate di vita propria:
-        Incredibile, sono uscito presto per avere il tempo di far tutto prima di un appuntamento alle dieci, ed ora è prestissimo, mi sono sbrigato troppo in fretta. Ci starebbe quasi un incontro sentimentale, ma lei vedo che è impegnata, e la devo salutare.
Lei, un po’ stupita, fa un sorriso di cortesia, e chissà cosa pensa di quel vecchio con la barba non fatta che fa pure lo spiritoso.
Lui intanto esce e, guardando l’orologio, si rende conto che ha effettivamente molto tempo davanti, e decide di fare una sosta al supermercato, che è di strada. Così si eviterà di uscire il pomeriggio, non tutto il tempo che rimane viene per nuocere.
Anche quella sosta imprevista gli porta via meno di quindici minuti, ed è costretto a rimettersi in viaggio per arrivare allo studio associato Bekker, quello del suo dentista. Trova uno stallo libero praticamente davanti alla porta dell’ingresso, e manca ancora mezz’ora all’appuntamento. Sono le nove e trenta. Non ha senso entrare con tanto anticipo. Si concede due passi, scatta qualche foto nel piccolo centro con un'antica storia e con un presente difficile e di abbandono, poi, circa un quarto d’ora accademico prima del dovuto, suona il campanello. La saletta d'attesa è vuota, e vi rimarrà più del previsto perché Kerk prolunga un po’ l’intervento precedente al suo.
Ora Jan si sente libero di pensare di poter tentare di piegare le cose, o di accettarle, a seconda dei casi, e poi rivede l’impiegata della banca, anche se non saprebbe assolutamente descriverla. Non ricorda il colore degli occhi e neppure dei capelli, ma gli è rimasta l’impressione di una ragazza simpatica. E se non fossi sposato, se avessi molti anni di meno, se mi fossi fatto la barba, se lei non avesse impegni sentimentali… e se io non fossi tanto stupido…?

                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

mercoledì 27 gennaio 2016

stupido uomo, stupida donna

Informativa sulla privacy

È vero, mica mi difendo o difendo la categoria (o meglio, il genere). 
È vero che un uomo corre dietro alle gonne, a tutte le gonne (e se ora vanno di più i pantaloni, van bene pure quelli) almeno con l’occhio, o con la fantasia. 
È vero a che a volte si masturba pensando a donne che neppure conosce. 
È vero che matura con ritardo e con difficoltà. 
È vero che è impregnato di luoghi comuni comodi per sostenere una discussione al bar sulle donne tutte facili, o puttane, oppure cessi, oppure con una grande voglia di xxxxx. 
È vero che ha poche cose in mente, in genere, ed è dotato di ben ridotte varietà di giudizi. 
È vero che da giovane è sfigato, da maturo è pieno di difetti e da vecchio sbava sempre e solo per una certa cosa, ma ormai è solo patetico. 
È vero quasi tutto quello che molti uomini e molte donne pensano, in negativo, dei maschi. Ora però vengo al punto essenziale: anche se è quasi tutto vero, non mi piace se a dirlo è una donna. Anche quando la donna ha ragione, se semplicemente si parla e non si tratta di una doverosa denuncia per qualche violenza subita o per altri fatti gravi, a livello logico non capisco.

Molte cose dette dagli uomini sulle donne sono luoghi comuni spesso stupidi, quando non montati ad arte per celare le carenze maschili. Allo stesso modo alcune affermazioni delle donne sugli uomini lasciano il tempo che trovano e diventano, fatte le opportune variazioni, discorsi superficiali da bar al femminile.

Lottare o sostenere diritti ha un senso, ha dignità. Sminuire sul piano personale, puntare sulle debolezze, sui limiti, dimenticando la complessità è sbagliato, rischia di essere controproducente
Io, italiano, sono nel pieno diritto di parlar male degli italiani. Se tu sei tedesco (o di qualsiasi altra nazionalità) no. Puoi dire cose oggettive, non esprimere pareri personali discutibili. 
Se tu sei una postina, puoi parlar male dei postini, io che non lo sono devo tacere, oppure prima devo informarmi molto bene, non generalizzare ed esprimere solo dati di fatto. Lo stesso io sulle donne, oppure tu, donna, sugli uomini.
Il resto lascia il tempo che trova, va bene per qualche battuta, ma alla lunga annoia, e fa soltanto allontanare.

                                                                                                        Silvano C.©   

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La borsa per il viaggio

Informativa sulla privacy

Prima la borsa. Sempre quella, in plastica imitazione pelle, in due tonalità di marrone, simile ad una borsa per il tennis, con tanto di due scomparti ai due estremi, i manici leggermente consumati e con la cerniera che potrebbe cedere all’improvviso? Sì, per ora va bene quella, ancora. Alcune cose dentro ci stanno sempre, pronte, in attesa, non si sa mai quando bisogna partire.
Già, nessuno è in grado di dire quando bisogna partire, ed è quello il motivo che mi rende tanto ostico ed innaturale programmare, prenotare, stabilire una scadenza, fissare una data. Poi ovviamente cedo, ed ho ceduto già tante volte, in passato. Un tempo, devo dire, questo tipo di previsione di quanto avrei fatto lo vivevo in modo diverso, con più serenità. Prenotavo persino per me e diversi altri in vari teatri per ogni genere di spettacolo ci potesse interessare: prosa, balletto, concerto o recital, e poi facevo l’abbonamento, oppure decidevo la data per un traghetto. Altri tempi. Ora mantengo meno impegni fissi, ma il viaggio rimane, anche se breve, e a volte lo decido il giorno prima, se non è addirittura un’emergenza. E poi che tipo di viaggio sarà?

E nella borsa cosa? Già. Un piccolo sacchetto con un paio di ricambi di biancheria, soldi in una tasca, un astuccio con penna, matita, piccole cose utili come un coltellino. Gli immancabili occhiali, anzi, meglio due paia. E un paio di libri, mai letti, diversi come genere e dimensione fisica, per coprire un po’ le possibilità variabili del mio umore. Un’agenda, le chiavi, uno spazzolino, e se serve, una piccola busta con gli oggetti da bagno. Un asciugamano, e poi spazio vuoto, da riempire di corsa, se serve, con le cose di stagione. Ogni stagione della vita prevede viaggi, verso luoghi più o meno noti, a volte del tutto sconosciuti, a volte neppure luoghi.

Non è la meta, forse neppure il viaggio, ma l’idea del viaggio, prima di ogni cosa, a tenere la mente occupata. La meta rimane nello sfondo, è il punto previsto o prevedibile di arrivo, la preparazione è ora, in parte già iniziata ed in attesa di un via, ed in mezzo il viaggio. E durante il viaggio la borsa, per lo più, è un semplice involucro con piccole cose, un bagaglio da appoggiare o da mettere con cura per far sì che mi segua. La borsa è una sorta di sicurezza materiale di soddisfare ipotetici bisogni. Alcuni viaggiano con quasi nulla, magari con una carta di credito e basta, altri senza neppure quella. Il cellulare, poi, quello per essere raggiungibile, per poter chiamare, ma solo per quello, e magari, per quello, pure un ricambio, al seguito, spento, ma pronto ad intervenire al bisogno. Il cellulare però non fa parte strettamente del viaggio, è una presenza costante quando esco di casa, non rende l’atmosfera.

Il viaggio è quello che prevede saluti, una certa ansia o desiderio di arrivare, non sono due passi attorno a casa, e neppure per una commissione. Il viaggio, e la borsa che lo segue, se è possibile, sono altro.

                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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