giovedì 10 dicembre 2015

Apri la porta




Essere diffidenti è una scelta indotta, mai libera. Non si nasce diffidenti, tutt’al più all’inizio si è egocentrici, autoriflessi, refrattari all’altro solo perché esula ancora dalla nostra esperienza. Gli anni poi di solito pensano a raddrizzare le tendenze innate ed impresse nella memoria degli antenati, e modificano il bambino che ancora non si era aperto al mondo trasformandolo in adolescente ed in adulto, passo dopo passo.

Negli anni della formazione, che iniziano in famiglia ma si concludono fuori da questa, tutto si realizza e si compie, mettendo al loro posto i tasselli, all’inizio ancora senza contorni precisi. La variabilità e le possibilità sono enormi. Un sì o un no possono veramente scatenare un tifone a migliaia di chilometri di distanza, ed un atto di amicizia, o un attacco gratuito e cattivo, seminare, in attesa che cresca, il futuro ottimista o l’ennesimo stronzo intrattabile e cinico.

Diventiamo tutti maggiorenni e responsabili, prima o dopo, ma quella sorta di imprinting (il termine è improprio) resterà, anche se dissimulato, come base del nostro comportamento. Ad esempio, per restare ad un campo limitato ma essenziale nella nostra vita, il nostro equilibrio sessuale viene stabilito da episodi che spesso rimuoviamo, ma che ci fanno poi unici nelle sensazioni e nelle emozioni che andremo a cercare. Unici ma codificati, perché unici in modo assoluto non potremo mai essere per qualche aspetto specifico. Ad esempio il sadico, il masochista, l’esibizionista ed il guardone, il feticista, il consumatore compulsivo di corpi e di diverse umanità nascono nello sguardo di una bambina o di un bambino, da emozioni antiche, nella sua curiosità accettata o bloccata.

La stessa fiducia (o la sfiducia) per gli altri nasce in anni giovanili, e poi si affina, si mimetizza, si rende palese o si nasconde, si maschera e tenta di sembrare altro. È ammirevole quello che alcuni sanno realizzare, cioè capire l’animo profondo di chi sta loro di fronte, ma nulla mi distoglie dal pensare che il grande potere che hanno queste persone, questa dote naturale non diffusa a tutti, sia in realtà capacità di manipolazione, che a volte usano a loro vantaggio. A questa considerazione mi spingono due ragionamenti lontani tra loro. Il primo è di tipo scientifico legato alle modalità dell’osservazione fisica. Il principio di Heisenberg, l’influenza che la tecnica usata ha sui risultati attesi e l’impossibilità di essere assolutamente neutri quando si ricerca sono argomenti che giudico sufficienti, per spiegarmi. Ma voglio ugualmente aggiungere un esempio. Anni fa ho avuto occasione di assistere al lavoro di un fotografo dotato di Hasselblad che stava immortalando un insetto. Quello se ne stava su una foglia, all’apparenza tranquillo, disturbato forse solo dalla luce artificiale. Quando il fotografo ha fatto scattare l’otturatore il kla-klank credo l’abbia terrorizzato, e non ha continuato la sua normale attività.
Al secondo ragionamento mi spinge il pessimismo. Se una cosa si può fare in modo disonesto, qualcuno certamente la farà in quel modo, e ne approfitterà a danno altrui. Gli esempi di politici che scordano di essere solo rappresentanti e servi degli altri si sprecano, e non li faccio. Mi limito a confermare però che ho visto comportamenti al limite del plagio e altri, sicuramente più diffusi, di chi ha approfittato semplicemente della buona fede e della disponibilità.

Adesso la domanda è: la apri quella porta?

                                                                                                        Silvano C.©   

(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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