domenica 4 ottobre 2015

Etica della copia





Con l’avvento della stampa a caratteri mobili di Gutenberg e la fine del lavoro (durato secoli) degli amanuensi alcuni sicuramente pensarono fosse scandaloso che un testo si potesse trovare riprodotto quasi senza che la manualità umana vi lasciasse il segno della sua imperfezione, a prova dell'originalità ed unicità di ogni singolo libro.

Il vantaggio portato dal metodo però vinse le resistenze, e così un nuovo modo di diffondere la cultura iniziò, poco a poco, a modificare abitudini stratificate.
Oggi, su un piano diverso, avviene un processo analogo legato agli oggetti. 
È da moltissimo che si produce in serie ogni genere di cosa, e non servono esempi per spiegarlo. Pure l’arte viene riprodotta così, a volte con pezzi numerati e firmati, altre senza neppure questo apporto minimo dell’autore.

Però toccare con mano una nobile tavola di legno massello scolpita con fregi geometrici, motivi floreali o altri soggetti e sapere che non è stata la sgorbia mossa dalla mano dell’artigiano o dello scultore ma uno strumento meccanico controllato da un cervello elettronico fa un certo effetto.

Praticamente ora io potrei avere il mio busto in legno, o in marmo, dopo essermi fatto scannerizzare, e sarei libero di farlo riprodurre in moltissime copie. Al solo pensiero non so se ridere o piangere, ma è perfettamente fattibile; è solo un problema di risorse economiche e volontà.

Le stampanti 3D producono per addizione, partendo da un modello da copiare, e possono usare ogni tipo di materia plasmabile a solidificazione veloce, come resine e plastiche particolari, cemento e pure metalli, se predisposte per quelli. Allo stesso modo si può procedere per sottrazione, cioè partendo da un blocco di marmo o da un tronco di legno, soltanto usando non una stampante ma una macchina che scolpisce.

Il risultato finale è una porta o una testiera del letto che in tutto è simile a quella prodotta da un artigiano del legno, ma non è la stessa cosa. È una copia perfetta, ma non è originale. È la perfetta imitazione dell’originale, ottenuta da un tecnico che magari di legno non capisce quasi nulla, e non distingue un’essenza da un’altra.

Tutti potremo avere in casa la copia di una sedia o di un tavolo del settecento, se ne avremo desiderio e se vorremo imitare chi si può permettere i pezzi originali.
Io però, a questo punto, confesso che preferisco un mobile anonimo, non pretenzioso, solido e funzionale. Magari pure messo assieme da me, in legno di larice, oppure in nobilitato, se mi trovo meglio con quello.

Passeggiando e osservano le vetrine mi chiedo quanto manca ancora prima che trovi, a guardarmi dall’alto in basso, non un manichino anonimo qualsiasi, ma lei, la divina, la donna dei miei sogni, che mi farebbe arrossire se mi guardasse così. Fosse pure in copia.

                                                                                                        Silvano C.©   


(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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