mercoledì 2 settembre 2015

Profughi. Fuga dal suicidio





L’associazione tra i due vocaboli non è casuale, se mi segui per un po’ nel discorso. Ma vale ora, solo per ora. Il tema è di attualità, e quanto penso adesso tra pochi giorni già potrebbe essere superato dai fatti o da nuove riflessioni o punti di vista.

Quando fuggire da un luogo (e quindi diventare profughi altrove) è dettato dalla disperazione e dalla quasi certezza che rimanendo si verrebbe uccisi, soggetti a violenze o ricacciati indietro di secoli, significa evitare il suicidio. E lo stesso vale se la morte che aspetta nel luogo natale è dovuta alla fame, non alle armi o all’oscurantismo. Propriamente non è suicidio, leggendo le definizioni di un qualsiasi dizionario, ma nella pratica dei fatti sì.

Un’altra forma di suicidio, stavolta dell’Europa, si ha quando i Paesi che dovrebbero avere politiche comuni si dividono, ognuno pensando al proprio vantaggio particolare e non alla volontà di integrazione. Recentemente queste divisioni appaiono evidenti sia per quanto riguarda la politica economica e monetaria sia nella visione diversa sui profughi (che sono chiamati nei modi più diversi: migranti, clandestini, abusivi, invasori, chiedenti asilo, extracomunitari e così via, con termini che in qualche caso già suggeriscono come si intende trattare queste persone).
Ci stiamo suicidando come europei perché l’accoglienza è parte dell’idea alla base della democrazia dell’Unione, pur se mai formalizzata, e l’apertura delle frontiere interne uno dei suoi capisaldi teorici e pratici.
Dove stanno le cause della situazione di oggi? A monte, come sempre o quasi. Prima di tutto in una mancanza di chiarezza di fondo e di vincoli più stretti per tutti i membri (Ognuno ha voluto salvare la propria autonomia nazionale, rendendo oggettivamente l’Unione più debole). Subito dopo si è permessa una diversificazione nelle singole posizioni non avendo un governo europeo in grado di decidere per tutti, e questo riguarda anche Paesi tra i primi ad entrare nell’unione. Quindi, proseguendo nel ragionamento, si è allargata troppo l’Unione prima di aver reso più ferree le regole per l’adesione e di aver imposto una base minima comune ben più precisa e vincolante di quella attuale. Ormai siamo in troppi, ed alcuni danno l’impressione di essere entrati solo per dire che vogliono uscire. Si alzano muri o si pensa a barriere. Elencare questi ultimi casi è inutile. Basta seguire un notiziario e si trovano tutti. Se non si supera il nodo di come accogliere i profughi ci suicidiamo, come europei. La conseguenza, è evidente, è che rischiamo di essere sommersi da una marea umana ingestibile. Ed errori ed egoismi ne commettiamo tutti, senza bisogno di trovare responsabilità solo negli altri.

Per restare alla sola Italia, noi siamo divisi, e questo non è mai un buon modo per affrontare un problema. Poi puntiamo sull’emergenza, sulla pietà e sul volontariato, come se non volessimo capire che è un esodo inarrestabile in tempi brevi (ed in assenza di interventi internazionali, anche con forze armate di pace dove è necessario), e che è iniziato già da vari anni, quindi non è una novità.
Puntiamo su soluzione suicide, anche per la nostra coesistenza civile, quando:
·       Concentriamo migliaia di profughi in una sola struttura, ingestibile, incontrollabile, e nella quale i violenti e i delinquenti prendono il sopravvento invece di essere isolati e resi inoffensivi.
·       Mandiamo in piccole comunità di un centinaio di abitanti un numero quasi pari di profughi, distruggendo la vita, già difficile per la crisi, di quei nostri connazionali.
·       Pensiamo sempre in termini di emergenza e proponiamo di utilizzare per l’accoglienza anche alberghi e campeggi. Queste però sono strutture sono destinate al turismo, alla nostra attività economica ormai principale, dopo la crisi delle grandi industrie. E in tal modo perdiamo pure il turismo, che già sconta problemi di visione strategica e di investimenti.
·       Permettiamo ai profughi nostri ospiti di vivere qui, in alcuni casi, senza darci nulla in cambio, restituendo l’impressione di mantenerli in vacanza, non in fuga da guerre e fame. In questo modo hanno presa facile gli slogan razzisti e xenofobi, che volutamente ignorano quanto gli extracomunitari aiutino la nostra economia col loro lavoro, e come suppliscano al drammatico calo demografico italiano. Ignorano pure che molti sono sfruttati, pagati una miseria, impiegati nel lavoro nero e vittime delle condizioni inumane alle quali sono sottoposti.

Soluzioni facili? Nessuna. Soluzioni possibili, o da tentare? Alcune:
·       Integrazione nel tessuto sociale, ma solo se il numero di profughi non supera un certo numero, rapportato alle possibilità reali del posto.
·       Impedire che una singola realtà locale possa sottrarsi al proprio dovere di accoglienza, con i limiti appena ricordati.
·       Suddividere questi nostri ospiti, perché tali sono, non esclusivamente nelle zone già degradate o in periferie di edilizia popolare dove già sono presenti problemi di convivenza, di disoccupazione e di tensione. Questo significa soffiare sul fuoco della protesta ed innescare una lotta tra poveri utile solo alla propaganda populista.
·       Obbligare questi ospiti, quando ne hanno la possibilità, ad attività utili alla società in cambio dell’accoglienza ricevuta. Ogni singola comunità può individuare ciò di cui può aver bisogno senza togliere lavoro a nessuno.
·       Punire con pene certe tutti coloro che non rispettano le nostre leggi, perché non è colpa esclusiva dell’extracomunitario quella di essere trovato a piede libero a commettere lo stesso crimine per il quale già era stato fermato in precedenza. Se non sappiamo farci rispettare la colpa è nostra.
·       Suddividere tra tutti gli italiani, in proporzione al reddito e ad altri parametri oggettivi e misurabili, l’onere derivante dall’aiuto a queste persone. Evitare quindi di colpire alcune tipologie di cittadini, come i residenti in case popolari come già ricordato, o chi possiede una roulotte o un camper, o una seconda casa. (Attenzione, in questi ultimi due casi, a non confondere chi ha una seconda casa con un ricco proprietario immobiliare. Sarebbe molto meglio considerare il valore complessivo degli immobili posseduti, volendo essere corretti ed equi in questo campo. E pure chi ha una roulotte evidentemente non trascorre le proprie ferie in alberghi di lusso né solitamente fa voli intercontinentali, ma va in campeggi economici raggiungibili con l’auto).
·       Non impietosirsi davanti a chi chiede l’elemosina per strada, davanti a punti vendita o in luoghi di passaggio. Così si alimenta una situazione incontrollata che spesso nasconde violenze, furbizie o malavita organizzata. Molto meglio dare un contributo, magari più sostanzioso, ad associazioni che si occupano ad esempio di colletta alimentare. L’aiuto così arriva a tutti quelli che ne hanno bisogno, non esclusi tanti italiani, vanificando l’effetto dello slogan: prima gli italiani. Nessuno deve scordare gli italiani, aiutando i profughi.

Aiutare i profughi con giustizia ed umanità forse è meglio che imboccare una strada senza ritorno, un vero suicidio.

                                                                                                        Silvano C.©   


(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

3 commenti:

  1. Questo spazio è un grande aiuto…e io provo a coglierne anche la possibilità che concede per esporre il mio pensiero.
    Due forse sono le parole chiave di primo impatto: #emergenza e #paura, tutto si gioca su queste due.
    Emergenza è abbastanza chiara e visibile, questi poveri disperati che provano a non suicidarsi come dici te, che cercano una soluzione ad un problema di invivibilità che è il loro paese, e che in tanti, forse troppi fuggendo invadono i nostri territori.
    Paura, questo è quello che proviamo invece noi guardandoli, e la paura è tante cose, un poco forse reale, un poco condizionata…ma l’abbiamo tutti, in quantità differenti. Paura del nero, (l’uomo nero, il lupo nero, la notte nera, il lutto che usiamo è nero)proviamo a scrollarcela di dosso, ma è ben radicata. Paura che non ci sia spazio, ci soffocano; Paura per il lavoro, siamo in piena crisi, troppi figli a casa, troppi genitori senza lavoro e in attesa della pensione. Tutti conosciamo bene questo problema.
    Sembrerebbe irrisolvibile…invece io sogno..
    Per smorzare le nostre paure serve un cambiamento della legge sulle carceri. Dobbiamo avere la certezza della pena. chi ha un comportamento illegale e che viene per questo processato e condannato, sconti questa sua pena nelle carceri del proprio paese. Questo oltre a sfoltire e alleggerire i numeri dei detenuti conseguentemente darebbe una certa serenità. Corrisponderebbe a una piccola speranza di legalità.
    Abbiamo sui nostri territori tantissime Onlus, che fanno beneficenza e volontariato senza guadagno e senza pagare tasse, a loro chiederei, proprio a TUTTE, un minimo di partecipazione a questa emergenza, altrimenti non si ritengano Onlus con conseguente diritto al 5 per mille, delle tasse nostre. Una onlus che lavoro per i bambini ammalati, si occupi di un bambino, una che segue i giovani nella musica, di di un giovane…e così via. E così gli oratori, le case per la gioventù…tutti si incarichino di un tipo di assistenza, e quindi di integrazione. Facciamo vedere che bella gente siamo.
    È un sogno, tra tanti sogni.
    Troppe parole, non so fare lunghi discorsi. Ma serve vedere un modo di salvare questo mondo dalla bruttura di parole xenofobe che di sta invadendo. Grazie del tempo.

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    1. Ho letto, e mi piace tutto. E' una visione diversa dalla mia, ma è ugualmente pratica, non tanto di sogno. Oppure anche la mia è di sogno. Su un solo aspetto credo sia irrealizzabile: far scontare nei paesi di origine le pene che alcuni si sono meritati (e non devono farla franca, non sarebbe giusto). Le pene devono essere certe, ma con troppi paesi stranieri in merito non c'è condivisione di vedute. In alcuni c'è ad esempio la pena di morte. In altri probabilmente non sconterebbero pena. In altri ancora sarebbe decisamente inumana, inaccettabile pur in confronto con le nostre carceri, che non sono certo un modello di rispetto della persona, anche se detenuta. E poi ci sono i casi nei quali i paesi di origine non li vorrebbero indietro, o per i quali sarebbe difficile dmostrare la vera origine del detenuto. Io ho spiegato, ho motivato l'unico aspetto critico, ma tutto il resto lo condivido. E dico grazie del tuo contributo, Anonim*...:-) Silvano

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    2. aggiungo che trovo perfetto l'incipit... molto meglio del mio titolo del post:...#emergenza e #paura... avrei dovuto usarlo io...
      Silvano

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