sabato 29 agosto 2015

Profughi? A casa loro!


“Basta, è un’invasione, mettiamo reti elettrificate, ributtiamoli in mare, non facciamoli neppure partire, affondiamo barconi e gommoni, aiutiamoli a casa loro e che non vengano qui che abbiamo già i nostri problemi, fuori dalle palle, mandiamo le ruspe ad abbattere le tende abusive sul nostro territorio, difendiamo la nostra cultura, aveva ragione la Fallaci, aiutiamo prima gli italiani, basta alloggiarli in albergo a nostre spese, con le nostre tasse, mentre molti di noi non hanno lavoro o non arrivano a fine mese.”

Profughi a Isera: insieme nella comunità


Ecco, questo si legge facilmente, in rete, si sente in giro, si legge sui giornali, si ascolta in televisione. La faccenda però è leggermente diversa.
Prima di tutto noi occidentali siamo responsabili di quanto avviene in molte aree dove ora regna il caos più completo. Paesi europei hanno bombardato la Libia, ad esempio. Oppure ci siamo opposti a dittatori che ora vogliamo aiutare, sempre per i nostri interessi. In passato abbiamo commesso identiche atrocità e distruzioni, sia come cristiani che come invasori (quindi come colonialisti) esattamente come quelle delle quali ora accusiamo altri.

Ma anche ignorando tutto questo, o non volendo ricordarlo, siamo di fronte ad un esodo di dimensioni talmente grandi, e siamo così divisi pure tra noi, che non siamo in grado di portare pace in quelle terre dalle quali queste persone fuggono. La comunità internazionale guarda, ammonisce, richiama, ma non fa nulla di risolutivo per rimuovere le cause, ed ognuno accusa gli altri, ignorando i propri muri o i propri scheletri.

Ammetto che non è bello vedere qualche giovane rifugiato ospite di un albergo tranquillamente seduto, nella veranda davanti alla struttura dove vive, impegnato con un cellulare o a discutere di fatti suoi con altri, in attesa che arrivi il pranzo o la cena. Stride con la situazione che vivono in tanti, di degrado e di bisogno. Viene facile pensare che questi giovani, sani e nullafacenti seduti davanti ad un tavolino di un bar forse non sono la risposta migliore al problema dell’ospitalità.

In realtà la vita è fatta di diritti e di doveri. È un caposaldo della convivenza civile. Quindi tutti coloro che hanno bisogno, in particolare se fuggono da guerre e fame, devono essere aiutati. È un diritto indiscutibile.  Ma vengono anche i doveri, sono l’altra faccia della medaglia. Esistono in particolare due modalità evidenti con le quali i nostri ospiti possono dimostrare di meritare l’accoglienza. 
Il primo è accettare il nostro modo di vivere e le leggi che ci siamo dati, che comportano il rispetto delle donne e di tutti gli altri. 
Il secondo è contribuire con attività utili a tutta la comunità, ad esempio ripulendo le strade, le piazze ed i giardini dai rifiuti, perché per questo non serve alcuna specializzazione, e poche ore al giorno di lavoro, in cambio di vitto ed alloggio, cioè di accoglienza, mi sembrano pure un buon modo per prevenire proteste populiste e razziste. Nessuno potrebbe dire che ospitiamo qualcuno a non far niente.

Per ogni rifugiato la comunità riceve circa 30 euro, se ho capito bene. Questi soldi poi non vanno alle persone, bensì alle strutture che li ospitano, a chi fornisce il cibo, oppure vengono spesi sul territorio, quindi producono lavoro e ricchezza anche per i residenti. Non sono soldi buttati e restano alla comunita.

Un’ottima soluzione la vedo ad esempio a Isera, vicino a Rovereto. Si è trovata l’idea del volontariato, che produce pure integrazione. Altre vie simili si possono trovare, a beneficio di tutti, credo, senza fare una guerra tra poveri o rinfocolare l’odio, a beneficio solo di alcuni movimenti o partiti.

                                                                                                        Silvano C.©   


(La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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