giovedì 31 luglio 2014

il progetto


Fasi della stesura di una particolare Attività Didattica inserita nel Progetto Educativo d’Istituto

1.    Il singolo docente elabora un’idea sulla base di valutazioni personali, di stimoli contingenti ed offerte del territorio, di bisogni riscontrati e di particolari specializzazioni specifiche.
2.    Il docente discute in modo informale della cosa nei corridoi e durante i momenti occasionali di incontro con altri colleghi per averne una prima valutazione indicativa.
3.    Si contatta il docente referente dell’area disciplinare interessata e si comunica l’intenzione di proporre l’attività per la propria classe, per le classi parallele o per tutte le classi che si pensa di coinvolgere.
4.    In sede di riunione di Dipartimento si presenta la bozza elaborata e formalizzata con indicazione di tempi, docenti coinvolti, spese e materiale occorrente, autorizzazioni necessarie e ricadute previste sui singoli alunni.
5.    In caso di iniziative relative a tematiche di carattere etico o comunque legate a scelte che coinvolgono anche le famiglie si programmano anche uno o più incontri per illustrare ai genitori le proprie finalità educative.
6.    Ottenuta l’autorizzazione del Dipartimento si presenta al Dirigente Scolastico l’attività che si intende svolgere utilizzando l’apposito modulo predisposto che si ritira presso la Segreteria Didattica.
7.    In qualche caso è necessario ottenere anche l’autorizzazione del Collegio dei Docenti, in altri è sufficiente rispettare le procedure ricordate ed attendere l’autorizzazione scritta del Dirigente (che a sua volta può decidere in autonomia o valutare come più indicato, nel caso specifico, il coinvolgimento del Consiglio d’Istituto).
8.    Nei tempi e nei modi formalizzati l’attività viene realizzata (e può comprendere uscite dall’edificio scolastico, intervento di esperti in sede, lavori in rete o altre modalità)
9.    Nel corso dell’attività si raccolgono dati relativi a problematiche emerse, casi particolari di alunni che hanno avuto un approccio differenziato, risultati parziali diversi dalle attese, opportunità emerse non previste e simili.
10.          In alcuni casi è previsto un questionario di gradimento dell’attività che viene proposto agli alunni in forma personale oppure anonima.
11.          La valutazione dell’efficacia dell’attività stessa si può basare su verifiche somministrate prima di iniziare, in itinere ed a conclusione. Queste verifiche possono poi essere opportunamente utilizzate per la stesura sia dei giudizi disciplinari e complessivi dei singoli alunni sia per la documentazione da conservare
12.          Una Relazione Finale viene infine presentata, utilizzando la modulistica interna, al Dirigente Scolastico. Sulla base delle conclusioni riportate in tale Relazione si deciderà di inserire o meno in via definitiva tale attività nel Progetto Educativo d’Istituto.

I progetti e le attività realizzati da un Istituto ed in tal modo formalizzati diventano oggetto di valutazione dell’Istituto, del suo Dirigente e dei suoi Docenti da parte degli organismi competenti.

Dicono che per poter tradurre correttamente da una lingua all’altra occorre conoscere profondamente i popoli che quelle lingue parlano. Sono certo che è stato detto e scritto ieri, dieci o mille anni fa. Non chiedermi chi l’ha detto o scritto, per le citazioni non vado forte, ma ricordo le cose che mi interessano, o che mi aprono una nuova prospettiva. So di fare un torto così, ma non ne voglio appropriare, sarebbe quantomeno ridicolo.

                                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

mercoledì 30 luglio 2014

La bibliotecaria ed il camionista


Ha mangiato con un collega, al ristorante dell’autogrill, ha scambiato le ultime battute prima di salutarlo ma ora deve dormire. Domattina si parte prestissimo e il viaggio non è neppure a metà. Sale nella cabina del suo Scania parcheggiato un po’ lontano dagli edifici, chiude le porte con la doppia sicura che si è fatta installare e si prepara per la notte. Quando spegne la luce sono già le ventitré, è tardi ma non troppo. Mezz’ora dopo avverte un malessere strano, più simile ad un incubo che ad un problema fisico, sporge la testa fuori dalla tenda e nota un’ombra attorno al camion accanto al suo. Guarda con più attenzione. Le ombre sono due. Una di queste, montata su uno pneumatico, sembra voler tagliare il telone del rimorchio mentre l’altra resta a terra, nel classico atteggiamento del palo. Non ha nessuna incertezza quando sistema meglio la tuta con la quale di solito dorme, rimette le scarpe e prende un piccolo e robusto badile appoggiato dietro il suo sedile di guida. Scende senza far rumore dalla sua motrice dalla parte opposta ai due, facendo attenzione a non far accendere nessuna luce, si muove silenziosamente e sfrutta i coni d’ombra dei mezzi parcheggiati per avvicinarsi. Con un colpo preciso, di piatto, sulle parti basse, mette fuori gioco il palo, e con un secondo fendente sulle ginocchia neutralizza pure il secondo, che non fa in tempo a fuggire. Poi urla e fa arrivare in pochi minuti gli altri camionisti che a questo punto bloccano i due malviventi. Qualcuno chiama la polizia, quelli probabilmente non sono soli, ma ci penseranno gli uomini in divisa a cercare di individuare gli eventuali complici.

E' bello il lavoro in biblioteca, ama da sempre i libri, ha letto autori classici e moderni, italiani e di ogni paese del mondo, alcuni anche in lingua originale perché capisce senza difficoltà l’inglese e lo spagnolo. Il suo posto di lavoro non è fisso ma è rinnovato praticamente ad ogni scadenza, dopo un intervallo di qualche settimana. La sua presenza poco a poco è diventata necessaria grazie alla preparazione ed alle indiscusse capacità informatiche. In pochi mesi ha riorganizzato interi settori della struttura in modo più efficiente di chi vi lavorava stabilmente da anni ed ora sono questi ad avere bisogno delle sue indicazioni per capire meglio come muoversi. Non ha mai seguito le mode dei coetanei, e paga tutto questo con un isolamento personale quasi totale ed una mancanza di amicizie che sopporta con fatica ed alla quale non sa abituarsi. In rete trova un surrogato della vita che gli altri sembrano vivere sul serio, e per il momento si accontenta.

Ama guidare i camion da sempre, lo faceva suo padre, e prima di lui suo nonno. Sa sistemare quasi al millimetro bestioni da oltre 40 tonnellate a pieno carico meglio di tutti gli altri e con esperienza ben maggiore alla sua. L’odore del gasolio è il suo profumo preferito ed è felice quando riesce a sistemare con le sue mani un motore che fa storie. Ma sente la solitudine. Crede di provare attrazione per il suo stesso sesso, e vorrebbe aver letto un po’ di più, ma ricorda quando si faceva cacciare dalla classe o prendeva in giro i compagni secchioni. Ora si pente, ma è troppo tardi per ricominciare a studiare, o per iniziare a leggere. Prende a navigare in rete per puro caso, quando per il compleanno riceve in regalo uno smartphone; ci perde un po’ di tempo, si crea un account e sceglie, senza fantasia, il nick “Camionista87”.


Nell’intervallo tra i due turni mangia in fretta qualcosa in una mensa vicina poi torna nella sala dove ci sono i computer e, senza abusare della sua posizione, naviga liberamente come è previsto che possa fare qualsiasi altro utente, usando una password personale ottenuta iscrivendosi ai servizi della sua biblioteca.
Da mesi gira a vuoto, cerca di allacciare un minimo di contatti virtuali con sconosciuti e parlare dei suoi interessi, ma ben pochi sembrano interessati a dialogare con “Libri e Sogni”. Molti si scontrano sulla politica, con polemiche ed accuse reciproche. Altri parlano di sesso, di culi, tette e cazzi, e mettono immagini pornografiche che all’inizio incuriosiscono, poi annoiano. Altri parlano solo di sé stessi, e non ascoltano nessuno. Il bestiario della rete inizia a deluderlo quando per caso scopre “Camionista87”. Il camionista sembra interessato ai libri, è curioso delle letture che gli dice di aver fatto, e racconta pure dei suoi viaggi, in modo interessante, aprendogli un mondo sconosciuto.

La bibliotecaria è in gamba, pensa, ben diversa da quegli idioti secchioni che prendevo in giro a scuola e che non sopportavo. Vede con occhi diversi autori che gli insegnanti non erano riusciti a rendere interessanti. E ogni sera, prima di dormire, prende l’abitudine di stare con lei per un po’ e scambiare due parole virtuali. Dopo più di due mesi scopre che è di Verona, di un paese vicino a dire la verità, ma per ora questo particolare non sembra molto importante.

Quel camionista è meno rozzo di quanto pensa di essere, riflette, è sensibile ed attento, e le osservazioni che fa su quello che gli dico sono sempre intelligenti, e mi fanno scoprire meglio quello che ho appena letto. Forse potrei pure incontrarlo, se passa da Verona, in uno dei suoi viaggi. In fondo cosa mi costa?
Intanto ha preso l'abitudine di entrare in rete anche da casa sua, la sera, prima di dormire.

Meno di un mese dopo, in un parcheggio del Quadrante Europa, si incontrano per la prima volta “Camionista87” e “Libri e Sogni”. Nessuno dei due ha avuto il coraggio di descriversi, si sono fidati solo delle parole scritte che hanno scambiato per quasi quattro mesi, e sono quasi certi che da quell’incontro più che consolidare un’amicizia non potranno ottenere. Lo stupore è reciproco e sarebbe assolutamente da immortalare nell’istante preciso nel quale "Camionista87” scopre, nel punto e nell’ora fissata per il rendez-vous, un ragazzo magro ed alto, dallo sguardo curioso e dall’espressione decisamente molto dolce mentre “Libri e Sogni”, a sua volta, vede una ragazza, con una tuta da lavoro un po’ macchiata di grasso, ma con un viso che illumina tutto il piazzale ed un corpo che non riesce ad associare a quello di un/una camionista. La bibliotecaria si chiama Antonio, il camionista è Anna.

                                                                            Silvano C.©


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martedì 29 luglio 2014

Tre amici



L’appuntamento è per le tre e mezzo di mattina, molto prima che il sole decida di sorgere, ad est. Un tocco leggero alla finestra, e lei, che è già pronta, poco dopo esce dalla porta del palazzo senza far rumore. Dormono tutti.



La nebbia che respiro ormai 
si dirada perché davanti a me 
un sole quasi bianco sale ad est 
La luce si diffonde ed io 
questo odore di funghi faccio mio 
seguendo il mio ricordo verso est 



Lui riaccende il motore dell’auto. Si scambiano solo qualche battuta a bassa voce per non dissolvere quell’aria di avventura  e di complicità che è calata improvvisamente tra loro. Poi partono, direzione mare, verso est, verso il sole, mentre in città una sottile e leggera nebbia si nasconde tra le ombre della notte, e si rivela solo ai fari che illuminano la strada, deserta o quasi, con i semafori lampeggianti, gli incroci senza traffico, le insegne spente. In pochi minuti è la periferia, e poi l’aperta campagna, nel buio quasi totale. La strada, percorsa tante volte, sembra nuova e mai vista. Senza correre arrivano molto prima del previsto, nessuno dei due ha pensato che senza traffico il viaggio sarebbe stato più veloce, ed ora, sulla riva di quel mare, cercano un posto adatto, lontano dalle case, dove inizia la spiaggia libera.


Piccoli stivali e sopra lei 
una corsa in mezzo al fango e ancora lei 
poi le sue labbra rosa e infine noi 
Scusa se non parlo ancora slavo 
mentre lei che non capiva disse bravo 
e rotolammo fra sospiri e "da" 
Poi seduti accanto in un'osteria 
bevendo un brodo caldo che follia 
io la sentivo ancora profondamente mia



Claudio sistema il cavalletto, fissa la macchina fotografica già caricata con una pellicola di sensibilità media, a colori, ed avvita lo scatto flessibile. Verifica che l’inquadratura sia quella voluta, invita Giovanna a controllare, poi guardano verso il largo, ma è ancora prestissimo, manca almeno un’ora all’alba, e decidono di tornare dentro l’auto, ad aspettare, mentre la notte si fa meno profonda. Sono seduti accanto, sono amici, nessuno dei due sembra aver previsto altro che una semplice puntata al mare per fotografare il sole che sorge, ma sono vicini, e di nuovo una strana atmosfera scende tra loro, come quando sono partiti e sembrava che il silenzio non dovesse essere rotto. Si raccontano cose stupide, ma il significato delle parole non conta, conta solo la luce negli occhi, nello sguardo, sui loro visi. Passa il momento nel quale tutto avrebbe potuto succedere, ma non succede nulla, solo il tempo scorre ed è venuta l’ora di scendere, per scattare le foto.


Ma un ramo calpestato ed ecco che 
ritorno col pensiero. 
E ascolto te 
il passo tuo 
il tuo respiro dietro me 
A te che sei il mio presente 
a te la mia mente 
e come uccelli leggeri 
fuggon tutti i miei pensieri 
per lasciar solo posto al tuo viso 
che come un sole rosso acceso 
arde per me. 



Il sole sorge lento, prima un po’ timido poi sempre più potente, ed illumina poco a poco alberi e case lontane. Claudio scatta le foto, senza modificare mai l’inquadratura e facendo attenzione mentre riarma la macchina. Giovanna sorride e fa battute, ricorda che su quella spiaggia, pochi mesi prima, erano venuti con altri amici, e che si erano divertiti.  


Le foglie ancor bagnate 
lascian fredda la mia mano e più in là 
un canto di fagiano sale ad est 
qualcuno grida il nome mio 
smarrirmi in questo bosco volli io 
per leggere in silenzio un libro scritto ad est 
Le mani rosse un poco ruvide 
la mia bocca nell'abbraccio cercano 
il seno bianco e morbido tra noi 
Dimmi perché ridi amore mio 
proprio così buffo sono io 
la sua risposta dolce non seppi mai! 
L'auto che partiva e dietro lei 
ferma sulla strada lontano ormai 
lei che rincorreva inutilmente noi 



Il viaggio di ritorno si perde, nel ricordo di Claudio. Le ha sfiorato le mani, ne è quasi certo, e le ha pure detto alcune cose, ma non ha fatto altro, non aveva intenzione di fare altro. Ritrova quelle foto ora, in una scatola, assieme a tante altre scattate in quel periodo, e prova nostalgia. Nessun rimpianto, solo un senso di gratitudine. Quegli anni sono comunque finiti tanto tempo fa, una sera, alcuni mesi dopo quella corsa nella notte verso il mare con Giovanna.


Sono finiti esattamente quando è andato a trovare Stefano, l’amico di mille avventure, col quale aveva condiviso esperienze e che costituiva una roccia nella sua vita. Stefano sembrava diverso, la confidenza interrotta, era successo qualche cosa, forse lui ne era responsabile, ma non capiva. Poi si erano salutati, mentre Claudio rimaneva indietro e l’altro si allontanava in auto. Non si sarebbero rivisti, per vari anni, e nel frattempo Stefano avrebbe sposato Giovanna.



Un colpo di fucile ed ecco che 
ritorno col pensiero 
e ascolto te 
il passo tuo 
il tuo respiro dietro me 
A te che sei il mio presente 
a te la mia mente 
e come uccelli leggeri 
fuggon tutti i miei pensieri 
per lasciar solo posto al tuo viso 
che come un sole rosso acceso 
arde per me. 



(La luce dell'est, di Mogol e Battisti, è del 1972) 


                                                                            Silvano C.©


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Circolo vizioso


 Informativa sulla privacy
Non se ne esce in alcun modo. Io voglio starne fuori ma ci vengo risucchiato dentro a forza, vivendo dove vivo, leggendo le notizie sui giornali, ascoltando la televisione o scorrendo quanto vedo in rete.
Non voglio essere coinvolto in questioni religiose o di fede, voglio che la religione non mi imponga nulla in nessun modo (nessuna religione, non solo quella che mi ha battezzato, ormai tantissimi anni fa).

Gli obiettori da anni impongono a tutti la loro scelta a danno dei diritti delle donne e delle coppie. La loro è una scelta di coscienza, legata alla loro fede.

Da centinaia di anni i missionari portano nel mondo la voce della salvezza, della nostra salvezza, della nostra visione, e in alcuni Paesi, giustamente, non sono stati e non sono molto ben accettati.

Ieri un Imam ha lamentato che alla festa di chiusura del Ramadan non fosse intervenuto alcun rappresentante politico, spiegando che si è persa un’occasione per stare vicini ad una comunità molto importante nel territorio, e rifletto che se io avessi rappresentatività istituzionale non sarei mai andato ad una festività religiosa (di nessuna religione) in veste ufficiale ed istituzionale.  Al massimo privatamente, ma non era questa la richiesta.

Un missionario rapito da ormai oltre un anno viene ricordato dai familiari come uomo buono, e mi va bene, e come uomo di fede, e questo già non mi va più bene. Cosa c’entra la fede con un rapimento? La sua fede, o quella di chi lo ha rapito? Io penso all’uomo, non alla sua fede religiosa. 

Un rappresentante della Comunità Evangelica ottiene le scuse del Papa per quanti tra i cattolici denunciarono durante il periodo fascista i pentecostali, e chiede in quell'occasione le scuse delle istituzioni italiane. Ma questa persona ha studiato la storia? Sa che lo Stato Vaticano non è cambiato da allora, mentre noi italiani abbiamo abbattuto il governo fascista che emanò le leggi razziali ed abbiamo pure optato per la Repubblica, mentre a quei tempi c'erano i Savoia, assieme a Mussolini? I nostri padri hanno già pagato col sangue di una guerra civile quella colpa.

Le scuole paritarie in Italia pretendono di seguire il dettato del Vangelo, cioè essere confessionali, ma al tempo stesso di ricevere finanziamenti pubblici. E quando avremo scuole islamiche organizzate come le cattoliche anche quelle riceveranno finanziamenti pubblici oppure loro no, perché non se ne parla nei Patti Lateranensi o perché non saranno considerate parificate ma solo private?
Non mi interessano gli integralismi né sono prevenuto contro i cattolici praticanti, a condizione però che questi non siano prevenuti nei miei confronti. Ad esempio non bestemmio, lo trovo offensivo. E non sento alcun bisogno di sbattezzarmi, lo vedo un atto estremo e radicale, mi basta poter manifestare la mia diversità da certe posizioni della Chiesa. 

Allo stesso modo non vedo assolutamente come risolutivo il dialogo interreligioso, come pensavo un tempo. Certo è meglio il dialogo dello scontro e dell’incomprensione, ma i rappresentanti religiosi, nel mio modo laico di vedere il mondo, non sono parte della soluzione, sono parte del problema. 

E certamente non aiuta ad uscire da questo tragico circolo vizioso il pensare al passato ed alle usanze locali, che ci ingabbiano tutti in stereotipi comportamentali. Chi celebra la tradizione costruisce il diverso. Chi vede in un luogo religioso l’aspetto artistico opera una confusione molto pericolosa di piani logici.

Forse esprimo anarchia non politica ma religiosa? È possibile, ma non riesco quasi più a leggere un romanzo, a vedere un film o a fare qualsiasi altra cosa senza scoprire l’ingerenza enorme, capillare, metodica e quasi subliminale di questa presenza sulla mia vita e sulla vita di tutti, credenti e non credenti.

Come immagine per illustrare il post ho volutamente scelto l’opera di Caravaggio che ricorda l'episodio (citato nella Bibbia) della decapitazione del condottiero invasore Oloferne da parte dell’ebrea Giuditta che voleva difendere il suo popolo dallo straniero.

                                                                                                 Silvano C.©


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domenica 27 luglio 2014

#Brustlina 24


Non parlarmi di stangata se si applica finalmente il buon senso.
Bisogna dare una regolata alla rendita catastale, in modo che tutti gli italiani abbiano anche per il fisco ogni loro immobile stimato al reale valore di mercato, cioè quello, per intenderci, al quale compriamo o vendiamo effettivamente i nostri appartamenti o le nostre abitazioni.
Le cose poi cambieranno con le tasse?  Lo spero proprio, in modo da far scendere le imposte per quelle di valore medio o basso ma considerate più pregiate secondo il vecchio catasto e far salire invece la pressione sugli immobili finto popolare ma situati in centri storici e con finiture di pregio.
Alla revisione della rendita catastale deve seguire, per logica, un riconteggio delle aliquote impositive che considerino tutti gli immobili posseduti dalle persone fisiche o giuridiche e le effettive capacità contributive in base al reddito, per avere finalmente una vera giustizia in questo campo.
Ovviamente rimane il problema mostruoso dell’evasione fiscale, ma questo è già un altro discorso, e spero che tu non sia un evasore.

                                                                                      Silvano C.©


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sabato 26 luglio 2014

Costa Concordia Memorial


In queste ore la Costa Concordia, la grande nave da crociera che era entrata in servizio solo otto anni fa ed è naufragata per colpa della stupidità umana
neppure sei anni dopo, pagando un prezzo elevato di vite umane (trentatrè in tutto: trentadue persone imbarcate, una delle quali mai ritrovata ed ancora oggi dispersa, ed in più un sub impegnato nelle operazioni di recupero del relitto), sta ultimando il suo ultimo viaggio verso lo stesso porto nel quale era stata varata nel 2005.
Credo che vada preservato il ricordo delle vittime, anche quella di Russel Rebello, l’eroe ancora disperso che prima di sparire nel nulla ha salvato altre persone perdendo per questo la sua vita.
La Concordia andrà demolita e molti dei suoi materiali saranno recuperati, è giusto. Avrebbe poco senso mantenere il relitto come santuario o monumento a ricordo di una tragedia.
Diverso è il discorso che riguarda il ripristino dei fondali dell’isola del Giglio alle condizioni precedenti il disastro. La considero un’operazione senza una vera giustificazione per vari motivi - che in molti stanno iniziando ad avanzare, e quindi non credo di essere originale in questo – e li voglio elencare:
1  Una volta bonificate da sostanze inquinanti eventualmente ancora presenti sul posto queste strutture, servite a stabilizzare e ad ancorare al fondale per lunghi mesi la grande nave, sarebbero del tutto invisibili dal punto di vista delle bellezze paesaggistiche emerse.
2  Il cemento e l’acciaio  rimasti sul posto, sommersi, sarebbero poco a poco colonizzati e ricoperti da organismi marini come coralli, gorgonie, spugne, crostacei e molluschi, integrandosi perfettamente col resto dell’ambiente (il processo del resto è già iniziato). Ogni studio di biologia marina può confermare quest'idea, leggi ad esempio QUI.
3  L’isola del Giglio non cancellerebbe un avvenimento che l’ha coinvolta senza sua colpa - con i suoi abitanti giustamente premiati per il comportamento tenuto in quei giorni - e ricavandone un beneficio economico che si potrebbe prolungare in modo indefinito, sicuramente per molti anni. Servirebbero la massima delicatezza ed il più grande rispetto per agire su questo piano, ma non dovrebbe risultare impossibile.
4  Rimarrebbe una memoria storica di quanto è successo, ed è questo l'aspetto più importante di tutti. Quel punto della costa dell’isola diventerebbe un sacrario naturale per le vittime innocenti ed un monito a ridurre per il futuro l’irresponsabilità di comportamenti possibili causa di tragedie. Una struttura a terra inoltre potrebbe mantenere vivo quel maledetto venerdì 13 gennaio 2012 ed il lento riscatto che ne è seguito.
Non è dello squallido turismo dell’orrore che ho paura, ma dell’ancor più pericoloso e negativo oblio, come se dovessimo fingere che nulla di brutto è mai successo, come se rimuovere fosse meglio che ricordare la vergogna. Non ne abbiamo il diritto, e quelle vittime meritano il nostro rispetto anche così. 
Costruiamo quindi un Costa Concordia Memorial, senza demolire quanto ora si pensa di rimuovere. E andiamo pure orgogliosi del fatto che lo stesso Paese che ha saputo creare tanto dolore poi ha saputo parzialmente rimediare, dimostrando capacità e professionalità, con il completamento di un’impresa mai tentata prima di oggi.
                                                                             Silvano C.©


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Stava, 19 luglio 1985

 
 


















mercoledì 23 luglio 2014

Tutti i nodi vengono al pettine


 

Informativa sulla privacyTrento è in questi giorni al centro di un caso nazionale che vede contrapposte due diverse modalità di intendere la scuola. Non si tratta di un semplice caso di discriminazione, ammesso che sia provata, di una insegnante per certe sue inclinazioni che rientrano nella sfera privata. Se fosse solo così sarebbe già gravissimo. In realtà è molto peggio.
Ma io, non molto adatto alla cronaca, ricerco cause nel passato, nella storia recente, e cerco di trovare aspetti che non bisognerebbe ignorare per poter affrontare il caso in modo da rimuovere, per il futuro, motivi che possano farlo ricomparire.
Dico subito quindi che non mi interesso del problema enorme dei diritti di ogni lavoratore. Non ne ho alcuna competenza. Spero che se l’insegnante in oggetto ha subito pressioni o ingiustizie riceva soddisfazione, ma io guardo oltre.
Parto dal XX settembre 1870, fine del potere temporale del Papa. Anche il Quirinale, il palazzo simbolo del potere sul colle più alto, antica sede papale, diventa prima reggia della dinastia Savoia ed in seguito della Presidenza della nostra Repubblica. Il Papa si ritira e inizia un periodo di rapporti difficili con il nuovo Stato Italiano, sino ai Patti Lateranensi sottoscritti nel 1929 da Mussolini (Capo del Governo italiano) e Gasparri (Segretario di Stato vaticano). Nei Patti si stabilisce l’ingresso ufficiale della religione cattolica nelle scuole del Regno.
In seguito tali Patti vengono recepiti in toto nella nostra Costituzione, e di fatto ora siamo vincolati al rispetto di questo accordo internazionale anche dalla nostra stessa Costituzione. Unilateralmente non possiamo modificarli.
Sempre nel periodo pre-costituente e costituente si viene ad un’intesa con l’Austria per definire la questione altoatesina, e tale testo diventa base per la legge costituzionale n. 5, (anche questa riguarda un accordo internazionale).
Poi la questione altoatesina sembra sfuggire al controllo, con numerosi attentati, e si giunge ad una revisione concordata con l’Austria. È il cosiddetto Pacchetto (cioè il secondo Statuto di Autonomia), che coinvolge le province autonome di Trento e Bolzano e che sancisce la competenza primaria di queste in tema di Istruzione, scavalcando o interpretando di fatto le norme statali in sede locale.
Pochi anni dopo, nel 1984, anche il Concordato Stato–Chiesa viene rivisto, e comporta alcuni cambiamenti, nel senso che l’insegnamento della religione cattolica non è più obbligatorio, ma facoltativo. Questo, negli anni, comporterà, se applicato correttamente, a pagare di fatto come dipendenti statali personale selezionato dall’autorità religiosa e a dover prevedere, in alcuni casi, un doppio onere per lo Stato, che dovrà pagare anche gli altri insegnanti utilizzati per l’ora alternativa alla religione.

La questione tuttavia non è neppure limitata a questi aspetti importantissimi, ma si complica ulteriormente nell’interpretazione dell’art. 33 della nostra Costituzione, quando recita: Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
Negli ultimi decenni si tende a considerare pubbliche tutte le scuole, anche quelle istituite da alcuni enti privati-religiosi, con la motivazione che svolgono un servizio pubblico, creando probabilmente un attrito con le volontà intese dai padri costituenti e permettendo però in tal modo di sovvenzionare tali scuole “paritarie pubbliche” con fondi pubblici.
A questo punto ho messo tutto o quasi sul tavolo e ti pongo due domande.
Prima domanda:
Ha diritto un ente privato confessionale di stabilire le norme per scegliere il proprio personale insegnante sulla base delle proprie lecite convinzioni religiose, citando magari il fatto che gli utenti (genitori ed alunni) vogliono veder riconosciuti sino in fondo i loro principi religiosi?
La mia risposta è semplicemente sì.
Seconda domanda:
Ha diritto un Istituto Scolastico così concepito, cioè basato su una precisa scelta di campo confessionale, di ottenere i finanziamenti pubblici destinati alla scuola pubblica? Ecco, a questa io non rispondo ma ti lascio indovinare la mia risposta.

Spero che il caso di questi giorni scoppiato a Trento aiuti a fare chiarezza per tutti sulla risposta da dare a questa seconda domanda.

                                                                                                 Silvano C.©


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martedì 22 luglio 2014

Diritto di replica

Informativa sulla privacy

Da una mia semplice frase: “stare dalla parte dei deboli a condizione che abbiano ragione in caso contrario si difende chi ha torto”, ho ottenuto due risposte, da due persone diverse:

1 – “ma non esiste una sola ragione. ma una sola verità analizzata da più ragioni. il debole va difeso, poi se vuoi non gli si da ragione
2 – “ci provo. Sperando che abbiano ragione. Faccio quello che posso con molta passione

A dire il vero, pochi secondi dopo, avevo scritto pure questa frase: “vincere ed essere i più forti ha un valore dal punto di vista darwiniano, ma non significa essere dalla parte del giusto”. Questo per dovere di cronaca e di chiarezza del mio intento generale, perché la seconda frase completa la prima, e su Twitter, dove ho scritto questi tweet-slogan, il limite dei 140 caratteri impedisce qualsiasi tipo di approfondimento. Per farlo occorrono altri mezzi, e per questo io uso il blog.
Il tema lo avevo già in parte sfiorato parlando di anarchia, esattamente QUI (basta ciccare per leggere quel testo, e poi tornare su questo annullando l’operazione). 


Ora cerco quindi di spiegarmi meglio, in modo più sistematico ed organico.
La ragione, il giusto, la verità qui li uso quasi come sinonimi, o per quella parte di significato che hanno in comune. Ritengo ogni verità relativa, fuggo da quelle dettate da enti superiori ed oggetto di fede, e il concetto di verità che mi piace di più è quello scientifico. Una verità cioè è tale sino a quando si può dimostrare valida e non ci sono prove contrarie che la mettano in discussione. Nessuna verità assoluta quindi, o con la V maiuscola, ma solo tante verità soggettive che incontrano più o meno sostenitori. Non so se in tutto il mondo esista una sola verità valida per ogni uomo, ne dubito.
Parlando di ragione (verità) mi riferisco quindi esclusivamente alla mia personale ragione, o a quella delle persone alle quali mi associo, senza alcuna pretesa che sia l’unica pur essendo sempre quella che io difendo e sostengo. Ovviamente questo comporta azioni che seguono le convinzioni, nel pieno rispetto della libertà altrui di fare scelte diverse e quindi di comportarsi diversamente.
La mia libertà finisce dove inizia la tua, ed i miei diritti non possono prevaricare i tuoi. Abbiamo entrambi pari diritti e pari doveri.  
Se la mia condizione mi offre la possibilità di imporre la mia idea, perché risulto il più forte, questo non significa che io abbia ragione, ma solo che sono, in quel momento, il più forte.

Difendere il debole mi sembra una conquista di civiltà, ma lo difendo come persona, non per le sue idee se non coincidono con le mie. Inoltre se la pensa diversamente non lo censuro ma neppure gli spiano la strada per fargli dire la sua.  Mi spiego meglio. In una ipotetica situazione al limite un personaggio offende un ebreo, un omosessuale, una donna, un immigrato, oppure sostiene il diritto di non far parlare queste persone, perché inferiori. Perché dovrei farmi complice del suo modo sbagliato di intendere la verità e dargli modo di denigrare o far tacere gli altri?
Io quindi non spero che un debole possa aver ragione per poterne difenderne le idee. Piuttosto taccio, se non sono abbastanza preparato per capire il problema, e in ogni caso tento prima di approfondire cosa sto difendendo. La vita purtroppo è piena di persone che si lamentano di supposti torti subiti a causa della loro debolezza mentre chi effettivamente avrebbe bisogno di aiuto per umiltà e dignità non si fa notare e non chiede nulla.
Ora se vuoi qui hai il diritto di replica, aggiungendo un tuo commento. Puoi così spiegare meglio il tuo pensiero a me ai pochi che mi seguono*. E, come sempre, grazie di avermi letto.
(* Nota. Ufficialmente mi seguono in 12, ma uno di questi sono io, quindi in realtà 11. Mediamente un post di questo blog viene aperto - e quindi forse letto - almeno 50 volte, nel tempo, sino ad oggi. È una mia stima approssimativa. Alcuni post molto di più e altri quasi per nulla. Certe persone è possibile che aprano e poi non leggano, altre invece forse leggono più volte.)
                                                                                                 Silvano C.©


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lunedì 21 luglio 2014

Odio interetnico ed interreligioso




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Chi si sente minacciato, a torto o a ragione, tende ad avere vari tipi di reazione. Può diventare aggressivo, ed amplificare una potenziale minaccia in una sorta di gioco al massacro, in una guerra aperta, in un estremismo giocato su vari piani, solo razionali e teorici, verbali, volti al proselitismo, o in vere e proprie crociate combattute anche con le armi vere, quelle che uccidono più della penna.
Può tentare di capire e quindi cercare un punto di dialogo, partendo dalle proprie esperienze e convinzioni, e sperare di trovare una controparte non aggressiva per partito preso ma disponibile a parlare, per una crescita comune ed un vantaggio reciproco che consiste in una prospettiva di convivenza possibile.
Può sfruttare questa sensazione e diffondere i sentimenti che prova per trarne un’affermazione della correttezza della propria posizione, convincere chi potenzialmente è dalla propria parte a fare un corpo unico contro la minaccia, può cioè cercare di cavalcare la tigre per ottenere maggior potere personale.
Può negare l’evidenza, cercare rifugio nella fantasia, in teorie di anarchia buona e pacifica, ignorare i segnali di pericolo che oggettivamente ci sono, schierarsi dalla parte della pace per astrazione, non come conquista sul campo, cioè per resa.
Può rinchiudersi tra mura, con sistemi di allarme sofisticati, personale addetto alla propria sicurezza, salvare con la forza il proprio tenore di vita solitamente molto elevato e rifiutare di capire la paura di chi, oggettivamente, paga già in prima persona le minacce.

Non vedo alcuna visione comune, ma mille posizioni diverse, alcune più moderate, altre più ferme e di parte. E, col passare degli anni, il fronte moderato appare sempre più accerchiato da ogni lato, a volte risulta maggioranza solo perché l’integralismo di un colore non si allea con quello di colore diverso (Cioè perché la rabbia schierata non assale compatta il fortino che resiste).
Una volta, tanti anni fa, scrissi che abbatterei volentieri ogni chiesa, ogni moschea, ogni sinagoga, ogni  tempio religioso o luogo di preghiera di qualsiasi fede, senza lasciare in piedi un solo muro, nemmeno un ricordo di quello che era, e cercherei anche di nasconderne le tracce. La vita di un uomo non vale quella di un monumento artistico se vi è legata un’ipotesi di “unica via”, di “salvezza”, di “verità”. Ma ero ingenuo. Non sono solo le fedi religiose a renderci diversi, includendo tra queste anche le fedi laiche, non meno degne di riconoscimento e responsabilità.
Sono le nostre diversità etniche, non certamente razziali – le razze non esistono - ma culturali, a farci tutto questo. La fede religiosa ne è solo una componente, fondamentale, ma non primaria. L’ordine di grandezza è il diverso nel suo insieme, è “dentro” chi mantiene vive le proprie tradizioni nel luogo dove è nato o che le vuole portare con sé dove si ritrova a vivere.
Anche il divertente campanilismo non è più tanto divertente se si ritorna con la mente al nostro non lontano passato dell’Italia dei Comuni e delle guerre tra questi. Se poi ci si sposta in civiltà ancora tribali non è più possibile leggere come semplice folclorismo il clan, il patronimico, la sponda del fiume o gli antenati; questo fa la differenza.
In anni non lontani ho assistito alla disgregazione della Jugoslavia, terra sfortunata, dominata a lungo da un tiranno indiscusso che aveva tenuto assieme e fatto convivere in pace forzata almeno tre generazioni, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Tito era un non allineato e per molti anni questo significò apertura tra occidente ed oriente, tra nord e sud. Ma era pur sempre un tiranno. Dopo la sua morte si ebbe un’illusione di apertura democratica, ma durò poco. Le differenze mai superate - neppure dai matrimoni misti, dalla convivenza nello stesso condominio e dall’aver frequentato le stesse scuole - hanno ripreso il sopravvento. E si sono massacrati tra amici, tra conoscenti, tra vicini di casa e di paese. Ora la Jugoslavia non esiste più, e le barriere che con Tito sembravano sparite si sono rialzate.
Persone intelligenti e coraggiose, penso alla Fallaci, si sono schierate in modo chiaro, e si son fatte strumento più o meno consapevole dello stesso odio che sembra inarrestabile. Parteggiare in modo esplicito per una parte che cerca divisione e/o affermazione dei propri principi è sempre negativo. Quella parte non cercherà mai il compromesso, la mescolanza, il superamento, la contaminazione salvatrice.
Il fatto che i questi mesi arrivi in Italia apparentemente l’intero continente africano non facilita il compito a nessuno. Sicuramente tra i tanti nuovi arrivati ci sono estremisti ed integralisti che mirano a sovvertire il nostro di vivere imponendo il loro, e questo non porterà a nulla di buono se lasceremo prevalere quest’ottica centrata solo su sé stessi.
(nell'immagine il presidente Kennedy con il maresciallo Tito - 24 ottobre 1963)                                                                
                                                                     Silvano C.©


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domenica 20 luglio 2014

Tra due estremi (senza dimenticare le sfumature di grigio)



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Operazione riduttiva, essenziale, sicuramente minata da preconcetti o sovrastrutture personali non sempre condivisibili, ecco, ne sono consapevole. E la voglio fare lo stesso. Quindi inizio:
Situazione bianca – Il paese, di non troppi abitanti, magari alla periferia di una città maggiore, ma ancora con una sua identità precisa, un centro storico abbastanza vivo e non ancora degradato da crisi ed altri problemi. Non un rione dormitorio, insomma, e non un posto da dove si fugge perché non c’è nulla. Probabilmente allora devo rivedere la sua ubicazione e situarlo un po’ più lontano dalla grande città: ecco, così va meglio. La vita vi si svolge secondo ritmi un po’ più lenti ed umani. Ci si conosce quasi tutti, di vista almeno, e le parentele tra gli abitanti non sono per nulla rare. Sono frequenti i “cortili”, dove vari nuclei familiari hanno in comune zone di accesso, magari rimesse per le auto costruite affiancate, in società, a volte anche orti, in comproprietà. 
Contesto ideale, da favola? Un po’ sì, forse. In ogni caso il controllo sociale in queste condizioni è fortissimo. Praticamente tutti sanno di tutti, anche senza volerlo. Basta andare a prendere il giornale, a comprare la verdura o un tubetto di colla, fare due passi dopo cena, e le informazioni arrivano.
Situazione nera – Periferia del grande centro, zona residenziale popolare, pochi servizi, spesso solo un dormitorio dove si resta poco, e sicuramente non si esce a far due passi la sera. In giro troppe facce strane, nuove, a volte che fanno paura ( a torto o a ragione). I grossi condomini sono accostati, gli spazi esterni comuni sono ridotti al minimo, e spesso sono solo parcheggi. Senso di appartenenza abbastanza basso. Chi può se ne va in zone più adatte alla vita sociale, dove uscendo si trovano negozi e vita, e magari qualche bar.
La situazione bianca e nera sono usate per esemplificare estremi di condizioni di convivenza. Nella bianca si vive controllati dagli altri ma se ne riceve in cambio un senso di sicurezza dovuto al sentirsi in un luogo “proprio”. Il rovescio della medaglia è il non poter mai cambiare, l’essere sempre quel ragazzino delle elementari, o quella persona che ha fatto quella cosa, per tutta la vita.
Nella nera invece nessuno conosce a fondo gli altri. Quindi non ci si fida, ci sono più furti, e minore rispetto delle cose comuni, come strade, giardini, auto parcheggiate. Ognuno però può essere quello che desidera essere, non quello che era 20 anni prima, o da giovane. L'anonimato può essere opportunità.
E poi c’è il grigio, l’enorme varietà delle combinazioni intermedie, delle contraddizioni che io non ho previsto o descritto. 
Ed è il grigio la vera vita, complicata e contaminata.
Infine ci sono i valori fuori scala cromatica, gli ultra-bianchi e gli infra-neri, cioè le zone residenziali di lusso, le ville e i grandi parchi privati da una parte e le periferie ancora più degradate, quasi bidonville dall’altra.
Tra i due estremi, purtroppo, io vedo che il solco si allarga. Dire che questo non mi piace mi sembra superfluo.   
Spero ti sia chiaro che la scelta dei non-colori bianco e nero è legata esclusivamente alla loro contrapposizione, e non al colore della pelle umana.
(L'immagine è di Escher)
                                                                                                  Silvano C.©


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sabato 19 luglio 2014

Sempre sul significato delle parole




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È difficile accettare senza dir nulla il sistematico attacco al significato delle parole che distrugge alla base la stessa possibilità che abbiamo di capirci parlando o scrivendo senza fraintenderci o senza essere obbligati a schierarci anche quando potremmo senza alcun problema evitarlo.

Da un po’ di tempo “cittadino” ha un significato particolare, per alcuni che seguono il Movimento Cinque Stelle, mentre per tutti gli altri semplicemente ha quello riportato in ogni vocabolario.

È esattamente la stessa operazione che si è compiuta quando si è usato “compagno” con significato politico, o “camerata”, per citare solo due esempi paragonabili, in passato.

Da anni poi il termine “pubblico”, che nella nostra Costituzione mi sembra tanto chiaro, ad esempio quando si riferisce alla scuola, in contrapposizione al termine “privato”, è stato snaturato. Ora ogni scuola è pubblica, perché offre un servizio pubblico (però esattamente come sono pubblici i bar, i taxi o i cinema, compiendo un gioco subdolo di fraintendimento del dettato costituzionale).

Mi verrebbe da chiedere, leggendo l’art.  33 della nostra Costituzione, quali siano, secondo i Governi italiani da molti anni a questa parte, le scuole e gli istituti di educazione che si possono istituire senza oneri per lo Stato. Secondo le ultime posizioni - leggermente allucinanti - restano praticamente solo le scuole guida, perché anche le paritarie o parificate non si possono più chiamare private (ed in quest’ottica hanno diritto al sostegno pubblico) anche se sono tali di fatto, essendo confessionali, soggette a norme diverse per quanto riguarda gli iscritti ed il reclutamento dei docenti, frequentate da una certa elite o da chi ha fatto alcune scelte di parte. (Non entro nel caso particolare delle scuole parificate che sono essenziali in un territorio non servito dall’Ente Pubblico, già parzialmente affrontato in una discussione, su questo blog)

Confusione poi tra “ebreo”, “israeliano” e “sionista”, e a seconda della parola che si sceglie (o che si confonde volutamente) tutto a volte diventa inestricabile.

E poi che significato diamo a “immigrato”, “straniero”, “clandestino” ed “extracomunitario”? Sono certo che tra gli italiani non c’è accordo neppure tra queste parole, ed ognuno le intende secondo il proprio ordine di valori di riferimento.

Se fosse vietato per legge usare un termine esistente con un significato diverso da quello previsto da un preciso vocabolario avremmo già fatto un piccolo passo avanti. Subito dopo potremmo iniziare a demolire le definizioni date da luoghi comuni stratificati e sedimentati, quasi impossibili da sradicare.

 
Del resto diciamo tranquillamente “il Sole sorge” e non ci sembra scientificamente scorretto e neppure rilevante, no?

(immagine Nasa)
 
                                                                                                  Silvano C.©


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