lunedì 9 giugno 2014

España ‘80

(da vecchi appunti di viaggio di Viz)
 

Decidere di stabilire quali siano le cose utili che si fanno nella vita e quali invece non lo siano è compito che lascio ad altri, io mi limito a trascrivere quello che trovo in un vecchio quadernetto di viaggio di Viz, che mi è ricapitato tra le mani. Qui mi piace riportarne alcuni brani stralciati che ho scelto tra i più significativi, evitando le note spese, i chilometri percorsi trascritti in modo puntiglioso ed altre informazioni di minor interesse. Negli appunti ci sono anche le date, ma io preferisco non riportarle, a parte una sola, alla fine; quella però è storia, non riguarda esclusivamente il nostro viaggio, riguarda tutti noi italiani.



Finalmente partiamo con l’auto nuova fiammante, ancora quasi in rodaggio anche se dicono che non si fa più il rodaggio. Ci adattiamo a dormire dentro l’auto, dove lui ha ricavato con alcune assi un letto e quindi portiamo bagagli ridotti al minimo. Atmosfera claustrofobica, ma ci si abitua. Così si viaggia senza bisogno di spendere alloggiando in alberghi.



A Ventimiglia si attraversa la frontiera e siamo in Francia. Lui pensa alla Costa Azzurra ed a tutte quelle ragazze che probabilmente stanno bellissime in spiaggia a prendere il sole aspettando solo lui. Lo pensa ma non lo dice, è ovvio.



Il caldo è micidiale, e alcune strade francesi sono dritte in modo inspiegabile, semplicemente seguono gli avvallamenti e le salite del terreno. Non intendiamo fermarci troppo in Francia, siamo diretti in Spagna. Lunghissima baguette imbottita ad Arles, è una specialità della zona, ma solo dopo la visita al museo Picasso.  A Perpignan troviamo una salita interminabile, il motore dell’auto inizia a fumare, letteralmente sembra che inizi a bruciare, e siamo costretti a fermarci in un’officina. Io cerco di spiegarmi, visto che un po’ di francese lo conosco, ma il meccanico, dopo un’occhiata al motore si mette a ridere e spiega che è normale, o almeno così mi sembra di capire. Pare che i motori nuovi siano rivestiti di una sorta di olio speciale che alla prima vera surriscaldata si sciolgono e fondono producendo fumo ed odore, proteggendo però il metallo da successive corrosioni. Ripartiamo.



Attraversiamo il confine con la Spagna, mettiamo via i franchi e prendiamo le pesetas. Arriviamo velocemente a Barcellona, parcheggiamo e vediamo uno strano movimento attorno alla nostra auto. Torniamo sui nostri passi e ripartiamo, spostandoci di un chilometro. Parcheggiamo ancora, poi ci allontaniamo e ci appostiamo. Di nuovo strani personaggi iniziano ad avvicinarsi all’auto. Torniamo di nuovo indietro e proviamo in un terzo parcheggio, distante dai primi due. Rimaniamo ad osservare a distanza. Sembra un posto tranquillo e decidiamo di fidarci, per alcune ore. Siamo diretti alla Sagrada Família, l’eterna incompiuta di Gaudì, e rimaniamo senza parole, ad ammirarla. Poi la visitiamo, e dentro vediamo che quello che manca al suo completamento è molto di più di quanto giù costruito. Piccolo contributo per la fabbrica.



Destinazione Saragozza, distanze incredibili per la nostra Italia. Ogni sera trovare un campeggio è difficile, ed arriviamo stanchi morti. Quando lui spiega all’ingresso che dormiamo in auto è sempre un’impresa. Solitamente non capiscono. Lui non parla spagnolo, ma si diverte ed e convinto di capire e di farsi capire. Alla fine in effetti riesce sempre ad intendersi, ma mai su un punto, cioè su cosa stiamo viaggiando e come dormiremo in campeggio. Alcuni ci fanno pagare anche la piazzola per la tenda, che non abbiamo, altri come se avessimo un camper, “coche cama”, come lo chiamano, e lui a spiegare che è solo un’auto, non un camper. Ma non la spunta, mai. 



Tra Bilbao e Oviedo, nel profondo nord, atmosfere atlantiche ed indipendentiste. I fienili sono particolari. Lui fa alcune foto, il paesaggio è piacevole, a tratti ricorda paesi alpini. Passiamo veloci.



Arriviamo a Santiago de Compostela, meta di pellegrini, ed infatti la città attorno al Santuario (e non solo) ne è piena. San Giacomo è l’apostolo della conchiglia, la Capasanta. Il santuario è imponente, scuro, una visita veloce ed usciamo. Lui sembra interessato più di me, non so esattamente da cosa. Non mi resta una bella impressione del luogo.



Entrati in Portogallo, e subito siamo a Porto (che noi chiamiamo Oporto, mai capito perché). Prima di arrivare notiamo decine di persone su moto e motorette con in testa caschi ridicoli. Una signora enorme su una imitazione di lambretta microscopica ed, in testa, un baschetto nero inutile in caso di incidenti. Aria di povertà dignitosa. Noi malgrado la nostra utilitaria ed il viaggio cercando di risparmiare su tutto ci sentiamo ricchi.



Il clima ci stupisce. La mattina è sempre dominata dal una nebbia o foschia che si dirada solo con l’avanzare del giorno, il tutto aggravato dal fatto che per noi loro si alzano più tardi rispetto a noi, per via del fuso orario al quale non siamo del tutto abituati. Quando si vede l’oceano è solo dall’alto di qualche scogliera, inavvicinabile.



Arrivo a Coimbra. Tentata visita alla famosa biblioteca, ma non è orario. Attorno pochi turisti, gente che ci guarda, si mangia in fretta e poi si riparte direzione Lisbona. Sosta a Caldas da Rainha. Campeggio vicino al centro del piccolo paese tremale, serata di lusso, cena in un posto piacevole, io ubriaca come raramente mi capita, lui non molto meno. Di notte le sospensioni dell’auto cigolano un pò.



Lisbona e gli azuleios, le strade ripide, le piazzette piccole, l’atmosfera del porto e il pranzo al ristorante. Lui si prende un piatto strano al nero di seppia, io non mi fido, e scelgo una frittura. Il vinho verde stende entrambi, ci stiamo facendo l’abitudine. Ripartire non si può. Più tardi ci perdiamo con le indicazioni, percorriamo diverse volte il ponte 25 aprile nei due sensi, ed alla fine troviamo, appena fuori dalla città un campeggio.



Lui smania per trovare un posto di mare, io preferirei un po’ di ombra sotto gli alberi. Arriviamo in Algarve, troviamo un campeggio enorme, distanze interne da piccola cittadina, servizi accentrati in un unico punto. Piazziamo l’auto lontanissimi da tutto. La notte come ci vado ai bagni mentre lui dorme e guai a svegliarlo? Quando esco dall’auto e mi incammino alla luce scarsa di poche lampade mi viene paura. Trovo un cespuglio provvidenziale e ne approfitto.

La spiaggia è peggio di Rimini a ferragosto. Toccata e fuga.



Ritorno in Spagna, Huelva y Sevilla, la magnificenza incredibile dell’architettura araba. Ci sfugge la Torre de oro ma non i giardini attorno all’Alcázar, dove mi faccio docce vestita alle varie fontanelle che incontro e dopo pochi minuti sono di nuovo asciutta e boccheggiante. Il palazzo è magnifico, e lui scatta troppe foto. Visita veloce alla cattedrale. Lui è affascinato dal catafalco con i resti mortali di Colombo.



Malaga delude entrambi, ci si dirige a Granada. L'Alhambra sembra un posto di favola, la raffinatezza e la bellezza mi mettono soggezione, lui guarda i mosaici, i disegni geometrici, sembra rapito dai particolari, e scatta sempre troppe foto. Fuori compriamo qualche piccolo souvenir, ed un’anfora in terracotta per l’acqua potabile che abbiamo già visto in giro, con due piccole aperture munite di tappo. Il caldo è micidiale. Lui non si fa sfuggire la visita alla cripta dove sono sepolti i re cattolici, Isabella di Castiglia e Ferdinando d'Aragona). Ha un'attrazione per questi luoghi.



Direzione Cordoba, ma lui sembra in difficoltà. Ha attacchi di dissenteria, e vomita. Io inizio subito dopo. Stanchezza e caldo o forse qualche cosa che abbiamo mangiato. Troviamo un campeggio prima di arrivare a Cordoba. Ha persino la piscina, ma stiamo troppo male. Non abbiamo fame, solo sete.
E per due giorni solo granite di limone. Poi ci si riprende, lentamente. La visita alla  Mezquita non la ricordo per nulla. Io mi siedo all’ombra di quelle colonne arabe, e lui fa foto. La chiesa cattolica costruita DENTRO la moschea gli sembra un’oscenità culturale ed artistica, ancor prima che religiosa. Mi racconta quello che lo colpisce, ma solo più tardi capisco.



Con calma si riparte, stiamo meglio. Direzione Madrid. Il sole non perdona, le distanze neppure. L’anfora in terracotta suda per conto suo e ci consuma l’acqua, ma quella che rimane è fresca. Meglio tanta acqua, ma calda, oppure poca, ma fresca? I tori ci sorvegliano dalle montagne, pochi mulini a vento. Non incontriamo don Chisciotte. Alla fine di una giornata di viaggio calcolo i chilometri percorsi dalla mattina. Più di 650.



Arriviamo a Toledo, lui vorrebbe comprare una lama, ma una spada non ci sembra il caso. Ci ridimensioniamo, e scegliamo un coltello da cucina lungo e sottile, col marchio della città. La stanchezza inizia a farsi sentire, dopo il malessere dei giorni passati.



Madrid è troppo grande, impossibile trovare un campeggio comodo, ma la soluzione che ci si presenta è perfetta. Un campeggio è vicino alla fermata della metropolitana. Scendiamo sotto il suolo in periferia e ci ritroviamo in centro.
                                                                                        
                    (Parte seconda)

                                                                                     Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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