giovedì 29 maggio 2014

Pranzo estense



Quando torno a Ferrara non posso fare a meno di cercare un po’ delle mie radici rimaste in antichi sapori e preparazioni alimentari, ma poiché non sono un esperto né uno storico, io mi limito alle mie emozioni, a ciò che ho appreso durante l’infanzia e che quindi è solo della mia famiglia o delle mie prime esperienze in questo campo. Poi vengo a tempi più recenti, alle tradizioni ritrovate ma che non conoscevo sino ad una certa età, perché vengo da famiglia operaia e contadina, sicuramente abituata a risparmiare e a non concedersi certi lussi che, oggi, io cerco di permettermi, per nostalgia e ritorno alle mie origini.
Quindi qui voglio tentare, senza pretesa di essere esaustivo, un elenco di piatti che fanno parte dei miei gusti personali, escludendone altri sicuramente famosi localmente ed apprezzati ma che a me non interessano. Escludo poi i vini, perché scriverei banalità e in questo campo sono assolutamente impreparato, anche se ho iniziato ad apprezzare un vino buono, quando mi capita, e lo bevo con piacere.
Per tentare una minima esposizione sistematica userò lo schema classico di un ristorante, una sorta di menù, insomma, il mio pranzo ideale estense, ovviamente da non consumare in una sola volta, ma da provare, magari due o tre piatti per volta, quando si ha occasione di capitare a Ferrara. Un ferrarese non ha bisogno di leggermi, e forse non approverà sino in fondo le mie scelte, ma questo lo so, e me ne assumo la piena responsabilità.

Pane
Forse è in assoluto il prodotto principe, alla base della cucina ferrarese, la ciupeta, la coppia ferrarese, prodotta in vari forni che si trovano nelle vie del centro di Ferrara e della sua intera provincia. Ha una forma tipica con quattro cornini a formare una specie di croce che si riuniscono al centro, dove c’è un po’ di mollica, non troppa. È da assaggiare assolutamente, per chi non lo ha mai fatto. Non serve andare al ristorante tipico e tradizionale, dove certamente la mettono in tavola, ma basta appunto fermarsi lungo le vie, ed entrare in un forno. Prima però verificate che ci sia qualche ferrarese che compra le ciupete.



Antipasti
La cultura contadina ha il maiale nella sua tradizione, e gli insaccati a base di carne di maiale, o altre preparazioni, sono perfette come antipasto, anche se ovviamente sono in grado di reggere, uniti al pane, un intero pasto.
Prima di tutto io consiglio il salame all’aglio, che ogni cantina un tempo proteggeva con cura, e magari non di rado si conservava anche in casse sotto cenere.
Poi la pancetta arrotolata e affettata come un salame.
Infine i ciccioli, ottenuti dal grasso del maiale, o secchi, pressati, oppure da taglio (Silvano, non volevo dei ciccioli, oppure, Silvano, Nonvalevole Ciccioli? meditate sul testo del grande Jannacci).

Primi
Pasticcio di maccheroni, con besciamella e ragù, e contenuti in un involucro di pastasfoglia. Hanno origini legate alla corte degli Este, accostando il dolce al salato come usava in tempi rinascimentali.
Pasta al forno, con besciamella e ragù di carne.
Tagliatelle all’uovo e stese a mano, poi fatte al ragù.
Cappellacci di zucca,(caplaz) simili a quelli mantovani, e tipicamente al ragù.
Cappelletti (i caplit, altrove chiamati tortellini) con un impasto per il ripieno diverso da famiglia a famiglia, il batù. Quando si facevano in famiglia a volte uno a caso veniva riempito di solo pepe, per ridere ovviamente a tavola quando si scopriva a chi capitava, cotto, nel piatto. Da evitare quelli alla panna. Si consumano solo in brodo, con un po’ di parmigiano sopra.
Gnocchi di patate, sempre al ragù.
Passatelli in brodo.
Papparuccia, specie di polenta abbastanza molle ottenuta con farina di mais utilizzando l’acqua di cottura dei fagioli, lasciando anche vari fagioli nell’impasto, aggiungendo un po’ di olio e poi versata a raffreddare in piatti da portata fondi.
Pasta e fagioli. La migliore è quella che durante la cottura si attacca sul fondo, ed è un po’ bruciacchiata (non è così, ovviamente, ma per me è il massimo)
Zuppa di pane raffermo, cioè semplicemente pane ferrarese secco, brodo e un po’ di sale.
Riso in brodo con una spruzzata di vino rosso.

Secondi
Salama o salamina da sugo, da abbinare sempre col purè di patate.
Cotechino.
Baccalà, in umido, a volte cotto con patate, altre volte servito con la polenta.
Grigliata mista di carne di maiale.
Polpettone, con molto pane, verdure uova anche sode e poca carne. Si può cuocere in acqua dopo aver avvolto l’impasto in una stoffa, una volta di canapa, e legato stretto.
Bollito, che si è ottenuto per preparare il brodo, solitamente con carne di manzo e pollo.

Contorni
Purè di patate.
Patate al forno.
Pomodori, zucchine e peperoni ripieni.
Zucca al forno.
Polenta.
Insalata di stagione.

Piatti unici
Tonno e cipolla, semplicemente.
Pinzini (pinzin, crescentine fritte) con affettati (ignorando le salsine strane a volte abbinate)
Gran fritto misto (verdure e carni, in pastella, anche con cubetti di crema)

Dolci
Pampepato o pampapato al cioccolato, il re di tutti i dolci di Ferrara, da consumare nel periodo invernale.
Zuppa inglese, per alcuni nata esattamente alla corte estense, per altri importata dall’Inghilterra.
Ciambella, o brazadela.
Sugoli d’uva (in periodo di vendemmia, visto che son fatti con mosto e farina)
Grostoli (per carnevale)
Salame di cioccolato

Frutta
Di stagione, ovviamente. Un tempo la provincia di Ferrara era tutta un frutteto, ma ancora oggi si trovano ottime fragole, mele, pere, fichi, angurie e meloni, pesche, albicocche, prugne, cachi, ciliegie e così via.

Da evitare tassativamente, se si è in visita a Ferrara per poche ore o pochi giorni e si va in qualche ristorante:
·        Cinesi, giapponesi, fast-food, etnici in genere e locali con pizze al taglio o crepes. (quelli sono ovunque, non ho nulla contro, se piacciono, ma siete a Ferrara, antica capitale degli Estensi. Meglio un panino, piuttosto.)
·        ogni  locale che descriva i piatti con le parole: su un letto di…
·        la rucola
·        l’aceto balsamico (ma si possono fare eccezioni)
·        le osterie con l’H davanti
·        la piadina (ottima, ma è romagnola)
·        tortellini alla panna, tagliatelle al salmone, burro e salvia

Non posso dimenticare poi pochi piatti tipici della mia infanzia, sempre con poca carne, perché costava, e pure con pochi formaggi, che solo più avanti negli anni ho iniziato a scoprire. Quindi uova cucinate in tutti i modi, e legumi di tutti i generi, e minestroni, e prodotti dell’orto, che in famiglia abbiamo sempre avuto sino al trasferimento definitivo nel capoluogo. E poi rane e lumache, che non mi piacevano, oppure pesci di fiume, pieni di spine, come il pesce gatto, che ho sempre mal sopportato, preparati fritti o in umido. Quasi mai anguille, anche se sono un prodotto tipico delle valli ferraresi. Io, in sostanza, ricordo molti primi ma ben pochi secondi, e la carne, solitamente pollo o coniglio, si consumava quasi sempre solo la domenica.

Considerazione finale. In tempi difficili come questi impossibile pensare seriamente di mangiare come ho descritto in questo post, e non solo per un problema di dieta, quando molti non sanno come mangiare, semplicemente. Eppure io voglio essere ottimista, devo esserlo, per non gettare al vento una storia millenaria, un orgoglio di risalire e risorgere, un bisogno di ritrovare quello che eravamo e di lasciarlo alle generazioni che ci seguiranno, in questo melting pot culturale che non rifiuto, ma che non deve uccidere la nostra storia.

                                                                                           Silvano C.©


( La riproduzione è riservata ma non c'è nessun problema se si cita la fonte, grazie)

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