giovedì 31 ottobre 2013

cimiteri

Quello di Venezia, sull’isola di San Michele, è unico. Vi si arriva con il vaporetto, i morti hanno un’isola solo per loro, sulla terra e non in fondo al mare. Credo che vi si possa dormire bene, tranquilli nella laguna, quando i visitatori se ne vanno e i cancelli si chiudono. Tra gli altri vi è sepolto Franco Basaglia ed ho voluto sostare per un breve omaggio davanti alla sua tomba durante la mia sola visita a quel luogo. Da alcune finestre dell’ospedale SS. Giovanni e Paolo si vedono le tombe, non troppo lontane, prima di Murano. E per alcuni l’ultimo viaggio non sarà lungo.

La certosa di Ferrara ha una storia antica, è situata dentro la cerchia delle mura e compresa nell’addizione erculea. Appartiene al comune di Ferrara dal 1813 e si trova in un antico monastero certosino. Dentro non mi ci perdo, anche se non ci vado spesso. Vi sono sepolti in tanti della mia famiglia, e persone che ho conosciute. Ha un’aria antica, con nobili statue, percorsi nascosti e gatti che fanno compagnia ai morti. Non lontano, sempre nella zona degli angeli, c’è anche il cimitero ebraico dove dorme Giorgio Bassani.

In uno dei due cimiteri di Rovereto c’è una zona ordinata dove riposano frati e suore, rigorosamente ed ordinatamente separati. Nell’altro, più vicino a casa mia, col campanile della chiesa che  vedo dal mio balcone, riposa una piccola che se ne è andata troppo presto e che ho conosciuto quando sono venuto ad abitare dove vivo ora.

Il cimitero di Novellara, in provincia di Reggio Emilia, è un piccolo cimitero di paese. Dal 1992 è lì che dorme Augusto Daolio, perché dopo aver cantato Dio è morto è morto pure lui. E vedere la sua tomba fa capire quanto sia ancora amato, oggi, ad oltre 20 anni dalla sua scomparsa.

Il cimitero di Porotto, un piccolo paese che si incontra andando da Ferrara a Carpi, appena entrati, sulla sinistra, ha una zona nuova dove è tumulato Adriano Franceschini. Riposa in una tomba semplice uno degli studiosi ed epigrafi più importanti del ‘900 a Ferrara. Io però non lo ricordo per i suoi studi, ma perché è stato il mio maestro, tanti anni fa, in quella scuola che ora porta il suo nome.
                                                                                             Silvano C.©

( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

mercoledì 30 ottobre 2013

Il sesso debole


Quanto sei forte, uomo, capace di sollevare di peso la donna e di usarle violenza se così il tuo cervello infantile ti suggerisce, di aggredire un tuo rivale e di ucciderti contro un guard rail solo per dimostrare a lei quanto sei abile e coraggioso, sprezzante della morte.
E quanto sei debole invece quando cadi letteralmente stregato da due occhi, da una lusinga che ti solletica l’ego da tempo intristito dai rifiuti o dalla solitudine che dici di cercare ma che in realtà non puoi evitare.
Cerchi la tua musa, la tua immortale, la tua ispiratrice e dispensatrice di sicurezza, quella sicurezza che da solo non sai trovare in te stesso.
Se lei ti lascia crolli come un castello di carte che sembrava fortezza, ti ritrovi ad ammettere che anche un uomo a volte piange. Capita che la tua anima debole lotti inutilmente per riavere quello che non ti spetta più, e tu decida che se non può essere tua non sarà di nessun altro, e così diventi uno stupido assassino, un banale essere che si rifugia nel male, non trovando in sé sufficiente forza o grandezza. La tua forza era solo lei, ed agendo così non fai che ammettere la tua debolezza.
Quante donne sono morte inutilmente a causa di uomini che si dicono forti senza esserlo, che andrebbero privati dagli altri per sempre del loro status di esseri umani, perché non sono né umani né animali, ma esseri irrazionali, o non-esseri come le valanghe, dalle quali ci si deve solo proteggere e mai esserne amici.
La tua forza poi diventa nulla di fronte all’impotenza - quella innominabile misura della tua virilità negata - o di fronte al confronto da bambini sulle dimensioni del tuo sesso.
Solo la donna giusta che ti capisce, che ti ama oppure ha pietà di te e ti illude senza ferirti, ti cura le immani insicurezze nascoste sotto la pelle dura, più dura della sua, certo, ma solo perché dentro tu sei più morbido.

                                                                                Silvano C.©


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A volte leggo Femminismo a Sud

Leggo, non assiduamente è vero, ma leggo Femminismo a Sud, il blog che molti conosceranno, e in caso negativo ecco come vederlo: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2013/10/29/renzi-e-il-pd-non-parlate-di-donne-please/ 
Il link porta ad un post che ho letto e del quale riporto due brani (mi permetto di stralciarli perché chi vuole può comunque leggere il testo originale completo):

“Fate così, tutti quanti. Non importa davvero che pronunciate termini tra l’altro oramai obsoleti in relazione ai generi. Che importa se parli di donne, uomini, trans, gay, lesbiche, bisex. Il punto è che se parli di persone, di soggetti invece che di oggetti, devi rispettarne l’autodeterminazione e dovrai ascoltare quanto hanno da dire. E proporre. E ci sta anche che non abbiano nulla da dire a Renzi in se’, non perché sia una cattiva persona, ma più che altro perché c’è chi rifiuta di delegare al leader istanze che vuole rivendicare per se’.

Fate così. EVITATE di parlare di donne nel vostro scazzo interno a farvi belli a chi se ne occupa di più. Evitate. O imparate tutti a dare spazio a temi complessi a cominciare dal fatto che non si può fare un decreto legge in nome delle donne senza tenere conto dell’opinione delle donne”

Poiché io qualche opinione personale sul tema in tanti anni me la sono fatta ora la esprimo, partendo da questi brani e rifacendomi ovviamente anche a cose che ho già pubblicato su questo blog e che ognuno con una ricerca grazie alle etichette o digitando in alto sotto l’intestazione una parola specifica può trovare.

Quante cose da dire, troppe. Innanzitutto inizio con l’esprimere l’impressione che per alcune donne di oggi 40 anni e più di storia siano trascorsi inutilmente, e che si torni agli anni 60 e 70, quando la stupidità e l’arretratezza diffuse nel mondo maschile giustificavano ampiamente la ricerca di una riflessione autonoma delle donne, che escludevano il maschio per un bisogno fondamentale di capire prima cosa era giusto dal loro punto di vista, dopo secoli di predominio maschile, e che ogni intrusione di compagni, amici, amanti o altro avrebbe finito per condizionare la ricerca di una nuova idea, la comprensione di nuovi bisogni, l’affermazione della propria femminilità, inizialmente contro l’idea dominante del mondo maschile.

Ora ci risiamo, il maschio è ancora contro, è un ostacolo sulla strada. Possibile che nessuno nel frattempo non abbia capito ancora e che quindi si debba essere accusati  genericamente di usare categorie obsolete come donne, uomini, trans, gay, lesbiche, bisex, come se non si parlasse di persone ma di oggetti? L’accusa è rivolta a Renzi ed a tutto un mondo politico che usurperebbe il diritto di parlare a nome di altri, in questo caso delle donne, e si rivendica esplicitamente il diritto politico di non delegare nessuno a parlare di donne, ma di farlo solo in prima persona.  
Se c’è una cosa che non capisco, nella mia ottica novecentesca, e come ci si possa affidare, politicamente, a gruppi che rappresentano solamente le proprie istanze, magari assolutamente corrette e adeguate ai tempi, ma prive di una visione d'insieme, che comprenda tutti i temi dei quali la politica si deve occupare: solidarietà e giustizia sociale e fiscale, evasione, rapporto tra laici e credenti, temi etici come igv, sostanze stupefacenti ed eutanasia, politica estera, grandi opere, difesa, scuola pubblica laica o confessionale, sanità, giustizia, ordine pubblico, immigrazione ed integrazione, violenza sui soggetti deboli e così via. Non credo quindi che un movimento o un partito di donne siffatto verrebbe votato neppure dalle donne, e, se non vado errato, non esiste (e se esiste non ha potere decisionale né rappresentanza istituzionale).
Ovvio che molte idee del post sono condivisibili, ed infatti sono pure le mie, solo che non sono disponibile ad offrire la mia comprensione, malgrado io sia ovviamente ottuso e superato dai tempi, se in cambio ricevo chiusure, in certi casi insulti o, in prospettive migliori, un atteggiamento di accettazione mista a commiserazione. Non sono mai stato masochista, né amo far soffrire. Nella vita sia alla luce del sole che nella sfera intima non amo la degradazione; essere il padrone o l’oggetto esula dalla mia logica.

La cosa che sinceramente mi incuriosisce è poi come alcune donne pensino di raggiungere, nella logica sopra citata, i loro sacrosanti obiettivi di piena realizzazione di ogni donna e di ogni uomo secondo i propri inviolabili desideri,  inclinazioni e scelte. Io ho insegnato per una vita, ed è stata mia cura fare in modo, pur nei miei limiti, che ognuno, ragazza o ragazzo, avesse le giuste informazioni, che capisse l’importanza del rispetto reciproco, che raggiungesse le giuste conoscenze anche sulla sessualità e sulle differenze tra i sessi. Come è possibile fare a meno, nel cammino verso la piena realizzazione dell’individuo, dell’apporto degli insegnanti uomini, che magari sono padri, e trasmettono anche ai figli le basi della loro visione del mondo, e che magari votano un partito politico, che potrebbe essere il PD, e potrebbero aver sposato una donna, condividendo con lei cose belle e molto meno belle della vita, ma sempre senza la pretesa di una mitica e malintesa superiorità maschile.

Impossibile poi reagire alle sfide che il mondo moderno ci pone, con questo melting pot nel quale chi ha raggiunto diritti condivisi si mescola a chi tali diritti non li ammette per cultura, origine, storia o fede religiosa se non ci si allea, donne e uomini, deponendo atteggiamenti di chiusura e di critica ad ogni tentativo onesto di dialogo.

                                                                                  Silvano C.©


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martedì 29 ottobre 2013

Sindrome


Avvertì prima un sapore strano in bocca, ma non aveva mangiato nulla da diverse ore, e poi un fastidio crescente a stare tra la gente: parlavano tutti a voce altissima, urlavano.
Telefonò a casa per chiedere se la moglie veniva prima a dargli il cambio nella rivendita di giornali posta all’incrocio tra la Seconda strada e corso Libertà.
Neppure dopo dieci minuti violenti attacchi di vomito lo costrinsero a piegarsi in due dal dolore, e quindi dallo stomaco, passando dall’esofago ed infine dalla bocca gli uscì tutto quanto aveva consumato al mattino, creando dentro il gabbiotto che era il suo spazio di lavoro una pozzanghera puzzolente. Rimase più stupito ed impaurito dal colore strano del suo vomito che non dal fatto di aver rimesso senza alcun apparente motivo, e la moglie lo trovò in quello stato pietoso quando arrivò.
Lei lo fece sedere fuori, in strada, all’ombra, mentre puliva e gettava nella spazzatura quello che aveva raccolto, buttando poi sulla pedana interna dell’edicola un disinfettante profumato.
Fuori il giornalaio si riprese dal fastidio allo stomaco, ma non gli passò il cattivissimo sapore in bocca e si rese conto di avvertire sempre più alto il tono di voce delle persone che passavano, magari distanti decine di metri da lui.
Quando si sentì un po’ meglio, e la moglie vide che aveva ripreso un po’ di colore naturale, si azzardò ad andare verso casa da solo. La strada da fare era poca, due soli isolati, nemmeno un chilometro, e si sarebbe steso a letto, a vedere se il malessere gli passava.

Due settimane dopo la situazione era ancora la stessa. Il mattino si sentiva male poi puntualmente vomitava, sia che avesse mangiato sia che fosse a digiuno, e il sapore cattivo in bocca non lo lasciava più. Non avvertiva più alcun piacere mangiando cose che prima lo attiravano molto. La cosa che era sicuramente peggiorata era il fastidio crescente che ormai provava al suono delle voci umane, che gli arrivava a volumi altissimi, ormai insopportabili. Anche la moglie, unica persona a condividere con lui l’appartamento, visto che erano senza figli, doveva bisbigliare per non creargli fastidio. Lo specialista visto pochi giorni prima non si era sbilanciato con loro esprinendo una diagnosi, esattamente come del resto aveva fatto il medico di famiglia consultato subito dopo i primi sintomi. Lo specialista aveva solo usato la parola “sindrome”, a significare che la cosa era complessa e non ci capiva nulla, cioè non aveva scoperto per quale motivo i sintomi si presentavano in quel modo e da cosa dipendevano.

L’edicolante aveva iniziato di nuovo ad uscire di casa, dopo aver vomitato in casa la solita inspiegabile poltiglia della quale aveva rinunciato a pensare alle possibili cause, per ora, in attesa degli accertamenti ai quali si era sottoposto. Aveva capito che dopo l’attacco violento allo stomaco per il resto della giornata poteva fare praticamente le cose di prima, salvo assaporare un cioccolatino o un pezzetto di pane croccante. L’unico sapore che aveva in bocca era quello amaro e putrido, di pianta medicinale forse, o di carne andata a male, e non c’era modo di eliminarlo. Per le orecchie aveva iniziato a mettere tappi, prima comprati in farmacia, e poi costruiti in casa da solo, semplicissimi, con cera vergine fusa e poi rimodellata a formare dei morbidi coni tronchi che infilava a fondo nel condotto uditivo esterno sino a sigillarlo, ed abbattendo praticamente ogni suono, riuscendo talvolta sentire così il suo stesso battito cardiaco.

Malgrado questo espediente, che per alcuni giorni sembrò dargli sollievo, poco a poco si rese conto che riusciva ad udire ugualmente ancora le parole delle persone, e, stranissimo, senza che questi aprissero la bocca o pronunciassero fisicamente le parole.
Togliendo i tappi, perché ovviamente fece vari esperimenti, gli tornava il rumore infernale delle urla di tutti coloro che lo attorniavano nel raggio di quasi un centinaio di metri. Se entrava in un palazzo molto alto sentiva quello che dicevano sino a vari piani sopra o sotto quello nel quale si trovava, ma rimettendo i tappi il caos di parole gli arrivava in sordina, e non erano più le parole, ormai lo aveva capito, erano i pensieri.

Le analisi cliniche e le visite specialistiche continuavano a dare esito negativo, aveva trascorso solo pochi giorni in day-hospital, ma i posti nelle strutture ospedaliere erano preziosi, lui non peggiorava, non era infettivo, e tutto sommato poteva condurre una vita quasi normale, quindi poco a poco i medici persero interesse per la sua sindrome, e questa rimase una curiosità scientifica e nulla più, destinata ad essere dimenticata. Rimase una curiosità senza seguito tuttavia perché lui per primo giudicò inutile e controproducente spiegare il quarto e più importante sintomo di quella stranezza che lo aveva colpito e cioè la capacità che aveva acquisito di ascoltare i pensieri.

La sua giornata tipo, ad oltre sei mesi da quel primo malessere, si era stabilizzata e il giornalaio aveva trovato un equilibrio che gli aveva permesso di riprendere il lavoro, apparentemente senza mutamenti esteriori. Il mattino la moglie andava all’edicola, lui restava a casa, e dopo aver vomitato in bagno si ripuliva, mangiava qualcosa ed andava a sostituirla. Teneva quasi costantemente i tappi nelle orecchie. Si era allenato ed era diventato bravissimo a non ascoltare i pensieri che non lo interessavano direttamente. Ora era in grado di leggere nella mente solo di coloro che aveva di fronte e vedeva fisicamente. Neppure lui aveva capito come, ma era riuscito ad escludere la massa, ed a fissarsi su una persona per volta o su un gruppo di persone che parlavano tra loro.

Aveva letto i pensieri della moglie, curioso e con sensi di colpa da guardone, scoprendo un paio di suoi amori segreti ed un tradimento non del tutto volontario e comunque ormai passato. Vi aveva letto delle sue insoddisfazioni, del non sentirsi più bella e desiderata come un tempo, della pietà per quel marito che ora un po’ le pesava, ma che non voleva lasciare, perché era tutto sommato un brav’uomo, con molti difetti, ma non peggio di altri, e che a modo suo le voleva bene, anche se non abbastanza. Si era sentito giudicato in modo crudo ma giusto. E da quel momento aveva iniziato a prestare attenzione ad alcuni particolari che sino ad allora aveva ignorato, o che aveva solo dimenticato. Ed il rapporto con la moglie, anche grazie ai suoi fastidi sempre più sopportabili, iniziò a migliorare, e lei riprese a sorridere, come non faceva da anni.

Smise di frequentare alcuni amici, adducendo sempre nuove scuse o motivazioni solo in parte plausibili, concluse alcuni buoni affari con la compravendita di piccoli oggetti di antiquariato, un suo vecchio hobby sino ad allora occasione solo di spese, e stabilizzò la sua situazione finanziaria entrando come socio in una cooperativa libraria che, unica in tutto il quartiere, riusciva, grazie ad alcune sue felici “intuizioni” a proporre sempre libri nuovi o improbabili ma in fondo attesi, che stimolavano chi passava per caso davanti alle vetrine della libreria e spesso facevano varcare la soglia di quell’ambiente che presto divenne troppo angusto per la clientela che aveva iniziato a frequentarla.

Il giornalaio e sua moglie vendettero presto l’edicola e la licenza della rivendita di giornali posta all’incrocio tra la Seconda strada e corso Libertà con un ottimo guadagno, perché era ben avviata ed era in una buona posizione. La moglie, spinta dal marito, iniziò a scrivere un libro. Lui, trascorsa la mattina in casa con lei, si recava ogni pomeriggio nella libreria cooperativa, a consigliare ad ogni cliente il libro giusto, trattando tutti in modo speciale.

L’ormai ex giornalaio aveva anche pensato di utilizzare meglio lo strano potere che gli era capitato, ma poco a poco, prima che potesse realizzare questo proposito, smise di vomitare e il cattivo sapore sparì, e questo secondo sintomo di punto in bianco. Un giorno si alzò con la lingua normale e nessun sapore in bocca, con lo stomaco rilassato, con un silenzio assordante nella testa, e, quando tolse i tappi, si trovò immerso in un normale rumore di vita domestica: passi, interruttore, radio in sottofondo, vicini che parlavano e le loro voci attenuate che arrivavano attraverso le finestre aperte del balcone. Guardando sua moglie non percepì i suoi pensieri con la mente, ma solo con gli occhi e col cuore.

Il pomeriggio, in libreria, malgrado le paure che gli erano aumentate ad ogni passo che lo aveva portato lì da casa sua, si ritrovò di nuovo in un ambiente a sua misura. Alla prima cliente che si avvicinò a lui diede il consiglio giusto, leggendole ancora dentro ma in modo diverso ora. Era nato per essere un libraio, non un giornalaio, e ne aveva fatto una malattia, o meglio, una sindrome, ma poi ne era uscito.



(Il mio grazie a Saramago, al quale mi sono principalmente ed indegnamente ispirato.  Sono consapevole di aver abusato anche solo del suo nome, e ti consiglio di leggere i suoi libri, milioni di volte meglio di questo blog. Un mio grazie inoltre ad Alessia Franco per quello che ha scritto nell'agosto 2012 qui: http://www.dipalermo.it/2012/08/06/quando-il-piccolo-libraio-diventa-il-tuo-psicologo/ . Io cercavo una bella foto di libreria da rubare, ed ho trovato il suo post. Leggi pure quello)


http://www.dipalermo.it/2012/08/06/quando-il-piccolo-libraio-diventa-il-tuo-psicologo/  )

                                                                          Silvano C.©


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lunedì 28 ottobre 2013

Anche le piante soffrono


I vegetali  ”Sono capaci di vedere, ascoltare, scegliere e ricordare. Dormono, riconoscono i 'parenti', comunicano fra loro e ciascuna ha il suo carattere: le piante non sono solo intelligenti, ma addirittura brillanti. A dirlo è la ricerca scientifica, come affermano Stefano Mancuso e Alessandra Viola in 'Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale' (Giunti editore)”.

La neurobiologia vegetale quindi non ha dubbi in proposito, i viventi, tutti i viventi, sono sensibili, e ogni essere vivente capace di sensibilità è capace anche di provare sofferenza.
Non soffrono quindi solo il maiale allevato ed ucciso per nutrire l’uomo, o il piccolo roditore che finisce preda del falco, o il cane preso a bastonate inutilmente dal ragazzo idiota o tenuto alla catena giorno e notte dal padrone poco rispettoso dell’animale.
Del resto la natura non è vegana, ma ha prodotto una rete alimentare nella quale ogni essere vivente è vittima e carnefice, è nessun uomo può pensare di emanciparsi da questa condizione ascoltando musiche rilassanti, parlando di pace col mondo o illudendosi di poter non far soffrire qualche altro essere vivente.

Esiste un solo modo per non far soffrire più alti esseri nutrendosi dei loro tessuti: morire.
Ed esiste un solo modo umano e rispettoso per vivere: non provocare sofferenze se sono inutili. Tutto il resto lo lascio al fanatismo di chi parla di amare più un gatto del fratello, e che preferisce la violenza contro l’uomo che “sbaglia” piuttosto di quella contro un animale.

Per concludere quindi rimane sicuramente importante, come sostengono dietologi, ecologisti ed economisti, ridurre il consumo di carne, e le considerazioni precedenti servono solo come stimolo per approfondire sempre di più questo tema, ma non offrono risposte consolatorie a nessuno. Il vegano non è autorizzato a denigrare chi non lo è e neppure il cacciatore deve sentirsi a posto con la coscienza.
La consapevolezza dell’uomo è solo un percorso continuo, e, per ora, la sola cosa che mi sembra appurata è un livello del dolore legato ai livelli evolutivo e di coscienza. Un essere ipoteticamente più evoluto e sensibile dell’uomo avrebbe potenzialità di dolore enormemente maggiori, mentre un insetto, o una pianta di lattuga, molto inferiori.
A volte poi dobbiamo far soffrire anche qualche essere umano, non solo qualche animale. Credo sia importante ridurre al minimo indispensabile queste occasioni, ma senza l’illusione di poterle eliminare accusando quindi tutti gli altri di insensibilità colpevole quando questo non avviene. 


                                                                                       Silvano C.©


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domenica 27 ottobre 2013

Granturco

Molti anni fa un laureando in scienze biologiche girava per tutta la provincia di Ferrara con l’obiettivo di raccogliere erbe infestanti nelle colture, specialmente di frumento e mais, da portare poi in laboratorio, dove le avrebbe classificate in modo sicuro, magari con l’aiuto di un professore assistente dell’Istituto Botanico. 
Dopo averle ordinate come da istruzioni e averne tabulato su enormi fogli dattiloscritti ogni dato utile alla ricerca curava anche la loro conservazione in un erbario che cresceva di giorno in giorno. 
Ogni rilievo veniva segnato in modo preciso per data e località, e riportava una stima percentuale della presenza di ogni singola specie infestante.
La tesi in preparazione era sperimentale, non semplicemente una ricerca bibliografica, e prevedeva moltissime uscite “sul campo”.

Durante quel vagabondare dentro quei confini solo relativamente ristretti scoprì luoghi sino ad allora per lui poco conosciuti, come ad esempio un paesino, nella bassa, rimasto inalterato dai tempi del ventennio fascista. 
La cosa strana è che in seguito, malgrado gli sforzi fatti in alcune occasioni, non riuscì più a ritrovare quel luogo, che rimase quindi mitico nella sua  memoria tanto da fargli venire il dubbio di averlo veramente visto o che piuttosto non fosse stato frutto di allucinazioni dovute al gran caldo estivo che pesava sulla pianura in quei giorni di campionature.

Quando si spingeva verso est, cioè verso il mare, non mancava mai di fare una puntata a qualche spiaggia, dove si metteva un po’ al sole e consumava il pasto della giornata, un paio di panini e poco altro, beandosi della vista e degli odori di quei luoghi, guardando ovviamente le poche bagnanti che gli capitava di incontrare, ma riprendendo quasi subito il suo peregrinare e prevedendo sempre, sulla cartina, un itinerario di ritorno diverso da quello di andata, per ampliare l’area osservata.

L’episodio più comico che gli capitò durante questo suo lavoro fu quando, uscendo tranquillamente dal folto di un campo di granturco quasi pronto per il raccolto con un grosso sacchetto di plastica gonfio più del solito fu sorpreso da un paio di contadini con un trattore che lo bloccarono e gli chiesero in modo abbastanza brusco cosa stesse portando via dal campo, pensando ovviamente alle loro preziose pannocchie.
Lo studente aprì un po' stupito il sacchetto pieno di erbacce infestanti e, ovviamente, nessuna pannocchia. Loro restarono immobili, lo guardarono senza dir nulla e quasi non ascoltarono le sue spiegazioni sulla ricerca che stava portando avanti, o le assicurazioni che non aveva fatto danni.
Lo lasciarono andare con un'espressione che non riusciva a nascondere la commiserazione.

                                                                                Silvano C.©


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Ricercatori


I due scesero dall’utilitaria parcheggiata a poca distanza dal porto canale di Porto Garibaldi e scaricarono le due sacche identiche, blu, senza nessuna scritta. Erano vestiti quasi allo stesso modo, pantaloncini corti blu, maglietta bianca e ai piedi scarpe Superga, senza calze. Ai primi di settembre le giornate erano ancora calde ed al mare era sparita la ressa di soli 7 giorni prima, quindi si sentivano perfettamente a loro agio. Indossarono gli occhiali da sole e si diressero al molo dove attraccavano i pescherecci per scaricare le cassette di pescato.
Le dieci di mattina non erano l’ora ideale ma non avevano potuto arrivare prima e quindi cercarono per un po’ prima di trovare la barca giusta, che sembrava sul punto di staccare gli ormeggi e partire verso il largo.
Si presentarono mostrando velocemente due tesserini e qualificandosi come ricercatori del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche). Chiesero prima di tutto dove era diretta l’imbarcazione e per quanto tempo sarebbe stata in mare. Soddisfatti della risposta chiesero ed ottennero, con qualche perplessità, di essere accettati a bordo come osservatori e per permettere loro di effettuare qualche campionamento.
Per diverse ore non diedero alcun fastidio, non parlarono con i pochi uomini impegnati nel loro lavoro e rimasero seduti sulle cassette vuote accatastate a godersi il panorama, poi presero un paio di bottigliette, le riempirono in modo un po’ maldestro con l’acqua di mare, e le riposero nelle loro borse.
Fu a quel punto che il capitano, incuriosito si avvicinò ai due, mentre un altro teneva il timone e chiese:
- Scusate signori, ma voi del CNR qui sulla nostra barca cosa cercate? –
La risposta, che lo lasciò senza parole, onesta e semplicissima, fu:
- Noi? noi cerchiamo solo di divertirci -

Curiosità
Per una sorta di campanilismo di vecchissima data i sette lidi della provincia di Ferrara, che da nord a sud sono nell’ordine: Lido di Volano, Lido delle Nazioni, Lido di Pomposa, Lido degli Scacchi, Porto Garibaldi, Lido degli Estensi e Lido di Spina, nei cartelli stradali del capoluogo sono stati indicati a lungo come Lidi di Ferrara e avvicinandosi al comune di Comacchio pian piano prendevano il nome di Lidi Comacchio. Da non tanti anni la vecchia contesa è stata risolta assegnando la vittoria a Comacchio. Il capoluogo, Ferrara, non ha gradito questa scelta e non accetta di dare soddisfazione all’antico avversario, quindi in città si trovano solo indicazioni stradali generiche per i Lidi.
Vicino a Comacchio invece, ecco di nuovo i cartelli con i Lidi di Comacchio.

                                                                 Silvano C.©

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venerdì 25 ottobre 2013

Il commissario triste ed il pusher buono


La premessa con personaggi già noti
Nell’ambiente tutti lo conoscono col soprannome di “Congo”, per la sua carnagione scura, ma lui non ha nessuna origine africana, ed il suo vero nome è Profumo Di Mare.
"Congo" rende meglio la spietatezza del suo carattere e la sete di denaro e di potere inestinguibile che lo possiede. Controlla tutto il nord della città con i suoi immensi sobborghi e i quartieri dormitorio; i suoi interessi si estendono dal traffico di droga al controllo della prostituzione, dai furti di auto alle minacce ai negozianti che devono pagargli la protezione.
Sa mimetizzarsi molto bene, e, incredibile anche solo da pensare, è incensurato. Conduce una vita modesta, vive in un residence che quasi nessuno conosce e osserva orari rigidissimi, da impiegato. Come copertura per la sua attività risulta dipendente di una impresa di pulizie, regolarmente pagato a fine mese con una retribuzione da operaio, ma il suo datore di lavoro, che veramente fa pulizie in molti edifici pubblici e privati, lo lascia tranquillo in un locale sul retro del suo deposito munito di un accesso autonomo che sbuca in un vicolo poco trafficato.
Profumo è fisicamente anonimo e veste in modo che nessuno lo ricordi un minuto dopo averlo visto e averci magari parlato. Anche nel residence cerca di apparire un modesto operaio e ogni tanto, per rendere più credibile la finzione, si scusa e paga con un piccolo ritardo le spese. La sua aria tranquilla fa sì che nessuno si lamenti, e i suoi piccoli  ritardi vengono accettati senza difficoltà.
Mantiene il potere in modo spietato e piramidale, e solitamente sa scegliersi bene i collaboratori che poi eseguono i suoi ordini. Solo una decina di persone conosce la sua vera attività, e i mille e più uomini alle sue dipendenze non sanno neppure che faccia abbia. Sono i suoi luogotenenti a mantenere i contatti ed a passare le direttive, e di come lo facciano a lui interessa poco, a condizione che siano efficienti e gli portino il denaro stabilito per ogni zona o traffico. Si racconta che abbia ucciso diversi uomini, ma nessuno è in grado di provarlo o se ne può dire testimone, e tutto questo lo aiuta a mantenere il controllo. Da qualche tempo ha iniziato ad investire anche in imprese commerciali lecite, come negozi e piccoli servizi, ma sempre mantenendosi nell’ombra, affidando a società di comodo i suoi affari.
La sua ambizione sarebbe quella di acquisire il controllo della città intera, ma la cosa non è ancora matura. Il boss dal quale dipende ha contatti di ferro con il mondo politico locale, con la polizia, con l’economia. Impossibile scalzarlo dal suo posto se non avendo prima il via libera del potere vero, dal quale per ora è escluso. Lui non ha fretta, non vuol fare passi falsi, e ritiene rischioso anche solo far sospettare sue ambizioni del genere. Il profilo basso gli va benissimo, non nasconde nulla del suo giro d’affari al suo capo e svolge la sua parte in modo esemplare. Vuole rendersi quasi indispensabile, e ci riesce benissimo, mentre accumula ricchezze personali che trasferisce in almeno 5 conti bancari oltre confine, in paradisi fiscali e grosse banche di affari.
Non intende invecchiare in quel buco, ma vuole prepararsi un futuro in giro per il mondo, mostrando la sua ricchezza alla luce del sole, svestendo i panni da mezzo morto di fame che mantiene da anni per non essere disturbato.

Miguel Fuentes viene nominato commissario dopo anni di lavoro nei quartieri difficili di quella città non troppo lontana dalla frontiera. Lui non ha mai tenuto alla carriera, ma sono anni che i superiori pensano a quella promozione, frenata solo da un paio di burocrati compromessi con la malavita che lo vedono come un potenziale pericolo per i loro affari nascosti.
In realtà è anche stanco di andare in giro a cercare delinquenti, gli mancano meno di 5 anni alla pensione, e potrebbe andarci anche subito se facesse domanda citando le ferite da arma da fuoco ricevute in servizio, gli encomi, i bonus previsti nel suo caso per i numerosi casi risolti. Non ha bisogno di denaro, ha messo da parte quello che gli servirà in vecchiaia e, vedovo ormai da tempo, non ha grosse spese personali. 
Si può pure permettere senza alcun sacrificio di seguire discretamente l’educazione di Anna, la figlia di una donna alla quale si era affezionato, conosciuta mentre lei faceva la prostituta. E' stata uccisa da un balordo preso quasi subito e mandato in un carcere per il resto dei suoi giorni. Si chiamava Dolores, ma il nome che aveva sul lavoro era Fulgencia. Una donna in gamba, generosa ed umana,  pronta a sacrificarsi per la figlia, che ora lui protegge a distanza perché sente di doverlo alla madre.
Ora Miguel ha un ufficio, dove si annoia, ed è triste, perché la vita non è stata generosa con lui, e non si sente a posto, gli manca qualcosa, sente vagamente di dover finire un lavoro che però non sa neppure cos’è.
Un suo aiutante gli porta carte da firmare ed un rapporto sulla prostituzione nella zona. Firma senza leggere, mentre invece legge il rapporto. È chiaramente incompleto, non parla della prostituzione a certi livelli, come quella che si svolge nella “Casa de Amor” e in diverse altre, perché lì ci vanno personaggi importanti. Pure lui le frequenta, ogni tanto, cede al desiderio, visto che rifiuta di crearsi nuovi rapporti che possano causargli dolore, come in passato. Ma quegli ambienti sono abbastanza controllati, anche se fuorilegge, mentre a lui interessano le donne che lavorano in strada, più esposte ad ogni tipo di violenza. Si è fatto poco a poco l’idea che a gestire tutta la zona dove si trova il suo commissariato sia un’unica organizzazione malavitosa, ben controllata, perché non ci sono mai stati incidenti tra bande rivali, ma solo un traffico che si mantiene sotterraneo e a pagare sono sempre o quasi sempre solo le ultime pedine del gioco: i clienti poco puntuali, i commercianti che non si piegano a pagare o le prostitute che cercano di uscire dal giro.
Si, quello è un punto che deve indagare, cercando tra i suoi poliziotti quelli dei quali ci si possa fidare.

Arriva fuggendo, Gigliolo, e si ferma dopo più di un mese di spostamenti continui attraversando molti confini  per far perdere le proprie tracce. Si è rasato il cranio, ha tagliato i baffi, ha iniziato ad indossare occhiali da vista falsi, con lenti neutre, in pratica semplici vetri, e si veste con abiti eleganti. Ha ancora una piccola riserva di denaro, ma non gli durerà a lungo, e come arma ha salvato solo la Beretta 92, troppo poco per sentirsi al sicuro.
Per alcune sere si apposta in zone che ha individuato a intuito per vedere all’opera spacciatori e prostitute senza farsi notare, e finalmente avvicina una persona che gli sembra possa fare al suo caso. Gli spiega chiaramente che vorrebbe entrare nell’organizzazione, che ha esperienze e capacità, e che desidera incontrare qualcuno per parlarne. Aggiunge che si farà trovare in zona per tre sere di seguito, e poi sparirà dalla circolazione e andrà altrove, se nessuno sarà interessato alla sua offerta.
La terza sera, come si aspettava, dopo aver dato tempo di pedinarlo e di chiedere informazioni su di lui (che spera nessuno sia stato in grado di avere) viene avvicinato da una donna alta, magra, di età indefinibile ma probabilmente giovane, vestita in modo informale con pantaloni e giacca scura. Ai piedi un paio di scarpe basse bianche da tennis o da passeggiata che nella notte sembrano avere vita autonoma. Ha un viso delicato, linee dolci, e occhi penetranti. I capelli sono scuri, cortissimi. Rimane stupito ma nasconde le sue emozioni ed ascolta la voce bassa della donna che lo invita a seguirlo nell’auto che ha parcheggiato a poca distanza. Scambiano poche parole, le indispensabili.
Salgono in auto, lei guida sicura nel traffico per qualche isolato, si fermano davanti ad una tavola calda, lo invita a scendere e ad entrare, e poi riparte senza salutarlo. Lui è quasi convinto di aver fatto perdere le sue tracce; ha rischiato, ne è consapevole, ma lo avrebbero già preso o ucciso se lo avessero inquadrato e sapessero chi è. Se è come pensa, ora deve soltanto reggere i primi momenti, e poi non tradirsi più, sino a quando sarà stato accettato. Sa benissimo che non sarà facile, e che dovrà sostenere qualche prova, ma quello non lo spaventa. Entra.

Gli  sviluppi e l'entrata in scena di un nuovo protagonista
Profumo ha trovato un killer spietato dal passato sconosciuto. Non si fida di quello che gli raccontano di lui, ma sino ad oggi ha eseguito tutti i lavori sporchi che gli sono stati affidati senza una sbavatura e senza lasciare tracce. Per lui ha ormai ucciso almeno dieci persone, compresa una giovane, che rifiutava di prostituirsi, con la sua bambina di soli 4 mesi. Non sembra avere alcun problema di coscienza. È pericoloso ma utilissimo. Ogni assassinio è un esempio per chi pensa di sfuggire alle sue regole, e da quando Gigliolo ha iniziato a giustiziare chi si ribella, cioè ormai da otto mesi, gli affari hanno avuto un incremento. Un possibile contrattempo è sorto quando Profumo si è reso conto che il killer ha preso alloggio nel suo stesso residence, ma solo lui conosce l’identità dell’assassino, l’altro non ha idea di chi sia quel coinquilino un po’ pezzente che incontra di tanto in tanto lungo i corridoi, e non lo saluta neppure. Se sapesse che è Congo” sorgerebbero problemi seri, ma per ora meglio non fare mosse avventate.

La notizia del barbaro omicidio di quella ragazza madre con la sua bambina tiene le prime pagine dei giornali locali per alcuni giorni, la polizia è bersagliata di richieste da parte di tutti, per alcuni giorni alcune auto di pattuglia vengono prese di mira da lanci di bottiglie ed altri oggetti. Miguel riceve telefonate dai superiori e dai politici che vogliono la testa dell’omicida, e il centralino del commissariato per molti giorni è intasato da denunce di mitomani e da offese e vaghe minacce, ovviamente anonime. Lo stesso avviene con la posta ordinaria e via mail.
Il commissario però sa bene che non sarà facile trovare quel killer. Prima deve arrivare a scoprire l’organizzazione che lo protegge, e solo dopo, forse, se non sarà già fuggito all’estero, potrà fermare quell’assassino.
Non si fida ancora dei suoi uomini, perché da quando è stato promosso è stato spostato lontano dalle zone dove ha prestato servizio per tanti anni, sa che in polizia il tasso di corruzione è molto alto, e che sicuramente alcuni poliziotti sono spie che controllano le sue mosse o per conto dei politici o in busta paga della malavita.
Un’occasione insperata gli viene offerta dal trasferimento casuale di un giovane agente dalla sua vecchia zona al suo attuale commissariato. Conosce di fama quel giovane, sa che non si è piegato ad alcuni superiori corrotti anche se non ha fatto scoppiare nessuno scandalo. È onesto e diplomatico, la persona giusta. Il giorno che prende servizio Miguel lo intercetta quando è appena entrato e, imponendogli una virata di 180°, lo fa uscire subito per un primo incontro informale in cafeteria.
Qui gli espone la situazione e le sue idee, che diventano una proposta operativa molto rischiosa ma, allo stato attuale, una delle poche con una certa probabilità di successo.
Francisco Cardoso da Piras Ferreiro capisce perfettamente quello che gli propone il suo nuovo capo, e si rende chiaramente conto di quanto pericolosa sia la missione che poco a poco questi gli tratteggia, ancora da definire in molti particolari, ma assolutamente chiara nelle sue linee essenziali.
Parlano seduti a lungo, uno di fronte all’altro, e convengono che per dieci giorni Francisco sparirà dalla circolazione, ufficialmente in malattia, e che intanto si farà crescere la barba, dimenticherà la divisa e si sottoporrà a varie sedute di lampada abbronzante per assumere l’aria da chi passa le sue giornate al sole a non far nulla. Poi si incontreranno in un locale aperto tutta la notte, fingendo di trovarsi per caso a bere, e vedranno assieme le prime mosse da fare.

Gigliolo ora è temuto e rispettato dall’organizzazione, guadagna quanto vuole, si concede un appartamento di lusso in un residence non troppo in vista, poiché la prudenza non è mai sbagliata, ha libero accesso nei locali che gli interessano, e può avere quasi tutte le donne dell’ambiente che frequenta, pagandole o anche gratis. Non è tenuto segretamente sotto controllo solo da Profumo, come è perfettamente naturale, ma anche dal suo boss, perché le sue imprese non sono passate inosservate.
Il capo, che nessuno ha mai visto e che pare sia un industriale molto in vista, vive nella paranoia di essere tradito dagli uomini della sua organizzazione. Un killer come Gigliolo può essere utile nella sua ottica, e anche sacrificabile, in casi di emergenza. La sua rete di informatori gli suggerisce di diffidare un po’ di Profumo, anche se fino ad ora non gli ha dato motivo di lamentarsi. Ha preso quindi contatto discretamente col killer, e gli ha comunicato chi è il vero capo dell’organizzazione, ovviamente senza dargli informazioni utili a smascherarlo. Ha iniziato a metterlo anche sul suo libro paga, scavalcando “Congo”, giustificando la decisione con l’ovvia considerazione che le sue prestazioni sono utili anche in altre zone della città. Resta così inteso che potrà disporre di Gigliolo ogni volta che ne avrà necessità.

Le cose sono in evoluzione, ancora nessuno fa mosse troppo scoperte per eliminare altri o tentare spostamenti importanti di potere, ma Profumo sente che i tempi sono maturi per iniziare a muoversi, prima che lo facciano altri. Lui è al massimo delle sue possibilità e indiscusso amministratore del suo pur circoscritto potere, e ha compiuto da poco 38 anni. Il boss invece dovrebbe essere vicino alla settantina, anche se non ha informazioni sicure in tal senso. Sa che non deve rischiare troppo, ma inizia una prima manovra, e tenta un avvicinamento con un collaboratore del sindaco che sa essere legato all’organizzazione. Non si sono mai visti prima, ma un pomeriggio chiede udienza e si presenta direttamente nel suo ufficio con la scusa della richiesta di varie autorizzazioni per l’impresa di pulizie dove figura essere impiegato. Fa capire senza dirlo esplicitamente che è disposto a pagare per accelerare le pratiche o avere facilitazioni particolari. È chiaramente una scusa, ma l’amministratore non mostra segni di capire le sue allusioni, infatti lo congeda cordialmente promettendo di fare tutto il possibile per il suo caso, in modo formale come farebbe con tutti e senza dargli nessun motivo per fargli pensare di essere disposto a farsi corrompere.

Francisco, trascorsi i dieci giorni, rivede Miguel, prima dentro un locale, e poi in giro per la città, entrambi camuffati con abiti per loro insoliti, occhiali e parrucche finte. Sembrano due perditempo che si raccontano storie, ma mettono a punto una strategia. Il giovane poliziotto, sotto copertura, cercherà di entrare nell’organizzazione facendosi conoscere come consumatore di coca che intende spacciare per potersi pagare il consumo. Dirà che è in città da poco, e non ha un lavoro stabile. Dovrà procurarsi un locale infimo da affittare per poco e anche un posto come lavapiatti o cose simili. Appena la barba sarà cresciuta ancora un po’ inizierà a frequentare i posti dello spaccio, per ora inizierà a pensare al luogo per dormire e ad un posto per lavorare.

La mossa di “Congo” non passa inosservata. La sera stessa il boss viene informato di quel maldestro approccio, e da quel momento l’irrequieto ed oscuro “uomo comune”, apparentemente tanto fedele ed efficiente, viene messo sotto sorveglianza speciale e l’incarico di riferire ogni possibile novità su quel fronte è affidato a Gigliolo. All’apparenza tuttavia per molti mesi nulla è destinato a mutare, perché il destino, o come lo si desidera chiamare, procede con i suoi tempi, ed un movimento inizialmente lento procede seguendo una sua forza di gravità inarrestabile, incontrollabile. L’acqua che penetra nel suolo attraversa strati diversi, si insinua tra gli spazi lasciati vuoti, impregna la terra sino a giungere ad una barriera impermeabile. E sopra di questa si accumula, crea un deposito, inizia a cercare nuove vie, a volte rispunta in superficie, lontanissima talvolta, portando disciolti in soluzione i minerali incontrati nel suo lungo viaggio.
Qui occorre fare una breve parentesi per parlare di un protagonista ancora poco conosciuto della storia:  Francisco Cardoso da Piras Ferreiro.

Parentesi
Era nato venticinque anni prima da una famiglia di origini portoghesi di antica nobiltà ma caduta in disgrazia ai tempi della dittatura di Salazar ed emigrata all’estero per sfuggire alle persecuzioni del regime. I genitori avevano avuto nella loro nuova patria di adozione due figli: Pilar, la primogenita, e lo stesso Francisco, di tre anni più giovane. Il padre, malgrado i figli che portavano una ventata di speranza nella vita della famiglia, non si era mai risollevato dal trauma dell’esilio. Aveva continuato per breve tempo ad esercitare la professione di avvocato, ma poi aveva iniziato a bere, sempre di più, sino ad una memorabile ubriacatura che aveva fatto scoppiare uno scandalo e lo aveva costretto a ritirarsi. La moglie dava lezioni private di portoghese, francese e spagnolo, ma questo non bastava a salvare la situazione economica, che precipitava sempre di più. Il padre si era lasciato cadere dal balcone di casa, al quinto piano, quando lui aveva solo 6 anni. La madre subito dopo aveva iniziato a fare uso di fortissimi psicofarmaci, e, qualche anno dopo, Pilar, prima di compiere sedici anni, già tossicodipendente da almeno un triennio, era morta per una overdose. Roba tagliata male, perché lei non poteva permettersi di cercare spacciatori più affidabili.
Quando era ancora un ragazzino Francisco si ritrovò sbattuto in un istituto per orfani, anche se tale in effetti ancora non era, mentre la madre veniva ricoverata in una clinica che nella realtà era solo un ospedale psichiatrico di infimo ordine e dal quale non sarebbe più uscita. Lui non ebbe più modo di vederla né di sapere esattamente dove si trovasse e in quali condizioni di salute versasse.
I quattro anni seguenti, per il ragazzo, furono tragici e formativi allo stesso tempo. Dove altri si sarebbero lasciati andare alla deriva lui trovò la forza e le motivazioni per andare avanti, e riscattarsi, cercando di portare il suo contributo all'idea di giustizia che coltivava da sempre.
Un insegnante in pensione che veniva a dare una mano a chi tra i ragazzi voleva studiare lo notò ed iniziò a seguirlo. Gli fece consolidare le basi di cultura generale, e lo iniziò agli studi di legge e diritto. Quando finalmente uscì dall’istituto, grazie all’insegnante, trovò un posto di lavoro presso una stazione di servizio e, in contemporanea, iniziò a prepararsi in ogni momento libero per il concorso in polizia.
A 20 anni era un giovane agente in giro per le strade, spesso con turni massacranti di notte e nei quartieri più pericolosi. Vedeva che molti colleghi, giovani e anziani, accettavano bustarelle e favori in giro, alcuni proteggevno anche gli spacciatori, ma lui non voleva piegarsi a tutto questo, ricordando come era morta Pilar, che ancora ricordava ridere, nei suoi sogni. Rifiutava ma stava al gioco. All’inizio i colleghi diffidavano di lui, ma poi si erano resi conto che a lui non importava quello che loro facevano se lo lasciavano in pace. In uno scontro a fuoco durante una rapina salvò la vita ad un anziano della sua squadra, uno che le bustarelle le prendeva, e che aveva pure una famiglia numerosa. Da quel momento nessuno si azzardò più a infastidirlo o a sospettare di lui, nè che avrebbe potuto tradire i colleghi che si vendevano. Un gruppo di anziani iniziò a prenderne le difese, quando capitavano discussioni, e tutto proseguì tranquillo sino al giorno in cui Francisco pestò i piedi al figlio di un capitano. Questo giovinastro stava picchiando con una mazza da baseball una prostituta mentre lui stava passando, da solo, per fare due passi nel quartiere, fuori servizio ed in borghese. L’avrebbe uccisa se lui non fosse intervenuto. Prima si avvicinò e urlò al ragazzo di smettere, quando questo gli si rivolse contro spiegò che era un poliziotto, gli ripeté che gli conveniva abbassare la mazza e che tutto si sarebbe risolto se l’avesse piantata.
Per nulla intimorito l’altro gli disse di farsi i fatti propri, che la polizia a lui non faceva nulla e che era protetto. Così dicendo gli si avventò contro e tentò di colpirlo. In meno di un minuto il bullo era steso dolorante a terra, e dopo meno di un quarto d’ora una pattuglia arrivava, arrestava il picchiatore e faceva ricoverare la ragazza in ospedale. Se la sarebbe cavata in un mese, aveva solo un paio di costole rotte e tanti lividi, ma nulla di grave.
In pochi giorni Francisco ricevette un encomio ufficiale, diverse minacce ufficiose ed un trasferimento-premio nel quartiere più difficile della città.

L'azione prosegue
L’acqua che si sprofonda nelle viscere della terra riemerge, prima o poi, e così un pusher inizia a spacciare in zone periferiche, per non infastidire il commercio di quelli arrivati prima, ma autorizzato da chi può farlo e quindi non infastidito a sua volta. Fa affari solo con persone ormai perse, che nessuno potrebbe più salvare, oppure con i pochi dei quartieri alti che momentaneamente non trovano il loro fornitore sicuro e discreto e vengono sin lì per non farsi riconoscere nel loro ambiente. Evita di passare roba a ragazzini o a persone che vogliono solo fare un viaggio, per provare. Sa far parlare e non dire mai nulla di sé, gira come un barbone ma è gentile, specialmente con le prostitute, che condividono la strada con lui e sono, come lui, l’ultimo gradino dell’organizzazione. Da loro, di tanto in tanto, ricava minuscoli tasselli di una verità ancora troppo confusa. 
Messi vicini sono ancora troppo pochi, lontani uno dall’altro, e anche fissandoli ad una certa distanza socchiudendo gli occhi non se ne ottiene nessuna immagine sensata.
Per un tempo interminabile ha contatti solo con queste donne, con chi lo rifornisce direttamente ed al quale passa i soldi, e con i clienti, alcuni ormai abituali. Non riesce a risalire ai livelli un po’ più alti della struttura. Una sera però ha un colpo di fortuna, assiste all’omicidio di un suo cliente che da tempo non pagava. Un povero ragazzo destinato comunque ad una fine squallida entro pochi mesi ma non per questo meno degno di un minimo di pietà umana. Il pusher riesce a prendere il numero di targa dell’auto del Killer, perché si trova a poca distanza, anche se fuori dalla vista, e il volto di quell’uomo che non ha mai visto in giro prima si stampa indelebile nella sua mente.

... e poco a poco si avvia a conclusione
Miguel, nel suo ufficio, ha davanti il fascicolo personale di Francisco che gli è arrivato solo oggi dopo oltre un anno dal suo trasferimento in quel commissariato. È sempre stupito dell’inefficienza della polizia, e si chiede come possa funzionare quella struttura in parte corrotta ed in parte soffocata dalla burocrazia. Ma funziona, in qualche modo, anche se molti si pagano la loro polizia privata, con la conseguenza di non rare invasioni di campo.
Ma lasciando questi pensieri che aumentano la sua tristezza di fondo legge solo quelle poche pagine che portano tutte il timbro “Riservato”.
Alla fine della lettura chiude la cartelletta, chiude gli occhi, appoggia i gomiti sulla scrivania, appoggia la testa tra le mani e riflette. Ora capisce la forza di quel ragazzo, che prima aveva solo intuito. Aveva quindi giocato d’azzardo quando gli aveva dato fiducia proponendogli quella missione rischiosissima, ma il suo fiuto non lo aveva tradito.
Ora ha la conferma ufficiale che è la persona giusta, che si muove in modo intelligente e determinato, che può sacrificare alcuni principi per puntare a qualcosa che genericamente lui chiama “giustizia”, ma che non saprebbe definire, se non arrivando a motivazioni profonde, irrazionali, in sostanza inspiegabili. L’informativa finale che riguarda la sua azione in difesa di quella prostituta, che altrimenti sarebbe stata un’altra donna uccisa tra le tante, lo turba, gli fa riaffiorare ricordi dolorosi, e gli fa prendere la decisione di prolungare ancora per poco la missione sotto copertura del ragazzo, che potrebbe essere suo figlio, e del quale ora improvvisamente e pesantemente si sente responsabile, esattamente come avviene con Anna.
L’ultima informazione che lui gli ha mandato, quella targa, e quella descrizione molto meticolosa, gli ha fornito il nome di uno straniero che vive da tempo in città, un personaggio ambiguo che potrebbe essere una chiave per entrare nella stanza, o nelle stanze, dei segreti. Dopo un anno sotto copertura è il primo passo avanti concreto. Miguel mette la cartelletta nella sua borsa, non intende lasciarla in ufficio tra le altre, ed esce per farsi due passi, diretto al laboratorio di un altro suo collaboratore segreto.

Pedro Alimendaz riceve la spiata di un nuovo tentativo di corruzione operato da “Congo” nei confronti di un responsabile della ditta di import-export che è la sua principale fornitrice di coca ed armi. Stavolta non ci sono dubbi, il suo uomo ha idee che non gli piacciono, ed ordina di telefonare a Gigliolo perché sistemi in via definitiva la faccenda. Un nuovo capozona per la parte nord della città è pronto a prendere il posto di Profumo, già dal giorno dopo. L’operazione di pulizia è da realizzarsi stanotte, nello stesso residence dove vittima e carnefice alloggiano. Poi anche Gigliolo dovrà sparire perché inizia ad essere troppo rischioso farlo agire ancora senza attirare sospetti e curiosità.
Un tir pronto con un carico per l’imbarco porterà via entrambi dalla città per sempre, in modo pulito e senza tracce.

Il pusher viene informato che il suo lavoro sotto copertura finirà anticipatamente, che le notizie raccolte sono sufficienti, che ora può fare domande in modo più esplicito a chi contatta nel giro, se vuole, ma sempre senza mettersi troppo in mostra né in pericolo inutilmente. Tutto deve finire tra 7 giorni, trascorsi i quali sparirà per godersi un periodo di ferie maturate nel frattempo in una località di villeggiatura, al mare, che ancora non gli viene comunicata per precauzione.
Il commissario, al tecnico che già a suo tempo gli ha bonificato da cimici ed altri sistemi elettronici di controllo l’ufficio e messo in sicurezza il computer di lavoro al suo arrivo nell'attuale sede, ha alcuni incarichi da commissionare. Prima di tutto vuole verificare come procede il prelievo mimetizzato di fondi da alcuni conti segreti di trafficanti che operano ancora nella sua vecchia zona di competenza. L’idea è stata del tecnico, che sa come introdursi in una rete protetta, a condizione di avere alcune informazioni su chi la controlla. In tal modo, dividendo esattamente a metà i guadagni, hanno messo da parte entrambi una discreta somma, che però per prudenza nessuno dei due ancora ha usato.
Poi vuole affidargli il compito di raggiungere in qualche modo quel Gigliolo, sapere quali sono i suoi contatti, scoprire quante più cose possibili su di lui, anche se non sa ancora cosa. 
L’ultimo incarico che ha in mente è quello di indagare su un certo capitano e sul suo violento figlio, tutt’ora incensurato e sconosciuto al casellario della polizia.

Ed ecco la conclusione  (provvisoria?) in poche righe
Un giorno i giornali cittadini escono con la notizia che un noto capitano della polizia è stato arrestato dai colleghi perché coinvolto in un traffico di ragazze destinate alla prostituzione, e con lui, con le stesse imputazioni, vengono arrestati il figlio e vari insospettabili.

Gigliolo prima uccide il suo capo diretto, Profumo, poi ne nasconde il corpo in un baule ed infine si allontana per sempre dal residence dopo aver regolarmente saldato i conti, adducendo come motivazione un trasferimento ad altra sede delle sue attività. Quello che non sa ancora mentre sbriga le formalità nell’ufficio del gestore, il signor Cuisiner, è che la sua vera destinazione è il fondale dell’oceano Pacifico, che raggiungerà assieme al corpo di Profumo.

Il consigliere finanziario di Pedro Alimendaz informa terrorizzato il suo capo che alcuni conti sono letteralmente stati svuotati con bonifici apparentemente autorizzati dallo stesso Alimendaz ed i beneficiari sono alcuni perfetti sconosciuti. Inoltre un ufficiale del servizio tributario ha richiesto la sua presenza presso il Dipartimento.

Francisco Cardoso da Piras Ferreiro fa la sua comparsa sotto falso nome in una nota località balneare d'oltreoceano in piena stagione turistica. Ora si fa chiamare Alfonso Driga, alloggia in un albergo di buon livello e suscita l’interesse della popolazione femminile del luogo. In una banca locale possiede un conto di tutto rispetto recentemente aperto a suo nome.

Una serie di retate nei quartieri a nord della città mette in crisi per qualche mese il traffico di stupefacenti e fa uscire dal gioco per molti anni alcuni protettori noti nell’ambiente per la loro brutalità nel trattare le donne.

Miguel Fuentes scrive un rapporto nel quale dichiara che un suo poliziotto, trasferito poco più di un anno prima nel commissariato che dirige, ha rassegnato le dimissioni dal servizio. Poi compila con calma la domanda di pre-pensionamento che sino a quel momento neppure voleva prendere in considerazione. Non è ancora certo di volerla consegnare, ed infatti lascia in bianco data e firma, ma intanto la completa in ogni sua parte, e la mette nel cassetto con un’aria un po’ meno triste del solito.
                                                                            Silvano C.©


( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

martedì 22 ottobre 2013

Valori non negoziabili


Ma quali sono i valori non negoziabili universali, condivisi dai popoli di ogni cultura e credo religioso?
Quando sento un esponente cattolico citarli il suo discorso è chiaro, perché fa riferimento alla sua particolare fede che erroneamente vorrebbe unica e vera.
Io invece mi riallaccerei alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948.
Quella Dichiarazione per me contiene i veri valori non negoziabili e condivisibili, e il documento può essere inteso come carta costituzionale valida per ogni paese
Le interpretazioni di comodo o gli allargamenti di concetti non esplicitamente previsti non mi piacciono.
Servirebbe anche un vocabolario condiviso, a questo punto, perché le furbizie di parte non spostino in direzione confessionale questa serie di 30 articoli nata per essere laica.

                                                                                                           Silvano C.©




( La riproduzione è riservata. Ma non c'è nessun problema se si cita la fonte.  Grazie)

Allegato:
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948
Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L'Assemblea Generale
proclama
la presente Dichiarazione Universale dei Diritti Dell'Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; La schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibiltà di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonchè della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

Articolo 11

1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.

Articolo 14

1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, nè del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 21

1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonchè alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 25

1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria.
L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 29

1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

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